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29/10/16

Riflessioni dopo il primo anno di specializzazione.

Il secondo anno inizia così...
Qualche giorno fa, ho sostenuto l'esame del primo anno di specializzazione.

Diciamo che si è trattato più di una formalità che altro (non credo di aver mai sentito di uno specializzando bocciato e cacciato via da una qualunque scuola!) ma un minimo di tensione comunque c'era, e meno male che è andata liscia.

In questi giorni ho iniziato pure il corso SIUMB, che sarebbe un acronimo per società italiana di ultrasonologia in medicina e biologia. Un corso di ecografia, insomma.

Sono appena stato ad Ascoli per seguire il convegno teorico, e sto frequentando un ambulatorio per la parte pratica. Dovrei finire a Gennaio, sempre sperando che il test a crocette per la parte teorica sia andato bene. Vedremo.

Se ricordate dai vecchi post sul vecchio blog, di quando invece insomma ero giovane, io la specializzazione ero partito con l'idea di non volerla proprio fare per niente. Poi complice il fatto che tutti mi consigliavano di tentarci, nonché il peso non indifferenta della miracolosa vittoria al concorso, ho deciso di provare e vedere - almeno per i primi tempi - come sarebbe andata andata, per decidere poi se restare o andarmene.

I primi mesi sono andati bene, e allora ho spostato l'asticella fino a un anno. Ho detto "gli do un anno di tempo. Vediamo come va, e poi decidiamo".

E ora anche questo primo anno si è concluso. E insomma: è forse il momento di tirare un po' di somme? Direi proprio di sì.

A questo punto, nella prima stesura del post, ero partito descrivendo ogni singolo aspetto della specializzazione come ore, modalità di lavoro, il confronto della vita odierna da "dipendente" con quella passata da libero professionista e così via... ma era una roba di una noia mortale. Per cui tagliamo tutto, e passiamo subito alle conclusioni:

Il primo anno è andato - complessivamente - bene. Poteva andare meglio, ma comunque poteva andare davvero estremamente molto peggio.

Ci sono stati un sacco di casini di cui non parlerò, oltra a cose che - forse anche a causa della vecchiaia incipiente - trovo davvero difficile mandare giù, ma rispetto alle mie aspettative direi che il tutto è andato complessivamente molto ma molto meglio del previsto... per cui, ok: promosso. Andiamo avanti, e iniziamo il secondo anno.

Qualche riflessione sulla vita del medico specializzando, ma che vale - credo - anche per qualsiasi medico semplicemente tale. Forse sarebbe stato meglio rimandare questo discorso agli aggiornamenti futuri, che non è che abbia proprio abbondato con notizie e racconti ultimamente, ma questo non è un serial TV e non è che vi devo lasciare col cliffhanger, che se no non tornate (sempre che qualcuno ancora sia rimasto dopo una pausa tanto lunga).

Insomma, fare il medico di pronto soccorso in un ospedale grande (io sono stato sempre in questi, per cui non so tanto dirvi riguardo a quelli più piccoli) è un continuo scontro con criticità da dover risolvere. E se alcune di queste criticità sono quelle che uno semplicemente si aspetta e sulle quali è normale intervenire (tipo - banalmente - avere a che fare con qualcuno che si sente male), altre lo sono un po' meno.

Può capitare il super-accesso di persone in PS con un affollamento molto più elevato del normale, quando il personale sanitario però rimane sempre lo stesso. Può capitare che, mentre lavori, ogni minuto arriva qualcuno o qualcosa a interromperti... e comunque se non sei in ogni caso perfetto e velocissimo se la prenderanno tutti lo stesso con te.

Può capitarti di avere a che fare con persone che ti mettono in difficoltà, maleducate, invadenti o aggressive: come quei parenti che non vogliono assolutamente lasciarti lavorare in pace e stanno lì tutto il tempo a interromperti e a criticare quello che fai, o colleghi che invece di alleggerirti il lavoro te lo rendono 100 volte più pesante.

Ti ritrovi ogni tanto a guardare gli specialisti di altre scuole, "proiettati" verso una professione che porterà un lavoro più semplice e forse più remunerativo, e a chiederti perché hai fatto questa scelta del cavolo invece di cercare una strada più facile.

La medicina d'urgenza in Italia, come il lavoro di pronto soccorso, sono stati spesso relegati a "rito di iniziazione" per i nuovi medici in attesa di contratti migliori. Oppure il turno in PS era quello che "ti toccava" a giro, una volta per uno, e quando toccava a te dovevi solo fartela passare ed evitare di rompere le palle ai colleghi.

Il medico di Pronto Soccorso era quello su cui scaricare tutte le rotture di palle dell'ospedale. E in quanto ultimo arrivato, ultima ruota del carro e - semplicemente - speranzoso di poter ambire anche a posizioni più elevate, era pure il caso che si stesse buono senza stare lì a lamentarsi e a borbottare.

Ora il medico d'urgenza è uno che ha scelto quello, vuole fare quello e studia per saper fare quello. Ma è una mentalità che è difficile far entrare nei nostri ospedali.

Il rischio è che anche con la specializzazione e il contratto (insperato) da medico urgentista, si rimanga relegati in un cantuccio, a fare quello che si faceva quando la medicina d'urgenza nemmeno esisteva e il pronto soccorso era il posto da cui quasi tutti volevano scappare.

Insomma - in sintesi - fare il medico d'urgenza è difficile. E non solo per il lavoro in sé, ma anche per la situazione in cui ci si trova a iniziare questa professione e al modo in cui ci si deve rapportare con le altre specialità che ancora non ci conoscono.

Ma fare il medico di pronto soccorso ha anche un aspetto positivo. Una cosa che lo fa brillare, almeno ai miei occhi, e che poche altre specializzazioni hanno: qualcuno viene da te perché sta male. Tu lo visiti, chiedi esami, valuti i risultati, capisci qual è il suo problema e lo indirizzi alle cure più adeguate.

Il medico di pronto soccorso è il primo ad avere un contatto con il paziente, a fare diagnosi e a impostare una terapia. Che a voi sembrerà strano, e di sicuro sembrava strano a me quando muovevi i primi passi nei vari reparti e ambulatori, ma quasi nessun medico fa più questo.

Gli ospedali sono impostati in maniera tale che, quando un paziente si ricovera in un reparto o entra in sala operatoria, sulla cartella c'è quasi sempre già scritto tutto, visto tutto e deciso tutto. Senza togliere niente ai colleghi, che fanno ben altre cose e di ben altro livello, l'aspeto di valutare e decidere sul percorso da prendere per un malato spetta in primo luogo al medico di pronto soccorso e forse - ma in maniera diversa - al medico di base.

Il medico d'urgenza fa - nel più completo significato del termine - il dottore. E per questo mi piace questa specializzazione, mi piace questo lavoro e credo che andrò avanti nonostante tutti gli infiniti problemi, motivi di stress e casini vari che ci spingono quotidianamente sempre di più verso la via del burnout.

Perché non credo semplicemente che potrei fare nient'altro.

Simone

15/02/16

La questione della notte.

Mi sarei accontentato di un dolcetto...
Tutto sommato nei miei primi turni di notte mi ha detto piuttosto bene: non ci sono state le situazioni sfigatissime che sono toccate ad altri colleghi (e che perciò prima o poi toccheranno anche a me) con 50 pazienti da rivedere, 8 ricoveri da fare in reparto né altre tragedie similari.

Non ho fatto casini degni di ricevere particolari cazziatoni (o, per lo meno, non sono ancora arrivati). Non ho avuto turni con superiori che mi odiavano e nessuno degli utenti del pronto soccorso ha nemmeno provato a picchiarmi.

C'è stato invece qualche paziente messo malino da dover seguire un po' più attivamente nel corso di 12 lunghe, interminabili ore. Ma questa è normale amministrazione.

In ogni caso, dopo 6 ore di lavoro in pronto soccorso secondo me qualsiasi medico è già stanco, e il rendimento inizia a scemare. E va bene fare di più, ma 12 ore filate sono proprio una "botta" e non ci credo nemmeno se lo vedo che alle 7 e 30 di mattina qualcuno lavora bene come avrebbe lavorato il giorno prima.

Personalmente, ho notato che fino a 8 ore (cioè le 4 del mattino) reggo alla grande. Davvero tutto sommato andare a letto alle 4 è una cosa che da "giovane" facevo regolarmente, e non mi pesa più di tanto. Io sono anzi uno che - tante volte - prima delle 2, 3 e (appunto) 4 di mattina si rigira nel letto senza prendere sonno, per cui una scusa "istituzionale" per restare alzato mi può anche andare bene.

Il brutto arriva alle 6: lì i bioritmi iniziano a saltare. L'organismo si rende conto che la notte è "persa" e che ormai è mattina, mentre il PS inizia nuovamente a riempirsi di gente. Parenti che vogliono informazini, infermieri che si danno il cambio, consulenti e gente non meglio definita che gira, chiede cose, fa domande.

E insomma lì è il momento brutto che pretendono tutti uno che faccia le cose come se fosse fresco e riposato, invece nel cervello hai il classico criceto sulla ruota che gira e non vedi semplicemente l'ora che arrivi il cambio.

La cosa peggiore di tutte, però, cioè sul serio la cosa peggiore del peggio del peggio, è che se durante il turno di notte ti viene fame (o meglio: QUANDO ti viene fame) non hai altro che le macchinette con qualche schifezza confezionata.

Io capisco tutto, e adesso di sicuro mi direte qualcosa tipo: "eh ma tu devi salvare la vita alla ggente©! Che cazzo pensi a mangiare?!"

E sì. Tutto vero, e tutto giusto.

Però, cioè: facciamo una professione e un mondo basata sull'essere attivo 24 ore su 24, ma nessuno pensa che dopo 6 ore di lavoro un essere umano ha bisogno di fermarsi mezz'ora per mangiare qualcosa. Nessuno pensa che a mangiare patatine confezionate alle 3 di mattina rischi che ti venga un infarto a 30 anni (che per lo meno ho scampato) o che volersi sdraiare un'oretta - cosa che finora è stata semplicemente impossibile - sia una necessità fisiologica.

