24/06/09

Un numero scritto su un foglio

Quando un esame va male, è sempre la solita solfa: se solo non m'interrogava l'assistente, se non mi chiedeva proprio quella cosa, se invece di dire quello dicevo quell'altro...

Se, se, tanti se. Ma non è certo la prima bocciatura (a ingegneria gli esami li davo tutti almeno 2 volte) e non sarà tanto meno neppure l'ultima. Il concetto è questo: tocca mettersi in testa che sono sei anni così, di alti e bassi. Di volte che ti dice bene e sei contento e di quando invece ti va male, e poi ti girano le palle per tutto il giorno e la notte nemmeno ci dormi, e stai lì a scriverci sopra, che magari ti passa.

Sei anni del cazzo che come per me lo sono per tutti e in fondo, alla fine, di che mi lamento: me la sono andata a cercare.

Insomma è andata male. E non è tanto il fatto in sé, quanto la scocciatura di dovermene stare sui libri anche a luglio, quando davvero ci speravo di farmi un bel giro o - magari - di scrivere quel libro famoso di cui parlo sempre.

E invece mi tocca riprovarci, e provarci è sempre la parola più adatta perché io di grandi voti non ne ho mai presi e alla fine, chissà come, sto sempre in mezzo al gruppo di quelli che forse gli va bene, ma forse no. E anzi: più che forse, mi sa che faccio meglio a scrivere in genere.

La cosa che mi lascia perplesso, è che a Ingegneria ti bocciavano anche se ripetevi tutto paro paro a come stava sul libro, se però a detta del professore non avevi capito. A Medicina invece capire è secondario, e ti bocciano se le cose non te le ricordi abbastanza a memoria.

Tra due concezioni tanto opposte, quello che davvero ho imparato da me è che un giorno speso sui libri se ne va per davvero, mentre un voto è soltanto un numero che qualcuno ti ha scritto su un foglio.

Quando hai preso abbastanza numeri ti danno un foglio più grande: lo incornici, lo appendi, e finisce che te lo scordi su un muro. Passano gli anni, finché un giorno lo guardi per sbaglio e ti ricordi delle lezioni, degli esami, e di tutte le notti d'estate passate a studiare.

E magari ti chiedi se, in fondo, ne è valsa davvero la pena.

Simone

7 commenti:

Unknown ha detto...

Non sai quanto ti capisco.
Non c'è niente di più frustrante che studiare per capire e rendersi conto che invece "dovresti" studiare per imparare a memoria.
Io ormai sono alla fine, ci ho messo 10 anni per una cavolo di laurea in veterinaria e ormai mi sono avviata verso tutt'altro ambito lavorativo.
L'ultima speranza è di poter conciliare le diverse competenze, ma non so quanto sarà possibile.
Ho 5 libri accatastati nella sedia di fianco e sto qua al pc a lavorare con soddisfazione e profitto.

Ne valeva la pena?
Sì, in fondo ne valeva comunque la pena. ;-)

Unknown ha detto...

Ricordo i terrificanti esami di ingegneria... lavorando ci ho messo un bel po' a laurearmi e pochissime delle cose imparate mi sono davvero servite, nel lavoro.
Per fortuna negli orali me la cavavo sempre, in modo o nell'altro... erano gli scritti dove non potevo rigirarla che mi trucidavano.
Fisica 2 poi non ne parliamo...

paroleperaria ha detto...

Non ho mai sopportato i professori, per fortuna pochi, che pretendevano cose a memoria, perché è impensabile, soprattutto in una facoltà scientifica, come medicina.
Non ho mai imparato una riga a memoria, tranne i teoremi di matematica e tutto il libro di statistica di cui non capivo un'acca! (Sono laureata in biologia).
Comunque, se ti piace (e non lo faresti se non ti piacesse), ti dirò che penso ne valga la pena!
In fondo, è valsa la pena anche per me, che, dopo tutti i numeri, il foglio grande da incorniciare non l'ho mai nemmeno ritirato! (sono passati dodici anni dalla mia UNICA laurea). E, ovviamente, lavoro in tutt'ALTRO campo.

EDU ha detto...

Caro Simone
Hai tutta la mia solidarietà
visto che, a conti fatti, e guardando i miei programmi d'esame dovrò studiare a Luglio, Agosto e anche in parte settembre.
Sto a Giurisprudenza e so cosa significa imparare le cose a menoria per poi dimenticarle "in un batti baleno" appena passato l'esame ( o davanti la commissione).
In poche parole di tutte le cose che apprendi rimane poco e nulla.
Una specie di nebbia matrixiana.
E intanto passi le pene dell'inferno, mangi poco o tanto ( dipende dal tuo "personale" nervosismo), vedi complotti, cospirazioni e raccomandazioni anche quando non ci sono, dormi poco, fai brutti sogni (io sogno l'università di notte da quando ero diciottenne) e pensi sempre al peggio.
Insomma se qualcuno vuole parlare di "crisi", quella universitari è perpetua!!!

Simone ha detto...

Samirah: sì, dai, diciamo di sì.

Shaman: io invece a ingegneria avevo problemi all'orale (sempre per la storia delle cose da imparare) ma agli scritti andavo meglio... a parte le varie Fisiche/Meccanica razionale che ho dato 4mila volte.

Fra: bo', di scientifico a Medicina sinceramente per ora ci ho visto poco. Ti fanno imparare le cose a memoria, poi quando chiedi quanto fa una cosa o che vuol dire una formula non te lo sa dire nessuno. Mi sembra più una facolta tipo giurisprudenza (non nel senso che gli avvocati non sanno dirti le cose, ma nel senso che sono tutti libroni da imparare e basta! ^^)

Eddy: infatti è così. Studi cose che poi scordi subito, quando magari poi se una cosa davvero può servirti fai prima ad andartela a cercare. Comunque se non fosse così dovrebbero regalare 10 lauree a tutti, che ci puoi fare? Poi almeno le materie di Medicina mi piacciono, a Giurisprudenza sarei morto lì dentro ^^.

Simone

CyberLuke ha detto...

Non rimpiango troppo gli anni dell'università... anche perché l'ho mollata quasi subito!
Architettura, poi, pareva che solo io la prendessi sul serio.
Ti ammiro per la costanza che poni in quello che fai... non mollare. ;)

L ha detto...

Cavolo Simone, tirati su, dai, che ce la fai.
Ci vuola pazienza, la cosa più fastidiosa è che la tiritera del se (se mi avesse chiesto le stesse cose di quello prima, se mi avesse interrogato quello a fianco) è spesso vera.
Non studenti universitari italiani facciamo tutti un po' pena.