31/03/09

Perchè il mondo di oggi fa meno schifo del mondo di 20 anni fa.

Se vi capita di leggere qualche nuovo libro, di bazzicare su forum, blog e siti internet, o se avete addirittura l'ardire di guardare il telegiornale, potreste provare la stessa mia impressione di ritrovarvi in mezzo a una vera e propria epidemia di pessimismo catastrofico e senza speranza.

Molta gente appare sinceramente convinta che il mondo vada di male in peggio, e che ogni volta che sorge il sole la vita faccia quel tantinello che basta più schifo di quanto già non facesse il giorno precedente. Saremmo insomma in una sorta di parabola discendente, destinati a un futuro oscuro e deprimente da cui nessuno ci salverà: nemmeno i nostri eccellenti e stimati politici.

Una volta non era così, ma oggi siamo tutti molto più negativi... vedete? Ci stavo quasi cascando pure io (e penso anche di averlo fatto, magari sul post sui giovani di qualche tempo fa) mentre l'intenzione che ho in questo momento è di fare esattamente il contrario: convincervi che il mondo odierno fa molto meno schifo di quello di qualche anno fa, anche se forse in questo momento siete convinti del contrario.

Perché il mondo di oggi fa meno schifo di quello di 20 anni fa:


- Una volta non c'era la posta elettronica, non c'era il telefonino, non c'era MSN e non c'era nemmeno Facebook: i rompicoglioni ve li ritrovavate direttamente dentro casa.

- Negli anni '80, se ti venivano certe malattie eri decisamente fottuto. Oggi su certe cose stiamo messi meglio, e hanno anche inventato dei sistemi per capire in anticipo se state per ammalarvi, così da iniziare eventuali cure il più presto possibile.

Se poi fingete di non ricordare dove vi hanno infilato quel tubo di due metri, il vostro ottimismo ne uscirà ancora più accresciuto.

- 20 anni fa c'erano i Duran Duran, gli Spandau Ballet e i Pet Shop Boys (credo).

La musica di oggi fa estremamente più schifo. Però possiamo sempre riascoltare quella degli anni '80 e '90, e tra l'altro possiamo anche scaricarcela senza pagare un caz... volevo dire (prima che mi arrestino): senza pagare nulla più dei giusti e dovuti diritti d'autore, ovviamente.

- Non c'erano i call center, e la gente vi suonava alla porta per cercare di vendervi della roba che non volevate.

- Ancora pochi anni fa, se cercavate delle informazioni vi toccava guardare su un'enciclopedia o - vade retro! - andare in biblioteca.

Adesso basta una ricerca su Wikipedia, e avrete subito tutte le informazioni di cui sentivate il bisogno... anche se probabilmente saranno sbagliate.

- 20 anni fa le macchine avevano una levetta per l'aria, e quando faceva troppo freddo non si mettevano in moto. Oggi se la macchina non parte non avete idea di cosa possa essere successo, e l'unica è chiamare il carroattrezzi.

Però non vi tocca tirare nessuna levetta.

- Prima c'erano gli occhiali spessi 5 centimetri e le lenti a contatto che vi bruciavano gli occhi, e leggere un libro per acculturarvi era una tortura. Ora c'è la chirurgia col laser e le lenti a contatto usa e getta (che io non porto per cui non ho idea se siano o no un miglioramento) e per acculturarvi - coi libri che stampano adesso - vi basta semplicemente non leggerli.

- Una volta, quando scoppiava una guerra, la gente assaliva i supermercati per fare la scorta di provviste. Oggi quando c'è la consueta guerra annuale la gente corre a comprarsi il decoder per vederla in televisione, e se la finale di coppa capita lo stesso giorno - giustamente - s'incazza.

- Negli anni '80 c'era il Nintendo che aveva una grafica schifosa e i giochi erano tutti uguali. Oggi c'è sempre il Nintendo e i giochi sono sempre gli stessi, uguali e identici. La grafica, però, fa un po' meno schifo.

- Per vedere un paio di tette toccava guardarsi Colpo Grosso o - al bisogno - i film di Pierino. Oggi se scrivete tette su Google ne trovate talmente tante che finirete con l'annoiarvi.