Se il pronto soccorso lavora 24 ore su 24, allora le 4 di mattina devono essere come le 4 di pomeriggio. No che muori di fame, non hai avuto manco una pausa, il personale è ridotto, fai il doppio del lavoro e chi più ne ha più ne metta.

E questa purtroppo non è una realtà di Roma, e non è nemmeno la situazione italiana, perché - da quanto mi dicono altri colleghi che sono espatriati - è una cosa che viene accettata tranquillamente anche in tutto il resto del mondo.

Ecco. E non sono quelle 2 ore finali particolarmente stressanti il problema, e il problema non è nemmeno il dovermi portare un panino da casa. È solo questo fatto che proprio le persone dedicate alla salute e al benessere degli altri non siano state in grado di garantire condizioni di salute e benessere anche per loro stessi che mi lascia perplesso. Tutto qua.

Ma poi, dall'Inghilterra, mi hanno detto: "il sistema sanitario nazionale ha tagliato i fondi, e su qualcosa bisogna risparmiare". Per cui non è una questione di lavoro, etica professionale, orari, turni o solo io che ho fame agli orari sbagliati. È una questione di soldi. E a questo punto mi pare che ci sia ben poco da aggiungere, da commentare o da fare polemica. C'est la vie, come dicono a Barcellona.

Per il resto concludo dicendo che io mi sono - sinceramente - divertito. E lo so che non suona bene come espressione parlando di un pronto soccorso, e ovviamente con divertimento intendo un sano e giusto interesse e piacere nel fare il mio lavoro nel migliore dei modi... o almeno provandoci.

Cioè, davvero: il turno più brutto, pesante, e che non vuole fare nessuno alla fine mi è piaciuto. A parte quando ti svegli il giorno dopo alle 2 di pomeriggio col mal di testa, il sonno, la fame che non capisci se è di cornetti o di carbonara e una vocina dentro che ti dice "se lo faccio di nuovo, muoio". Ecco, quello un po' meno.

Però giuro che sono quasi contento di avere di nuovo un'altra notte a breve. Che il quasi lo scriverei a caratteri cubitali e in neretto e sottolineato... ma c'è pure il "contento" che viene dopo. Davvero.

E non ero mai stato contento del lavoro che facevo prima. Nemmeno quasi o quasissimo. Per cui, insomma, uno si accontenta... e continuiamo così.

Simone

15/01/16

Arrivano i turni di notte... e uno strumento interessante.

Un pronto soccorso di notte nel gelo: entrambi i problemi risolti.
A breve farò il primo turno di notte.

Non che sia il primo in assoluto: mi è capitato tante volte di andare in pronto soccorso la sera.

Solo che l'ho sempre fatto da studente o medico frequentatore, per cui non dovendo per forza coprire tutto il turno non sono mai rimasto fino alla mattina seguente.

Ora invece insomma mi tocca il "canonico" 20-8: 12 ore di fila dal tramonto all'alba come il titolo del film... anche se il tramonto non lo vedrò, che a quell'ora è già buio.

Comunque sia, nel PS del mio ospedale - durante la notte - lo specializzando non visita i pazienti "nuovi" ma si occupa di rivalutare quelli che sono già ricoverati. Considerando i numeri delle persone che si recano in un qualsiasi pronto soccorso italiano ogni giorno, potete anche immaginare che razza di casino mi aspetta.

Per cui insomma mi aspetto una bella "mazzata", anche se poi non è che dovrò tornare di corsa in reparto e avrò un minimo di tempo per recuperare. Tra l'altro questo è solo un turno - diciamo - di "prova", ma da Febbraio me ne toccheranno 3-4 al mese (sperando non più di quelli) e allora sì che la cosa potrebbe diventare impegnativa.

Per adesso la prendo come una nottata "alternativa", e vi farò sapere come è andata.

Altra cosa di cui vi volevo parlare, è questo coso qui: Neuronguard.

Si tratta di uno strumento italiano, inventato con l'idea di "raffreddare" il cervello.

Questo perché da un lato ci sono varie evidenze scientifiche che provano che - in caso di danno cerebrale (parliamo principalmente di ictus e arresto cardiaco) - raffreddare la temperatura corporea può potenzialmente portare a un notevole giovamento per il paziente... ovviamente in alcuni casi e in determinate situazioni.

Dall'altro lato, raffreddare anche di pochi gradi una persona è davvero difficile. Non si riesce a fare tanto bene nelle sale rosse dei pronto soccorso (diciamo che in genere non si fa proprio) e figuriamoci poi iniziare a farlo in ambulanza.

Insomma questo è uno strumento interessantissimo, e - come già nel caso del materiale anisotropo per l'ecografia di cui ho parlato qui - vorrei provare a contattare chi lo sta sviluppando per vedere se potrebbe essere possibile partecipare a qualche ricerca a riguardo o saperne semplicemente di più.

Così come per la storia del materiale anisotropo non mi aspetto che nessuno faccia i salti di gioia nel trovare un mio contatto... ma tentar non nuoce, e pure qui vi farò sapere se ci saranno novità.

Buona notte a tutti!


Simone

24/12/15

Nuovi progetti.

L'ECG di Natale! Quasi normale, ma c'è la sorpresa! :)
L'altro giorno, cercando un po' sui siti di medicina e ricerca, ho trovato questa pubblicazione: "Anisotropic Complementary Acoustic Metamaterial for Canceling out Aberrating Layers".

Uscita ormai un anno e passa fa, riassume uno studio fatto al MIT (l'università di Boston dove ci stanno tutti ingegneri più bravi di me, ma con meno lauree in medicina) che simulava l'interposizione di un qualche materiale tra la sonda dell'ecografo e la scatola cranica.

Con l'aiuto di misteriosi calcoli matematici, sono riusciti a produrre almeno in maniera teorica una stuttura che "annullava" in un certo modo la presenza fisica dell'osso, consentendo così agli ultrasuoni di attraversare il cranio e di vedere quello che c'è sotto.

In poche parole: ora non si può fare l'ecografia del cervello (adulto) perché questi cavolo di ultrasuoni non attraversano la scatola cranica e non si vede niente. Mettendo però questa "roba" tra osso ed ecografo sarebbe possibile aggirare questo ostacolo e guardare dentro la testa dei pazienti attraverso una finestra ecografica creata al bisogno.

Pensate solo alla possibilità di distinguere tra un ictus ischemico e un ictus emorragico direttamente all'ingresso del paziente in pronto soccorso, senza doverlo portare in TAC perdendo un sacco di tempo. Addirittura si potrebbe iniziare la trombolisi direttamente in ambulanza... non vi pare fichissimo?

Solo che temo che purtroppo questa roba dell'articolo sia rimasta solo a livello teorico: ho provato a mandare una mail a uno degli autori, lì giù a Boston dalle parti del MIT, però non mi ha filato minimamente e non mi ha risposto. Non che mi sembri così strano che non l'abbia fatto, intendiamoci. Però tant'è.

Vedremo se magari mi rispondono dopo, e se la cosa avrà qualche altro sviluppo.

È talmente chiarissimo che non aggiungerò nulla! :)
Passando a un altro argomento, dal canto mio è già qualche tempo che colleziono ECG (elettrocardiogrammi) dei pazienti che mi capita di vedere.

E piano piano sto raccogliendo un po' di ECG interessanti: fibrillazioni atriali, TPSV, ischemie eccetera. L'idea è che quando ne avrò - diciamo - un centinaio vorrei farne magari un libretto o il solito ebook con i singoli tracciati commentati in maniera estremamente sintetica.

Ci stanno tanti libri di elettrocardiografia, ma in genere sono molto prolissi oppure presentano casi clinici assurdi o tracciati fatti a tavolino, o ancora con problematiche sinceramente troppo poco "specifiche" per il pronto soccorso.

Io ho in mente una cosa molto più semplice. Il tracciato da solo, e nella pagina successiva due righe del tipo: "non si vede l'onda P, QRS irregolari = fibrillazione atriale". Al limite poi nel caso altre 2 righe in più se c'è qualcosa da sapere, da fare o di FONDAMENTALE che uno deve ricordarsi. Ma poi basta.

Credo che non ci siano tanti libretti così, e nell'idea che parte del lavoro del medico stia anche nell'insegnamento mi sembra una cosa interessante da fare e un modo per valorizzare anche un pochino il lavoro che faccio in ospedale.

E insomma: tra un po' inizia pure l'anno nuovo, e magari era il momento giusto per trovare qualche novità su cui concentrarsi. Voi che ne dite?

A parte questo - ovviamente - Buon Natale a tutti, che oggi è la vigilia. Auguri di tutto cuore, un abbraccio, tante belle cose, buone magnate, auguri e figli maschi e a presto! :)

Simone

25/11/15

Pro e contro della specializzazione, finora.

La media dei pro e dei contri dà un risultato... medio.
Penso sinceramente - e questa cosa l'avevo già prevista - che dopo l'ingresso in specializzazione il blog abbia un po' rallentato.

Forse manca un po' quell'idea di base di voler raggiungere qualcosa, e che ora - dopo che il "qualcosa" è stato raggiunto - ovviamente non si può più sfruttare.

Arrivare alla fine della specializzazione non è certo un obiettivo valido come arrivare alla laurea e cambiare vita... o almeno a me pare che non sia così, per cui dovrei trovare dell'altro.

O forse anch'io non mi sono tanto immedesimato in questo nuovo ruolo da medico alle prime armi, e non riesco tanto a tirare fuori post (quasi) interessanti con una certa frequenza come - spero - facevo prima.

E va bene, che tanto non è che nessuno viene qui a darmi un voto o a giudicare quello che dico. Speriamo piano piano di ritrovare un po' una specie di filo del discorso che ora latita, ecco.