E poi, tanto per concludere con le solite battute per nulla originali:

- 20 anni fa scrivevo i temi, facevo i disegnini sul diario o - al limite - buttavo giù gli abbozzi dei miei primissimi racconti, che purtroppo non potevo mettere online.

Oggi qualsiasi boiata mi viene in mente la scrivo direttamente sul PC, così poi posso metterla sul blog e farvela leggere.

Tra altri 20 anni avrò un proiettore olografico con cui entrerò a casa vostra, vi leggerò i miei post ad alta voce mentre cercate di dormire e mi fregherò anche la spesa dal frigorifero mentre voi siete in bagno.

E con la prospettiva di un futuro del genere, come potete non essere tremendamente ottimisti?

Simone

27/03/09

La quasi esistenza di Dio (seconda parte).

Ed eccovi le rimanenti domande esistenziali, con relative risposte.

DOMANDA ESISTENZIALE NUMERO 4: ma qualcuno Dio l'ha mai visto?

VeEPRT: veramente no, però ci sono un sacco di persone che dicono di averci parlato (anche se è tutta gente un po' strana).

VeAAMR: visto cosa?!

DOMANDA ESISTENZIALE NUMERO 5:
ma qualcuno ha mai visto - non dico infiniti universi - ma, diciamo, almeno un paio?

VeEPRT: l'esistenza di Dio non pregiudica l'esistenza di altri universi al di fuori del nostro. Forse il modus operandi della creazione è proprio la casualità... ma questo aprirebbe tanti di quegli infiniti problemi filosofici (altro che gli universi!) che di parlarne non ci penso nemmeno.

VeAAMR: la scienza ricava le sue deduzioni dall'osservazione dei fenomeni naturali. Per esempio non abbiamo mai visto un buco nero, ma sappiamo dell'esistenza di questi corpi celesti (ma non erano neri?) per il modo in cui si comporta la luce nelle loro vicinanze. Tirare in ballo Dio non ha senso, perche oltre che inutile è un concetto astratto e irreale... mica come l'infinito!

DOMANDA ESISTENZIALE NUMERO 6:
cosa c'è dopo la morte?

VeEPRT: l'aldilà, al di là o al dilà o ancora come si scrive. Il paradiso, l'inferno e una o più vie di mezzo a seconda di come ci gira. Oppure rinasci, oppure ti reincarni in qualcos'altro a seconda di come ti sei comportato, o in maniera del tutto scorrelata da come ti sei comportato. Oppure ti dissolvi nell'infinità del Nirvana.

Oppure dopo un po' resuscitiamo tutti, e litighiamo con chi ci ha messi sotto con la macchina o che ci ha fatti secchi con un missile o con una fucilata, così finisce che riprendiamo a scannarci di nuovo e poi di nuovo ancora ci tocca resuscitare e riscannarci per la terza, quarta, quinta volta e così via all'infinito. Oppure anche niente, perché comunque non si sa mai.

VeAAMR: niente. E non so se il punto di vista precedente fosse più accettabile... però di sicuro era più divertente.

DOMANDA ESISTENZIALE NUMERO 7:
come nascono il pensiero e l'autocoscienza?

VeEPRT: Dio mette un'anima nel corpo di quasi ogni essere vivente (anche questo dipende dai punti di vista) e l'anima è la nostra essenza e la parte in grado di pensare, provare emozioni e guardare stupidi programmi televisivi.

Perché Dio abbia fatto una cosa tanto complicata nessuno lo sa. Volevo aggiungere che tanto non è un problema nostro... ma ho proprio paura che invece, almeno un pochino, lo sia.

VeAAMR: il pensiero è il prodotto di fenomeni chimici che avvengono all'interno del cervello, e la coscienza è generata da impulsi elettrici. Per cui, chi lo sa: forse alla nostra sveglia dispiace svegliarci la mattina, le macchinette digitali sono scandalizzate dalla gente che si fotografa il pisello per metterlo su Facebook (be', qualcuno lo farà!) e se metti abbastanza computer in rete viene fuori una specie di entità in grado di conquistare il mondo e succhiare la vita alla gente.