Intanto vi lascio con qualche impressione così "leggera" su questo primo mese di specializzazione. Un po' di pro e contro:

CONTRO

- Alzarsi la mattina prestissimo, perché se esci di casa un po' in ritardo becchi il traffico della morte e non arrivi più.

- Il traffico della morte all'andata.

- Il traffico della morte al ritorno.

- Insomma il traffico.

- Pazienti dottori parenti infermieri barellieri elettricisti muratori e chiunque altro che ti chiedono cose di cui non sai nulla. E tu non puoi rispondergli "deve domandare al dottore", perché il dottore sei (pure) tu.

- Io ho fatto tutta 'sta storia per fare il medico di pronto soccorso... ma per ora pare che in pronto soccorso andremo più avanti. E vabbe', aspettiamo...

- Lo spaesamento totale di fronte a cose che nel posto dove stavi prima non si facevano, si facevano in maniera diversa o che comunque non sai e non sai fare.

- La burocrazia medica che rivaleggia con la burocrazia ingegneristica.

- La sensazione a volte di aver lavorato davvero tanto, per combinare davvero poco.

- Il fatto che - se tutto va bene - pranzi tra le 14:30 e le 15:15 e poi ti prende l'abbiocco.

- Il sabato che è come tutti gli altri giorni della settimana, e devi alzarti prestissimo uguale. 

PRO

- Mi stai dicendo che gli specializzandi li pagano?! Non mi pare una cosa tanto credibile, verificherò.

- Il fatto che - qualche volta - pare addirittura di imparare qualcosa.

- Quando parli con pazienti, parenti, infermieri e insomma tutta la gente che dicevo sopra, e ti pare quasi di aver fatto una figura decente.

- Tornare a casa dopo il lavoro e notare che hai ancora del tempo libero per fare altre cose... anche se poi lo passeresti a dormire.

- Il fatto che se per caso il traffico della morte ha la meglio e tardi un po' - almeno per ora - non ti fucila nessuno.

- Il sabato mattina, che non c'è traffico.

- L'idea che ora fai una cosa e più avanti ne farai altre e poi altre ancora. Così - male che vada - ti annoi di meno.

- Un sacco di gente con cui si lavora benissimo.

- Ricordarmi - di tanto in tanto - che fare il dottore, mi piace.

In sintesi, tante cose e tanti sentimenti contrastanti, con tanti lati negativi legati più ad aspetti "esterni" al lavoro vero e proprio, e che col tempo per forza di cose mi peseranno di meno.

Così aspettiamo futuri sviluppi, anche per le idee e per la scrittura (o soprattutto per quella) e - comunque - andiamo avanti.


Simone

15/11/15

Il lavoro da specializzando.


Altre due lettere di dimissione da scrivere...
Per il momento, gli aspetti più impegnativi di questo lavoro da specializzando sono stati:

1) Alzarsi presto 6 mattine su 7 per 2 settimane consecutive.

2) Il traffico assurdo per andare e tornare dall'ospedale.

Tolti questi due punti, che tra l'altro non hanno nulla a che vedere col lavoro vero e proprio, la specializzazione è partita in maniera totalmente indolore:

Sono in reparto la mattina presto. Mi guardo le consegne del turno prima e gli ultimi esami dei pazienti. Faccio un po' da "spalla" allo strutturato di turno. Litigo con lettere di dimissione e burocrazia varia e alla fine sono a casa per un orario più che accettabile.

Certo, ripeto, stare in ospedale 6 giorni su 7 è in ogni caso un bell'impegno, e alla fine pure la Domenica la passo più a dormire che a fare altro. Però in queste due settimane ho continuato a uscire la sera (magari rientrando un po' prima) a vedere i miei e insomma a vivere la mia vita "normale" senza pensare solo e soltanto al lavoro.

Ora mi aspetta una settimana con turni di pomeriggio, e poi si ricomincia da capo con questi "cicli" trisettimanali che dovrebbero durare circa 6 mesi. In ogni caso insomma devo ancora prendere meglio il ritmo, per cui le cose non potranno che migliorare ancora.

Riguardo al lavoro in sé, credo che mi piacerà di più quando inizierò ad andare in pronto soccorso, ma c'è da dire però che anche il reparto non è poi così male. Se fatto bene gestire un reparto di medicina è difficilissimo, e ci sono tante di quelle cose da capire e da imparare che è comunque una sfida enorme.

Certo, mi manca un po' la concitazione del pronto soccorso e la "velocità" delle emergenze. Mentre in questo primo anno la maggior parte del tempo la passerò a imparare un po' di più su terapie, su come è organizzato l'ospedale e su cosa devi cliccare sullo schermo per chiedere un esame e a che numero devi telefonare quando il suddetto esame si perde e non arriva più.

Ma insomma, ammetto che mi sarà utile conoscere un po' meglio tante cose che prima - andando solo in pronto soccorso - semplicemente non vedevo. E c'è anche da dire che tutto questo "da fuori" pareva molto peggio, e che - tutto sommato - a tratti il lavoro è stato anche divertente.

Qualche dettaglio in più, e qualche "storia" nello specifico con pazienti e colleghi del reparto magari ve la racconterò con i prossimi aggiornamenti. Intanto ora stacco e vado a dormire, che domani si riparte.

Simone

08/11/15

La prima settimana di specializzazione.

La mattina entri qui... poi vai dritto, sali su ed entri in reparto.
Buona parte del primo anno di specializzazione la passerò nel reparto di Medicina d'Urgenza.


Alla fine c'è chi dice che all'inizio in reparto impari più cose eccetera eccetera. E sarà anche come dicono loro, ma io avrei preferito stare in pronto soccorso fin da subito per cui, insomma: arrivo il primo giorno alle 8 di mattina che non sono proprio convintissimo di essere finito nel posto dove volevo stare, e non so cosa aspettarmi.

Piano piano arrivano i dottori strutturati, e iniziano a vedere i pazienti ricoverati. C'è stato un gran movimento nel fine settimana, sono un po' tutti pazienti nuovi, e - insomma - c'è molto da fare.

Ci sono le consegne della notte prima da verificare. Poi bisogna sapere chi deve andare a fare degli esami, e dove. Si fa il giro visita, e dopo bisogna scrivere al computer per ogni paziente che cosa è successo, che novità ci sono e cos'altro si deve fare.

Se dimetti uno c'è da scrivere la lettera (appunto) di dimissioni, e se non sai come si fa è un po' un casino. Poi c'è chi arriva, chi telefona, i parenti che chiedono notizie, la terapia da scrivere... insomma, un botto di cose.

Il gruppo che seguo io ha quattordici pazienti, e io non mi ricordo chi sia nemmeno mezzo. Tanta medicina interna che io non conosco. Un modo di lavorare per forza di cose un po' diverso a quello a cui ero abituato e pure tanta, ma tanta burocrazia da tenere a bada.

Finisce il turno che sono un po' stanco. Non mi pare di averci capito molto, ma vedremo meglio domani.

Martedì sono di nuovo in reparto dalle 8... e va tutto molto peggio: gli altri dottori sono informati del risultato degli esami del giorno prima, ma io non ho capito come hanno fatto a vederli. Per scrivere una lettera di dimissione ci metto 1 ora. Qualcuno va a fare TAC e coronarografie, ma non so chi, come, dove e perché.

In pronto soccorso bene o male c'erano delle cose che facevo io, e avevo trovato un certo equilibrio, ma qui mi sento completamente un pesce fuor d'acqua. Mi domando se ce la farò a resistere un anno intero in questo modo, e la risposta è che non lo so.

Mercoledì arrivo un po' più determinato. Al computer riesco a capire dove sono le consegne aggiornate. Me le stampo, leggo gli ultimi esami fatti dai pazienti e cerco di ricordare chi ha fatto cosa e - più o meno - qual è il risultato.

Qualcosa ancora me la sono persa, però al giro visite sono un minimo più orientato e riesco a capirci un pochinino di più. Alla fine, insomma, andiamo meglio.

Giovedì finalmente scopro che, se chiedo alla capo-sala, c'è un elenco con tutti gli esami che devono essere eseguiti in giornata. Cioè se Mercoledì sapevo che il signor Piripacchi avrebbe dovuto fare - prima o poi - l'ecografia dell'orecchio, adesso potevo sapere anche nello specifico se la faceva questa mattina o questo pomeriggio. Un trionfo.


Venerdì arrivo che sono contento. Riconosco addirittura alcuni dei nostri 14 pazienti, mi riguardo gli esami e - con un minimo di apprensione - di tanto in tanto butto pure uno sguardo alla terapia. Sulla lettera di dimissioni scrivo anche qualcosa di vagamente più specifico di un: è venuto in ospedale, perché stava male.

Sabato mattina alzarsi dal letto è un mezzo dramma. Ma devo ammettere che - dopo di quello - la giornata è tutta in discesa. Tra l'altro essendo Sabato per strada non c'è nemmeno traffico, e andare in ospedale l'avrei quasi potuto definire "piacevole".

Quello che ho capito in questi primi giorni, è che in reparto il mio limite principale è che sto appresso a fogli, fotocopie, cartelle, esami, stampe, tracciati e tutto il resto... ma poi mi scordo completamente chi cazzo siano i pazienti, e che cosa stiano lì a fare.

Ogni tanto però di qualcuno mi ricordo. Vado a salutarlo e a vedere come sta, e magicamente mi tornano un po' alla mente anche i suoi esami e quello che gli è successo. E mentre lo faccio mi rendo conto che mi piace pure, e che mi sto - quasi - divertendo.

Bisogna lavorare su questo: curare le persone, e non le loro carte. Che in un certo senso è un po' come quando in sala rossa mi dicevano che dovevo preoccuparmi del paziente, e non dei parametri che leggevo sul monitor.

Alla fine, insomma, un punto in comune tra pronto soccorso e reparto l'abbiamo pure trovato. E a questa prima settimana - nonostante le premesse tragiche - siamo pure sopravvissuti.

Speriamo di andare avanti così.

Simone

12/10/15

Un ingegnere in pronto soccorso?

Quello in piedi al centro - secondo me - è un ingegnere.
Iniziamo col dire che ho praticamente concluso la frequenza del vecchio ospedale/pronto soccorso.

Ultimamente sono andato ancora di tanto in tanto e più che altro per salutare il dottore con cui ho fatto la tesi e gli altri medici con cui ho frequentato questi anni. La volta scorsa però ho svuotato l'armadietto, e tolto tutte le mie cose.

E alla fine uno si sta sempre a lamentare durante l'università di quanto si stanca, di quanto è faticoso e di quanto non vede l'ora che siano finiti i tirocini. Ma poi ti ritrovi a raccattare la tua roba con la malinconia e il nodo alla gola, e vorresti quasi essere rimasto in quel limbo di studente non studente, dottore non dottore che pareva tanto scomodo ma che adesso un po' già mi manca.

Oltre a questo ho parlato col primario del nuovo ospedale, e ho chiesto di poter andare in pronto soccorso (il loro) qualche volta prima dell'inizio della specializzazione.

Questo un po' per iniziare ad ambientarmi. Un po' perché non mi andava di partire da zero il primo giorno ritrovandomi subito catapultato in un impegno a tempo stra-pieno. Un po' perché troppo tempo libero può anche ucciderti e un po' anche perché - se devo frequentare da qualche parte così a tempo perso - magari ha senso anche farlo nell'ospedale dove faccio (farò, diciamo, a breve) la specializzazione.

Sono abbastanza in ansia. Ho preparato casacca, camice e tutto il necessario. Ma la casacca buona è a lavare e ce ne ho una che pare un pigiama, i camici sono tutti mezzi distrutti... e insomma speriamo di non partire subito facendo la figura del barbone. Almeno quello.

Riguardo al blog, volevo anche dirvi che - una volta iniziata la specializzazione - vorrei continuare ad aggiornarlo magari tornando un pochino ai "vecchi tempi", con racconti di vicende da ospedale e tutto il resto.

Certo, credo che nei racconti passati ci fosse diciamo un aspetto di "interesse" dato dalla novità (per me) nei confronti dell'ambiente ospedaliero. Il primo incontro con i malati, con la sala operatoria, con le emergenze... e poi anche e ovviamente tutta la storia che Medicina è la mia seconda laurea di cui penso avrete sentito parlare qui o da qualche parte.

Insomma i fattori di interesse principali dei vecchi racconti si sono un po' esauriti. C'è la cosa che arrivo da un'altra professione, e allora "un ingegnere in pronto soccorso" potrebbe essere per lo meno un minimo l'idea iniziale, lo spunto (nel gergo editoriale lo chiamerebbero "dinosauro") per impostare la cosa.

Ma a parte che un titolo così non chiarisce tanto se uno in pronto soccorso ci lavora o c'è finito, il rischio è che senza quei punti di interesse di cui parlavo poco fa (la seconda laurea e i primi tirocini) i racconti si rivelino di una noia letale.

Vedremo. Intanto l'idea c'è, poi se ci sarà una realizzazione di qualche tipo magari sarà anche meglio.

E nel caso, quando e se e come vorrete leggerli, magari mi darete la vostra opinione.

Simone

10/07/15

13180 buoni motivi.

Tutti fermi buoni e in fila, che dobbiamo fare l'appello!
Aggiornamento carico di pathos (si fa per dire) con la notizia di praticamente 5 minuti fa arrivata dal Ministero: al concorso per la specializzazione siamo in - fammi vedere - 13180 partecipanti.

I posti a concorso sono qualcosa più di 6000. 6300, mi pare. E insomma, ora vi aspetterete il solito pianto lamentoserrimo di quello che "io la specializzazione manco la voglio fare"... ma, invece, siamo ottimisti: mi aspettavo molto peggio.

Avevo fatto due conti, e pensavo che saremmo stati 18-20 mila partecipanti. Un posto in specializzazione ogni 3 e passa. Così invece c'è - quasi - un posto ogni 2, e le statistiche si fanno più favorevoli.

Che poi se andassimo a vedere il numero preciso delle persone realmente interessate alla medicina d'urgenza, sono quasi convinto che il totale degli aspiranti medici di pronto soccorso sarebbe inferiore a quello dei posti a disposizione.

Certo a Roma o in altre città grande non si entra perché non si entra (visto che metteranno tutti quelle come prime scelte) ma secondo me il medico di pronto soccorso è e resterà un lavoro "desiderato" da pochi. Per tutti i motivi del caso che sono - essenzialmente - che si tratta di un lavoro faticoso, che si guadagna meno rispetto ad altri indirizzi, che ti becchi un sacco di fregature e responsabilità, che i pazienti ti denunciano e ti picchiano... e tutte le cose insomma che ti fanno amare questa branca della medicina.

Per cui, ecco, se ci fosse una selezione a parte del tipo "chi vuole fare l'urgentista, e solo l'urgentista, metta il dito qua sotto", secondo me bisognerebbe capire dov'è che ti mandano, ma alla fine ci sarebbe posto per tutti, o quasi.

Il guaio dei 13000 e rotti partecipanti, è che potendo ognuno mettere 3 scuole di specialità come possibili opzioni, finisce che ti trovi a competere con tanti altri neo-laureati che magari non entrano nella loro - ambitissima - prima scelta, ma che partono magari con un punteggio più alto del mio, sono più bravi (perché è vero che tanti, sulla teoria, sono più bravi di me) e possono facilmente raggiungere un punteggio migliore e fregarmi il posto.

Tutto giusto e tutto corretto: alla fine non è che uno può essere limitato a una scelta sola. Però pure un po' mi scoccia pensare che magari quello che volevo tanto fare io, finirà per essere la vita di qualcuno che invece voleva tutt'altro.

2 persone insoddisfatte al prezzo di una, insomma. Ma così è la vita. E sono 2 o 13mila, a seconda di come andrà 'sto concorso.

A parte questo insomma continuo a studiare (con un briciolo di ottimismo in più, lo ammetto). Dal 28 al 31 ci saranno le prove, e vi dico solo che tocca stare lì - in una sede lontana e immersa nel traffico - alle 8 di mattina per un test che inizia alle 11 e che dura 1 ora o pure meno, a seconda delle giornate.

Insomma mi aspetta una bella ammazzata. Ma almeno ho qualche buon motivo per crederci almeno un attimino in più rispetto all'ultima volta.

Vedremo. Vi farò sapere. E intanto torno a studiare.

Simone

23/06/15

Il concorso per la specializzazione.

Basterà questo pezzetto di matita per altre 10 mila crocette?
Oggi si sono chiuse le domande per iscriversi al concorso, e insomma: siamo (?) iscritti, è andata, ed eccoci in ballo.

La cosa positiva del concorso è che ci sarà a fine Luglio. Una data abbastanza ravvicinata che non ci costringerà a studiare per mesi e mesi ma bensì soltanto per un tempo relativamente limitato.

La cosa negativa è che tra libri di test, vecchi testi, manuali e quant'altro mi sono sepolto vivo di libri che probabilmente non riuscirò manco a leggere fino alla fine.

Quello che sto facendo è:

1) Test di prova su libri di test di prova con le crocette.

Questo è un buon esercizio e un buon ripasso. Fermo restando che - probabilmente - le crocette che faccio per prova con quelle che saranno al concorso non c'entrano niente.

2) Ripasso rapido di un po' di tutto.

In maniera molto soft mi sto risfogliando i vari libri (specie quelli delle patologie integrate) per rivedere gli argomenti che ricordo peggio. Ovviamente ristudiare (o studiare) tutto è utopico.

Il problema è che - per esempio - sono assolutamente una pippa su antibiotici e reumatologia. Per cui mi vado a rileggere quello che non ricordavo (tutte cose che in questi anni avrò già studiato 6, 7 e anche 10 volte) ma poi quando capitano altre domande a riguardo finisce che le toppo lo stesso.

Certe cose della medicina sono semplicemente poco intuitive, meno interessanti e - per quanto mi riguarsa - impossibili da imparare sui libri. È un fatto che io ho personalmente deciso di accettare. Gli scrutinatori dei concorsi, purtroppo, no.

Da quello che scrivo sembrerà chissà quanto stia studiando, ma la verità è che sono un po' "moscio" e non riesco a fare più di tanto. Anche in ospedale sto andando sempre meno: un po' perché devo studiare e non perdere tempo con altre cose. Un po' perché alla fine penso pure che - comunque vada il concorso - non potrò in ogni caso continuare a frequentare quel pronto soccorso in particolare... ed è un'altra cosa che un po' mi dispiace.


L'idea di non calcolare nemmeno l'ipotesi della specializzazione era anche perché mi aspettavo che sarebbe stato un periodo un po' di merda come questo: studio "a perdere" senza un obiettivo preciso, dover dire addio a posti e persone ai quali mi sono affezionato, l'idea che non vorrei sinceramente fare altro nella vita a parte il dottore... anche se per fare il dottore ci sono tanti modi, e come finisci a farlo non è necessariamente scontato.

Eh vabbe': torno un po' a studiare, che poi se no mi vengono i sensi di colpa. Prometto altre notizie a breve e aggiornamenti meno "rarefatti". O, almeno, ci proverò :)

Simone

04/06/15

Il concorso, e i progetti per il futuro.

Si prevede un'estate meravigliosa: quella del 2016.
Qualche giorno fa, è stato - finalmente - pubblicato il bando del concorso per l'accesso alle scuole di specializzazione (di Medicina, ovviamente).

Come dico da tempo immemore (si parla del vecchio blog!) io la specializzazione non la vorrei proprio fare. Cioè non la volevo o non l'avrei voluta, fare. O meglio ancora: non avrei voluto provare il concorso... che tra provarci ed entrare sul serio - effettivamente - c'è una bella differenza.

Insomma io speravo di arrangiarmi col master che sto facendo, ambulanza, corsi da ecografista eccetera. Il problema però è che a parte non aver trovato ancora altro (ma mi sono abilitato da pochissimo) il mio "desiderio" diciamo maggiore sarebbe quello di lavorare in pronto soccorso. E in pronto soccorso ormai prendono soltanto medici specialisti... e pure gli stessi specialisti non è che li assumano e li tengano con chissà quanta facilità. Ecco.

D'altro canto, la vita dello specializzando non mi attira proprio per niente:

Intanto col concorso nazionale finirò comunque lontano da casa. Che le città grandi sono più richieste e io posso ambire a qualcosa di più basso in classifica. Ma basso basso per non dire che se già in classifica ci entro sarà un mezzo miracolo.

Poi vedo specializzandi - non quelli di medicina d'urgenza, sottolineo - che stanno in ospedale dalla mattina alla sera. Più le notti. Più diversi fine settimana al mese. Parliamo di orari di 70-80 ore settimanali, magari in posti dove non ti insegnano nemmeno così tanto e stai solo lì a coprire le carenze di personale.

Insomma 5 anni lontano da casa in una sorta di galera, per avere un titolo in più da sfruttare - forse - per un lavoro futuro un po' più appetibile. E ripetiamo il "forse".

Una volta a 2-3 anni dalla laurea tutti i medici erano già specialisti in qualcosa. Bastavano anche 6 mesi di tirocinio per partecipare a certi concorsi, e poi andavi avanti. Adesso invece a 1 anno pieno dalla laurea si tiene il concorso per finire chissà dove a fare chissà cosa, e mi pare sinceramente una gran fregatura.

Per cui, va bene, il progetto è il sottostante:

Provo il concorso a fine luglio. Vedo se entro, dove mi mandano e dove vado a finire e se mi piace resto e mi specializzo. E punto.

Se invece non entro da nessuna parte o non mi piace dove finisco, mi iscrivo a un secondo master e inizio a lavorare in ambulanza. Poi dopo un po' mi apro qualcosa privatamente, e alla sanità pubblica e al pronto soccorso non ci penso più. Che mi pare non ci sia proprio tutta ques'taria. La fregatura è che per "provare" una specializzazione rischio di perdere il master in medicina d'urgenza (non si può essere iscritti a 2 cose contemporaneamente) ma speriamo di no e a questo ci pensiamo dopo.

A parte le magagne burocratiche, io sinceramente vorrei tantissimo lavorare nell'emergenza, e non ho mai avuto questa stima così inamovibile per la sanità privata. Però qua davvero non vedo altri percorsi, e specializzarmi in un posto che non mi piace inizia a essere un sacrificio davvero troppo grande anche per uno che - per fare il dottore - ha buttato al secchio un'altra laurea e ha ricominciato completamente da zero.

Un po' più di ottimismo la porta la possibilità della nascita del doppio canale. Praticamente lavori presso una ASL o non so in che struttura territoriale. Nel frattempo segui i corsi di specializzazione, e ti specializzi in non so quali scuole (non credo che sia inclusa medicina d'urgenza, ma potrei scegliere una specializzazione equipollente).

Insomma sarebbe un modo per restare nella sanità pubblica, specializzarsi, fare esperienza, magari avendo un ruolo di secondo piano per qualche annetto ma a condizioni tutto sommato migliori. Purtroppo non se ne sa ancora niente: è un'idea osteggiata e rifiutata un po' da tutte le associazioni studentesche, università, primari e medici ospedalieri - che forse non si rendono conto della situazione che stiamo vivendo io e tanti altri medici appena laureati - e le discussioni a riguardo non vengono rese pubbliche.

Io un po' invece ci spero. Come un po' spero che il concorso vada meglio del preventivato, e come spero che pure per conto mio una volta "mollata" l'idea irrealizzabile del lavoro nel pubblico troverò comunque qualcosa di gratificante e utile da fare.

Tante speranze e tanti progetti, insomma. E intanto, come da un po' di tempo a questa parte, aspettiamo.

Simone

18/05/15

Libri, medicina e altre cose.

Se per caso ve lo foste perso...
Scusate se è un po' che non aggiorno... ma un po' mi piaceva tenere un po' più a lungo in "evidenza" il post passato, e un po' non è che ci fosse proprio così tanto da dire.

A dire il vero qualche novità c'è: ho iniziato a mettere i miei ebook anche su facebook, per cui magari non c'entra molto con la medicina, ma dal punto di vista della scrittura qualcosina comunque la sto facendo.

Il link a una pagina "complessiva" con tutti gli ebook ancora non c'è. Intanto però ve ne metto un paio:

Da ingegnere a medico.

Il gatto che cadde dal Sole.

Dopo questo passaggio diciamo "promozionale", veniamo alle solite cose riguardanti la medicina.

Intanto sono tornato al centro accoglienza di cui ho già parlato, e mi è capitato di visitare altri profughi. Non è un lavoro nel quale sto impegnando chissà quanto (qualche ora molto saltuariamente) e non è che lo faccia con chissà che scopi umanitari di cui vantarmi: faccio volontariato alla Croce Rossa da tanto ormai, e se mi chiamano di tanto in tanto ci vado e provo a fare qualcosina.

Non è nemmeno detto che in futuro ci andrò di nuovo. Certamente l'emergenza umanitaria continua e continuerà a lungo, ma insomma magari cambiano organizzazione, magari cambierò progetti io... insomma non lo so dire.

Per il resto continuo col master in medicina d'urgenza e con la frequenza del pronto soccorso. Magari in questo periodo sono un pochino stanco e ci vado appena un pochino meno... ma comunque vado avanti.

Sto ancora aspettando che esca il concorso della specializzazione (che come dico sempre non sono tanto sicuro nemmeno di voler fare). Intanto doveva uscire a Febbraio, poi ad Aprile... e adesso l'hanno rimandato di nuovo e ancora non si sa quando. Anche se dicono che il concorso dovrebbe comunque tenersi a fine Luglio... vedremo.

E ok. Mi scuso ancora per l'assenza prolungata. Spero di avere novità più interessanti in futuro. In tanto vi saluto, e a presto!

Simone

29/04/15

La prima volta che ho fatto il dottore.

Sono tipo le 7 e mezza di sera.

Io sto a casa, che alle 8 devo uscire per andare a mangiare la pizza. Invece squilla il telefono.

«Sono Tizio della Croce Rossa» mi sento dire. «C'è un arrivo di migranti al nostro centro accoglienza. Abbiamo un unico dottore solo disperato, che per caso gli andresti a dare una mano un paio d'ore?»

Io è un po' che volevo fare qualcosa del genere. Che poi magari mi hanno chiamato proprio perché avevo fatto da poco presente questa mia disponibilità, suppongo... e vabbe': addio pizza, metto la divisa, e parto per 'sto posto dove devo andare.

Il centro accoglienza sta veramente, ma veramente in culo alla Luna. Però facciamo che arrivo subito, pure se invece non è vero, che non è che possiamo stare qua a scrivere davvero di ogni minimo particolare.

Insomma, il posto è un campeggio con una serie di container messi a schiera. Ogni container ospita - credo - 4 persone. Ce ne sono già una sessantina, e devono arrivarne altre 30.

Della Croce Rossa ci sono un po' di volontari e alcuni dipendenti. È notte, fa freddino, e ringrazio l'ultimo pezzetto di cervello non del tutto bacato che mi ha detto: "sì, ora fa caldo. Però il giaccone della divisa portatelo".

Tra i container vedo aggirarsi qualcuno degli ospiti del campo. Da una parte, un gruppetto ascolta alla radio una musica che non saprei dirvi se fosse hip hop o una qualche roba loro africana... o entrambe le cose. Gli faccio un gesto di saluto, e loro ricambiano. Avranno 12, 13, massimo 15 anni.

I nuovi ospiti stanno partendo dalla questura dopo tutte le procedure del caso, e tardano ad arrivare. Quando, a un certo punto, arriva la notizia: l'altro dottore che dovevo aiutare ha un problema, e non arriva più. I volontari sistemeranno i nuovi arrivi alla bene e meglio, e poi le visite mediche verranno fatte domani mattina. A meno che...

A meno cheeeeeeeee....

A meno cheeeeeeeeeeeeeeeeeee....

Vabbe', ovvio: a meno che non resto io. Io che 'sta cosa non l'ho mai fatta, e che un po' mi sento come se questo grande siluro che gira e che gira stia trovando mio malgrado una sua spiacevole sistemazione.

E devo dire che me la faccio veramente un po' sotto: non so bene che succederà se rimango, non penso di essere all'altezza... e poi mica è colpa mia che l'altro dottore ha avuto dei casini, no? E a me chi cavolo mi paga? E chi me lo fa fare!?

Intanto sento i dipendenti e gli altri volontari che si organizzano.

«Se qualcuno ci pare che abbia qualcosa di contagioso, lo mettiamo da solo e poi i dottori lo vedono domani».

Uno di loro è ben al secondo anno di Scienze Infermieristiche. Che problema c'è?

E insomma, io mi immagino questi che dopo un viaggio allucinante arrivano finalmente qui, e non trovano nessuno che se li caga, e non mi pare proprio questa cosa ben fatta. E anzi: diciamo pure che mi sento veramente, veramente una merda.

È deciso: rimango.

Con gli altri ci mettiamo a organizzare un po' il container dove avverranno le visite. Lo studente di infermieristica mi fa un ripasso sulla scabbia e mi mostra la scorta a vita di Permetrina che lui stesso ha comprato. Io mi preparo mentalmente con il fonendoscopio trovato nell'uovo di pasqua in una tasca (l'altro l'ho lasciato in ospedale) e il prontuario della guardia medica nell'altra.

Passa un'altra oretta bella piena, e - finalmente - arriva il pulmino dei volontari che porta i nuovi ospiti.

Sono 17. Ci ha detto bene, che ne aspettavamo 30. A un primo sguardo sembrano un po' più grandi dei ragazzini che vedevo prima. Molti di loro hanno delle coperte sulle spalle, e le donne portano lo chador.

Gli operatori della Croce Rossa li fanno mettere in fila, e prendono le loro generalità. L'idea è di fare un elenco, vedere chi ha problemi sanitari particolari da gestire subito, poi fargli fare una doccia, dargli da mangiare e infine sistemarli negli alloggi dove saranno ospitati in attesa di un'altra visita - più accurata - che sarà fatta domani mattina.
 
Inizio col vedere prima le donne. Per fortuna c'è una di loro che parla inglese, e si offre di aiutarmi per comunicare con chi invece parla solo la propria lingua, se no era un bel problema. Mi faccio anche aiutare da una volontaria, che visitare le donne da solo non conoscendo i relativi usi e costumi non mi pare davvero una grande idea. Proprio no.

Con tutti quanti inizio facendo le domande "standard" che stanno su un foglio di visita "standard" che mi hanno lasciato, e poi improvviso a seconda dei casi e delle necessità.

«Hai problemi di salute?»

La risposta, in genere, è "no". Ma poi tanto come gli fai altre 2 domande viene fuori ogni patologia contenuta nell'Harrison, e anche qualcosa che devono ancora scoprire.

«Hai prurito?» chiedo.

A questa rispondono praticamente tutti "sì".

«Hai la tosse?»

«Sì»

«Ti fa male da qualche parte?»

Sempre "sì".

E così via, domanda dopo domanda, in una sorta di screening nei confronti di una popolazione ridottissima ma nella quale la prevalenza di patologie di qualunque tipo è 10 mila volte quella all'interno della popolazione generale. Per dirlo in termini meno medichesi e più comprensibili, i migranti arrivano qui che stanno tutti rovinati.

Per il resto mi limito a guardare sulle braccia e sulle parti più esposte se ci sta qualche lesione. Poi sento il torace col fonendo per capire se qualcuno ha la polmonite, e poi insomma guardo quello che c'è da guardare ma senza starci troppo a perdere tempo, che è tardissimo e loro sono tanti e ci sono ancora un sacco di cose da fare.

Sul foglio della visita scrivo qualche riga riguardo a quello che ho trovato. Se c'è qualcosa che ritengo vada approfondito in seguito, lo scrivo grande e lo sottolineo più volte.

Finisco di vedere le donne, e passiamo agli uomini. Anche qui c'è chi ci dà una mano facendo da interprete, e adesso mi aiuta un volontario maschio. Rispetto alle donne, gli uomini sono più malandati. Sembrano anche più grandi, ma l'età media è sempre 18, 20, 25 anni. Difficile che qualcuno ne avesse di più.

«Qui mi hanno sparato nel 2002» mi dice uno, mostrandomi una gamba ridotta male. Poi si alza la maglietta, e mi fa vedere due buchi sulla pancia.

«Questi, invece, me li hanno fatti qualche anno dopo».

"Esiti di ferite da arma da fuoco all'arto inferiore destro e all'addome", scrivo sul foglio visita. Intanto mi chiedo se ho mai conosciuto qualcun altro a cui abbiano sparato da ragazzino. Due volte. E non me ne vengono in mente poi tanti.

Un altro mi dice in inglese qualcosa che tradurrei tipo: "l'Italia e la Somalia devono essere unite".

Quale dei nostri politici eleggerebbe a cavallo di battaglia una affermazione del genere? Probabilmente, chiunque di loro.

Nel corso delle visite lancio tubetti di Permetrina come se fossero coriandoli. Ho ben 6 (SEI) pasticche di tachipirina da distribuire saggiamente a quelli che sembrano più doloranti. Intanto sottolineo patologie e malanni mai sentiti, o che sembrano la versione super-incazzata di cose che qua sono banalissime. Domani verrà qualche altro medico un po' più esperto, e vorrei che insomma certe cose fossero - nei limiti delle mie possibilità - chiare.

«Mi fanno male le gambe» così dicendo, uno degli uomini fa il gesto di portare le ginocchia al petto. «Sulla barca sono stato tutto il tempo così».

«Quanto siete stati sulla barca?» chiedo io.

Lui ci pensa un po', come se avesse difficoltà a mettere insieme i giorni e le notti.

«Quattro...» dice. «No! Cinque giorni».

Io deglutisco, e non dico niente: cinque giorni su una barchetta in mezzo al mare. Che loro non è che sono stupidi: lo sapranno che, la barchetta, un numero statisticamente significativo di volte da qualche parte arriva. Ma sapranno pure che - qualche altra volta - no.

Un po' come da noi quando prendi l'aereo e c'hai paura che casca. Soltanto con la possiblità che cada davvero moltiplicata per 100 mila milioni di miliardi di volte... ma comunque - più o meno - stiamo lì.

Mi rendo conto che continuo a tirare fuori stastiche, numeri, possibilità. Sarà che alla fine ho visitato 17 persone nel giro di 2 ore e mezza. Sono le 3 di notte. Ho la schiena che implora pietà tra L4 e L5 e vorrei dire che sono felice, stanco, allegro e soddisfatto... ma per il momento sono solo contento di poter tornare a casa a dormire tutte le ore che posso.

Finito tutto quello che c'è da fare, i volontari mi riaccompagnano col pulmino per un tratto di strada. La periferia è un chiaroscuro di luci e palazzi che si perdono a vista d'occhio. Sul cellulare ho una foto mia, in divisa, davanti al container/ambulatorio dove ho fatto le visite.

Faccio per metterla su Facebook. Scrivo un commento del cazzo sull'Europa, sui migranti, e su tutte queste cose di cui si parla sempre... ma poi, alla fine, ci ripenso.

Cancello tutto, e la foto me la tengo per me.

Simone

18/04/15

Il problema della medicina d'urgenza.

Gli altri specialisti si erano presi tutti i pazienti veri...
La medicina d'urgenza è una specializzazione assolutamente nuova, e per tanti versi diversa e innovativa... che però va a inserirsi in un sistema che è già radicalmente impostato in un certo modo.

In un pronto soccorso grande, per dire, avete l'infermiere di triage che vi assegna un codice d'urgenza (bianco, verde, giallo, rosso) e una sorta di "indirizzo" terapeutico.

L'infermiere, insomma - in base alle possibilità della struttura in questione - decide se siete più o meno gravi, e poi vi invia dall'otorino, dall'ortopedico, dall'internista, dal ginecologo, dal pediatra, dall'oculista oppure dal chirurgo.

Questo nei DEA più grandi. In un ospedale piccolo magari non c'è subito l'oculista, oppure lo specialista più adatto lo devono prima chiamare e cose del genere... ma  l'impostazione attuale resta quella di mandarvi il più direttamente possibile dal tipo di dottore che - dovrebbe - saper gestire meglio il vostro problema.

Ora invece l'idea del medico d'urgenza, questa specializzazione che magari all'estero esiste da 30 anni (avete presente ER?), da noi è nata da pochissimo e consisterebbe in un'impostazione più "centralizzata": in pronto soccorso c'è un medico unico che gestisce un po' tutti i tipi di pazienti. E poi, all'occorrenza, li invia allo specialista più adatto.

Che detto così sembra un po' un peggioramento: un medico soltanto, invece dei mille che prima stavano lì a disposizione. Ma guardiamo pure i vantaggi:

- Un medico che sa gestire un po' tutti i tipi di emergenze, potrebbe saper gestire meglio situazioni complesse dove il confine tra le varie specializzazioni diventa un po' labile.

- Idealmente, piuttosto che 1000 specialisti che sanno fare 1 cosa sola, forse sarebbe meglio di specialisti averne solo 100... ma che sappiano fare un po'di tutto.

- Gli altri specialisti potrebbero occuparsi di cose complesse che hanno studiato per anni: chiamare un otorino per un'otite esterna o un chirurgo per mettere un punto di sutura in testa - secondo me - è un pochino uno spreco.

- Non è che c'è sempre lo specialista che arriva a salvarti: se ti trovi in un ospedale piccolo e certi colleghi non ce li hai, devi arrangiarti. Ma se invece sei un medico d'urgenza che ha studiato per fare quelle cose, magari invece di arrangiarti e basta fai anche un lavoro fatto bene.

- Ultimo e personalissimo punto di vista: se in pronto soccorso ci trovi gente che ha studiato per stare in pronto soccorso, fa solo pronto soccorso, vuole stare in pronto soccorso e non vede il pronto soccorso come un ripiego o come una semplice gran rottura di coglioni, è possibile che alla fine il pronto soccorso funzioni anche meglio.

Che poi questa cosa è un dato di fatto: in 6 anni che esiste la specializzazione in medicina d'urgenza, sono iniziate a uscire fuori cose come la sedazione procedurale, l'ecografia, la rianimazione cardiopolmonare fatta secondo le linee guida... tutte cose che esistevano - sia chiaro - anche prima. Ma che non essendo parte del bagaglio "standard" del singolo medico di pronto soccorso diventavano più un sentito dire o un "se ne occupa qualcun altro", che un qualcosa di realmente presente.

E insomma, vabbe': un sacco di punti a favore... probabilmente anche un po' forzati e rigirati da un punto di vista preferenziale, visto che io sono di parte. Ma allora, dove starebbe il problema?

Il problema - appunto - è che come già dicevo questo "nuovo" modo di occuparsi dell'emergenza va a inserirsi in un mondo dove le cose si sono sempre fatte in una maniera un po' differente. E così, trovi:

- Medici abituati a lavorare in un certo modo, che ti dicono "ah no io questa cosa l'ho sempre fatta così, e io quest'altra cosa non la faccio".

- Una struttura burocratica assurda che, se non chiami lo specialista anche per mettere un cerotto su un brufolo, ti fa intendere che ti stai allargando e che probabilmente - presto o tardi - finirai in galera.

- Un modo di pensare un po' trasversale alle varie specializzazioni e professioni e competenze della sanità in toto - ma diciamo pure un po' di tutto il paese - secondo il quale se tutti hanno sempre fatto una determinata cosa in un certo modo, fare le cose in maniera diversa è da coglioni.

- Gli specializzandi di medicina d'urgenza, o chiunque voglia formarsi in quel senso, hanno difficoltà ad acquisire le competenze pratiche che sono sempre state affidate altri specialisti perché - semplicemente - continuano a essere affidate ad altri specialisti e loro non hanno occasione di fare pratica.

Insomma, in conclusione: quello che penso io è che tutti questi problemi cadranno sempre più in secondo piano a mano a mano che tutto il "meccanismo" si renderà conto che i medici d'urgenza sono un po' più della somma delle singole competenze che sembrano voler "rubare" agli altri specialisti.

Il problema - parlando sempre da un punto di vista personale - è che questo processo sarà così lungo che potrebbero volerci anche altri 20, o 30 anni.

È bello insomma far parte di un qualcosa che è appena nato, che cresce e che ha delle potenzialità chiaramente enormi. Meno bello pensare che magari rischio di essere troppo vecchio per poter fare l'urgentista - sempre di riuscire a trovare una collocazioen lavorativa in questo campo - quando i tempi saranno "maturi" e la specializzazione avrà trovato il suo giusto spazio e le giuste competenze.

La speranza è che le cose si muovano un po' più velocemente delle mie previsioni più pessimistiche. Ma bisogna che un po' tutto il mondo della sanità italiana inizi a vedere certe cose in un'ottica un pochino diversa.

Simone

06/04/15

Il blog e altre cose.

Nell'uovo cercavo qualche bella idea per il blog. Non c'era.
Per quanto riguard le altre cose - intanto - inizio col farvi gli auguri di buona Pasqua.

Ok, lo ammetto che sono un po' in ritardo, scusate. Ma in fin dei conti è ancora Pasquetta, qualcuno di voi sarà (spero) ancora in vacanza... e insomma anche se con valore un pochino "retroattivo", io gli auguri ve li faccio :)

Per quanto riguarda il blog, da quando scrivevo su "da ingegnere a medico" ammetto che ho perso un pochettino di entusiasmo.

Diciamo che mi piace scrivere e mi piace - soprattutto - ricevere risposte, mail e commenti, ma manca un po' di quel gusto che avevo prima.

Penso che principalmente questo sia dovuto alla mancanza di un tema vero e proprio. Se prima cioè parlavo della seconda laurea, di studio, di medicina e cose del genere, ora sto sempre più o meno perso in questo limbo un po' a rilento che è il post-laurea, e forse manca un vero motivo per aggiornare spesso e per avere soprattutto qualcosa di interessante da scrivere.

Credo insomma che dovrò per forza di cose trovare un nuovo filo conduttore per "legare" i vari aggiornamenti.

Magari sarà ancora la Medicina. Magari di nuovo come ai vecchi tempi la scrittura. Magari tante altre cose. Il fatto è che ancora non ho tanto le idee chiare. Diciamo che lo scrivere, sia online che su un libro, nasce un po' da un'esigenza, da una specie di "voglia" che ti viene dentro di racconare qualcosa.

E non è che questo qualcosa prende e viene fuori dal nulla. Ci vogliono tempo, le condizioni giuste, la cosiddetta ispirazione.

Anche per questo ho interrotto gli aggiornamenti del blog vecchio, e ho ricominciato a scrivere qui. Perché non mi andava di "annacquare" quella bella esperienza della seconda laurea con tanti discorsi e chiacchiere sul più e sul meno, senza andare a parare da nessuna parte.

Quando avrò una nuova idea, o appunto una nuova ispirazione, comincerò a concentrarmi su quella e spero che anche chi mi legge troverà tutto un po' più interessante.

Tutto questo discorso insomma per dire che spero che i miei aggiornamenti di questo periodo non vi annoino più di tanto, e che magari intanto parlando di medicina e di quello che sto combinando dopo la laurea mi aiutiate a trovare uno spunto un po' più interessante.

Detto questo, come già nei giorni scorsi dal punto di vista "medico" le cose continuano lentamente a procedere. Sto seguendo il master, sto frequentando il reparto, ho fatto un timbrino col mio nome e mi sto facendo stampare dei ricettari per scrivere - appunto - le ricette mediche.

Poi l'idea è di fare i vari corsi che servono per l'ambulanza (primo tra tutti l'ACLS) e iniziare a fare un po' di affiancamenti lì, così da affacciarmi piano piano e anche diciamolo finalmente in un ambiente un po' diverso da quello universitario.

Altre grosse novità, devo dire, non ce ne sono. Aspettiamo questa benedetta ispirazione, aspettiamo l'ACLS, andiamo avanti coi tirocini... e poi, come sempre, vi aggiornerò sui risultati.

Simone

30/03/15

Tra lavoro e volontariato.

E c'ho pure la divisa blu, che è "vintage".
C'è voluto un po' e ci ha fatto un po' penare, ma alla fine mi hanno finalmente iscritto all'albo e sono un medico-chirurgo laureato esame di stat-ato e abilitato a tutti gli effetti.

E confesso che è una bella ventata di ottimismo in un momento che iniziava a essere un po' smorto, tra ritardi attese e aspettative ancora lontane dall'essere realizzate.

Oltre a questo proseguo il master, proseguo il tirocinio, e il libro per il concorso di specializzazione l'ho anche aperto... ma poco più di quello, confesso.

Notizia di questi giorni è che 300 medici hanno vinto il ricorso, ed entreranno in specializzazione in sovrannumero. A me, oltre a far riflettere il fatto che alla fine il concorso l'ha vinto chi ha copiato o chi ha l'avvocato più bravo (anche se penso che fare ricorso fosse legittimo) pare comunque scontato che i 300 posti li toglieranno dal concorso successivo... sempre che questa situazione non lo faccia slittare di nuovo e che ce ne sia effettivamente uno.

E insomma l'idea "specializzazione" rimane sempre un po' traballante. Intanto, comunque, è un'idea che resta lì e vedremo se ci saranno gli estremi o meno per realizzarla.

Oltre a questo sono tornato - in un certo senso - in Croce Rossa, e ho rifatto il corso BLS-D, quello per usare il defibrillatore e compagnia. Che poi io ero già istruttore da prima di iscrivermi a medicina... ma aspetta oggi e aspetta domani mi è scaduto il brevetto e ho dovuto riseguire il corso base da capo.

Poco male. E anzi, il rapporto con i volontari della Croce Rossa mi ha anche fatto ricordare che nella sanità e nei suoi dintorni c'è anche gente disposta ad aiutarti e a fare qualcosa senza necessariamente aspettarsi qualcos'altro in cambio.

L'ambiente ospedaliero invece è più competitivo e legato a leggi burocratiche, e credo che anche da questi ultimi post traspaia un po' una certa insofferenza per un mondo dove è sempre più difficile trovare una collocazione e il modo di farsi valere.

Insomma ora siamo abilitati (io e più di altri 60 mila solo a Roma, a vedere il numero di iscrizione all'ordine). Piano piano mi sto riavvicinando alla CRI, e magari insomma farò gli altri corsi necessari e prima o poi qualcosa in Croce Rossa come dottore finirò pure per farla.

Magari potrei continuare parallelamente la frequenza di un pronto soccorso e farmi qualche altro anno di esperienza così, tra lavoro e volontariato. Certo è strano lavorare con i volontari e volontariare con i lavoratori... ma non è bruttissima come idea, no? Ed è solo una delle tante, visto che le opzioni sono davvero moltissime.

Speriamo di riuscire a "imbroccare" le migliori.

Simone

23/03/15

Poche notizie, buone notizie?

E intanto butto anche soldi per libri agghiaccianti.
Scusate se è un po' che non mi faccio sentire.

Volevo dedicare un post alla conferma dell'iscrizione all'albo, solo che ancora non è avvenuta. Per cui ad aspettare un altro po' il dominio scadeva, la gente iniziava a darmi per disperso e perdevo pure i pochi lettori che mi sono rimasti.

Per voler essere proprio un tantinino quasi polemici, da dopo la laurea ho pagato esame di stato, iscrizione all'ordine, dovrò pagarmi previdenza, assicurazione, master e corsi vari obbligatori... e tutt'ora dalla laurea a Luglio non posso ancora nemmeno esercitare.

E insomma, poi non è che per fare qualsiasi altro lavoro non si debba pagare o non ci siano rotture di palle. È un po' una cosa che ormai vale per tutti, e stare qui a lamentarsi dell'ovvio mi pare pure un po' inutile. Per cui, passiamo oltre.

Per il resto proseguo il tirocinio, proseguo il master, ho comprato un libro per la preparazione del concorso di specializzazione e ho iniziato a frequentare l'ambulatorio di cardiologia per cercare di imparare un po' meglio a fare le ecocardiografie.

In realtà in ambulatorio sono stato una sola volta. Che un po' non ho avuto tanto tempo, e un po' vorrei migliorare negli ecocardio ma non è che sia la cosa che mi appassiona più di tutte al mondo in assoluto.

Però, insomma: potremmo dire che almeno questa era una novità, e che valeva la pena aggiornare il blog almeno per dirvelo? Mah, non lo so. L'iscrizione all'albo sarebbe stata meglio.

Diciamo che ormai ci siamo quasi. Per cui sarà - spero - per la prossima volta.

Simone



10/03/15

Un po' (quasi) confuso.

Ecco: io la vedo - più o meno - così.
Ha detto bene uno dei commentatori allo scorso post (Raffaele): ma tu non eri per non fare la specializzazione?

In effetti il discorso dell'ultima volta sembrerebbe indicare una mia decisione di specializzarmi. O per lo meno la volontà, ecco.

Mentre tante altre volte avevo detto di voler lavorare come medico senza cercare di entrare in specializzazione prima.

Il fatto insomma è che sono abbastanza sul confuso spinto.

In pronto soccorso vado sempre, ma oltre a frequentare la parte di medicina d'urgenza frequento anche la chirurgia, un pochino anche i radiologi e - quando c'è l'occasione - il triage. Insomma mi piace molto l'ambiente del DEA, ma non riesco più di tanto a inquadrarmi dentro una branca in particolare.

Ho la sensazione di aver imparato - e di stare imparando - un'infinità di cose, ma poi mi domando: e dopo? Cioè, a cosa mi serve saper fare un po' di tutto, se poi non c'è un posto dove mettere questo un po' di tutto in pratica?

Che poi finché si tratta di dare una mano o di seguire i pazienti per conto di qualcun altro è tutto facile. Ma l'idea di ritrovarmi di punto in bianco a fare tutto da solo e ad avere tutte le responsabilità un po' mi spaventa, e un po' penso semplicemente di non esserne ancora in grado.

Ci sono persone che appena laureate prendono e fanno guardie, salgono in ambulanza, fanno sostituzioni... ma, bo'?! Saranno dei geni loro.

Io credo di aver bisogno di una "via di mezzo" tra il non aver alcun ruolo, e l'essere il primo in carica. Quello spazio che in linea di massima viene attribuito insomma agli specializzandi, e che appunto è una sorta di ponte tra l'essere studente e l'essere un professionista indipendente in tutto e per tutto.

Ma come dico sempre, l'idea della specializzazione è poco allettante.

Entrare a medicina d'urgenza è difficilissimo per via dei pochi posti. Le chirurgie sono più abbordabili, ma dovrei quasi sicuramente andare in un'altra città e di finire 5 anni - se mi dice bene - in una scuola che non mi piace, dove magari dormo 3 ore a notte e finisco col non imparare niente non è certo un progetto di vita esaltante.

Insomma, bo'?! Vorrei specializzarmi, ma non vorrei quasi nemmeno provarci. Sono un po' confuso, e non so tanto bene dove andare a parare.

Intanto aspetto l'iscrizione all'albo (dovremmo quasi esserci, si spera) e proseguo a studiare l'ecografia, a seguire il master e a fare pratica. Ma mi domando sempre di più se poi appunto tante cose le farò davvero, o se è solo un modo di fare medicina che rimpiangerò quando mi toccherà accontentarmi di quello che passa il convento.

E - per chiarire - non mi preoccupa il trovare lavoro in sé. Il lavoro come medico anche non specialista si trova, questo mi pare più che evidente.

Quella che al momento non vedo, è l'occasione di iniziare a lavoricchiare in qualche posto che davvero mi piace, senza rischiare di combinare qualche casino e avendo inoltre la possibilità di continuare a imparare. Mi manca un obiettivo a lungo termine, ecco.

Continuo a frequentare l'ospedale pensando che probabilmente nella sanità pubblica non lavorerò mai e dovrò inventarmi qualcosa da qualche altra parte. E se all'inizio ero partito con l'idea che dopo la laurea non avrei fatto chissà che cosa ma sarei stato comunque contento, arrivato a questo punto vorrei puntare al percorso migliore e più gratificante... ma che per il momento non so proprio quale sia.

Insomma sono un po' confuso. Che tutto sommato nella situazione attuale del neo-laureato medio potrebbe essere più che normale, e anzi sono sicuro che i dubbi degli altri miei colleghi appena abilitati saranno più o meno gli stessi.

E vabbe': quello che volevo dirvi l'ho detto. Andiamo avanti, e vedremo che sorprese ci porta il futuro.

Simone

03/03/15

Che specializzazione fai?

Giovani meditano se fare i pediatri o i minatori.
Il titolo non è l'argomento del post, ma è una domanda che mi sento ripetere un po' in continuazione.

Che poi non è manco esatto. La domanda che mi fanno più spesso è: "che specializzazione HAI", che è diverso dal "FAI". Perché ovviamente - e giustamente, direi - chi non mi conosce immagina che alla mia età dovrei per lo meno o più che altro almeno da qualche parte essere entrato.

Poi insomma una volta che ho spiegato che mi sono laureato appena appena poco tempo fa (giusto i 7-8 mesi abbondanti che ha richiesto l'abilitazione) una risposta tocca comunque dargliela... e allora sto un po' inguaiato.


Diciamo che al momento propendo per la medicina d'urgenza. Anche se a dirla bene tutta frequento anche il pronto soccorso "chirurgico" (parte della medicina d'urgenza, nell'ospedale dove faccio tirocinio, è affidata ai chirurghi) e la radiologia... che pure lì se serve un'ecografia la fa il radiologo, anche se poi tutto sommato è sempre il medico d'urgenza che se ne dovrebbe occupare.

Aggiungiamo pure il fatto che i chirurghi si riferiscono spesso a me con l'epiteto di: "voi internisti". Perché insomma l'idea è che in pronto soccorso ci sta il medico internista, e pure se le cose sarebbero leggermente cambiate per molti sempre internista rimani.

Insomma un po' non lo so io che voglio fare, un po' non lo sanno nemmeno gli altri. Diciamo che la mia risposta è "mi piacerebbe lavorare in pronto soccorso". Che nelle idee fantasiose dell'immaginario collettivo magari viene fuori un qualcosa che assomiglia più a un rianimatore... e così come specializzazioni totali siamo a 5:

Medicina d'urgenza, anestesia, chirurgia d'urgenza, radiologia, medicina interna. Diciamo una di queste.

Che poi adesso pare che le scelte possibili, col prossimo concorso, saranno solo 3. Per cui immaginando 1 sola scelta per "tipologia" di scuola (medicina, chirurgia o servizi) verrebbe fuori:

Medicina d'urgenza, chirurgia d'urgenza, radiologia.

Però poi pensando alle possibilità e ai posti disponibili, al fatto che radiologia manco mi piace tanto e che la chirurgia d'urgenza non esiste più, avremmo:

Medicina interna, chirurgia generale, anestesia.

Insomma, come vedete è un po' una grossa incognita anche solo scegliere per che scuole concorrere. Le possibilità però tutto sommato si limitano a queste. A meno di non ripensarci e mettere come scelta anche qualche scuola davvero meno "gettonata", così da avere più possibilità di entrare.

E il tutto sempre - e ovviamente - a ricarico delle date e delle decisioni ministeriali per il prossimo concorso, che intanto per ora è già slittato a fine luglio.

Comunque sia, dopo questa lunga riflessione ho forse le idee un po' più chiare. E quando mi chiedono "che specializzazione fai" potrò dargli una stampa di questa pagina o - più semplicemente - aprire il blog sul telefonino e farglielo direttamente leggere... risultando sicuramente simpaticissimo, nonché anima della festa.

Quasi.

Simone

15/02/15

Il secondo esame di stato.

Ri-abile... e ri-arruolato. Non mi è venuto niente di meglio.
Che poi a dire proprio il vero è il terzo, che l'esame di stato da ingegnere l'ho fatto due volte che alla prima sono pure riuscito a farmi bocciare.

Comunque sia, ero partito per scrivere un post melodrammatico e strappalacrime su tutto questo percorso iniziato un casino di anni addietro con la decisione di voler provare l'esame di ammissione per medicina e - quasi - concluso un paio di giorni fa, quando ho saputo di aver superato l'esame di abilitazione.

Solo che il "quasi", specie su questo blog, è d'obbligo.

E se è vero che ormai sono un dottore fatto e finito (in senso si spera buono), è pure vero che il percorso per trovare una sorta di collocazione nel vastissimo mondo della sanità e della medicina è appena iniziato, e c'è ancora molta strada da fare.

Insomma tanta soddisfazione, la sensazione di aver concluso almeno una tappa importante, ma la consapevolezza che anche con il (secondo) pezzo di carta appeso al muro e il tesserino del (secondo) ordine - che tra l'altro avrò tra almeno una mesata - non è che si sia realmente concluso ancora nulla.

Pure per questo ho smesso di aggiornare il blog vecchio, sulla seconda laurea. Perché da qui in poi inizia una strada fatta di opportunità, tentativi, esperienze e quant'altro, ma mettere di nuovo un "punto" e la parola "fine" non sarà mai probabilmente possibile, mentre mi piaceva che quella esperienza di 6 anni di studio restasse così com'è, senza altre lungaggini e aggiunte sostanzialmente inutili.

Ora come già detto l'altra volta sto seguendo il master in medicina d'urgenza. Alcune lezioni più interessanti di altre, e la strana coincidenza di seguire una lunghissima trattazione sulle linee guida da applicare in corso di aritmie, e il giorno dopo - in pronto soccorso - trovarsi di fronte a una di quelle aritmie affrontata proprio seguendo le linee guida sopra-citate.

Non che certe cose non capitino un po' tutti i giorni. Ma è stato un caso talmente eclatante che non poteva non rimanermi impresso. E se un tempo avrei scritto un lungo racconto stile "avventure di un giovane ingegnere-medico" per raccontarvi la cosa, almeno per oggi vi basti sapere che sono uscito dall'ospedale che ero fisicamente devastato ed emotivamente carico di non so quante emozioni diverse. E rendendomi conto per l'ennesima volta che nella vita non avrei potuto voler fare veramente nient'altro.

Così insomma andiamo avanti. Non so se farò il concorso per la specializzazione, non so se finirò il master (che per dire se entro in specializzazione dovrò abbandonare), non so se troverò lavoro come medico, non so se diventerò bravo... non so insomma fin troppe cose di quello che mi aspetta da qui a qualche mese o anno. Il post-laurea e il post-abilitazione in medicina sono un enorme e insondabile e misterioso viaggio nell'incertezza.

Comunque la conferma di aver fatto la scelta giusta è arrivata per l'ennesima volta, e per l'ennesima volta sono contento. Direi che, almeno per ora, può anche bastare.

Simone