Che poi, in effetti, sarebbe Internet.

Simone

APPENDICE

Per rispondere a Dio, che in effetti ha lasciato un commento dicendosi insoddisfatto delle risposte che sono state date, aggiungo:

DOMANDA ESISTENZIALE NUMERO 8: ma insomma, Dio esiste oppure no?

VeEPRT: sì.

VeAAMR: no.

Risultato finale, ovviamente: quasi.

26/03/09

La quasi esistenza di Dio.

Be', se davvero starete leggendo queste righe all'interno di un mio futuro prossimo libro (cosa estremamente meno probabile del fatto che Dio - oltre a esistere davvero - lasci un commento a questo post) direi che sia giunto il momento di offrirvi qualcosa che vi ripaghi del prezzo di copertina.

Vi rivelerò insomma l'esistenza o non esistenza di Dio (la quasi esistenza, insomma) rispondendo a (quasi) tutte le più importanti domande esistenziali. Così potrete dire che avete letto un libro un po' noiosetto, ma dai contenuti di un certo livello.

Se invece il libro non dovesse mai essere stampato e vi limiterete a leggere queste cose sul mio inutile blog, be'... ancora meglio per voi: la roba che ho scritto resta sempre quella, ma non dovrete darmi nemmeno una lira.

La quasi esistenza di Dio.

DOMANDA ESISTENZIALE 1: come è nato l'Universo?

Versione esistenzialista/possibilista/religiosa/teleologica (da qui in poi soltanto VeEPRT, per fare prima): l'universo è stato creato da un'entità superiore, che ha dato origine al tutto. Anzi, Tutto maiuscolo, che è più melodrammatico. Resta il problema di chi ha creato questa identità superiore, apparentemente sbucata fuori dal nulla.

Magari potremmi dire che l'ha creata un'altra entità ancora più superiore della prima, e così via una dietro l'altra fino ad arrivare all'ultima, che effettivamente sarebbe il Dio ufficiale. Gli altri sono solo dei sottoposti e - se volete sapere una cosa un po' buffa - almeno un paio di loro sono atei.

Versione agnostica/atea/meccanicistica/razionalistica (da qui in poi VeAAMR): l'universo deriva da un uovo cosmico che, contenendo inizialmente tutta l'energia del creato (creato nel senso di esistente, non nel senso che qualcuno l'ha creato davvero) a un certo punto è scoppiato sparpagliando universo da tutte le parti.

Ci sarebbe da chiedersi da dove sbuchi fuori quest'uovo cosmico, che accidenti voglia significare che l'energia era tutta concentrata e - tanto per essere pignoli - che cosa c'era prima.

La risposta è che il tempo è nato col Big Bang, per cui non abbiamo bisogno di inventarci (volevo dire: studiare) una situazione antecedente, che evidentemente non c'è mai stata.

DOMANDA ESISTENZIALE NUMERO 2:
come è nata la vita?

VeEPRT: Dio ha creato la vita, perché gli andava di farlo. Tra l'altro, oggi come oggi molte religioni accettano anche l'evoluzionismo, per cui ci hanno fregato su tutta la linea.

VeAAMR: la vita si è creata, per caso, da un brodo primordiale. Poi per caso la vita ha deciso di autoreplicarsi, e sempre per caso è uscito fuori il DNA. Una serie di eventi casuali ha portato alla formazione di esseri via via più complessi, che per caso hanno tirato fuori noi.

Dopo un altro po', per caso, io ho scritto questa roba. Poi voi ve la siete ritrovata tra le mani e sempre magari per caso ve la state anche leggendo: in questo caso (solo l'ennesimo della catena) credo che - oltre che di semplice casualità - si possa parlare apertamente di sfiga.

DOMANDA ESISTENZIALE NUMERO 3: No, senti, davvero: come è nata la vita?

VeEPRT: tante religioni parlano di situazioni particolari che, alla lunga, hanno portato a una specie di equilibrio cosmico per cui la vita esisterebbe come parte di un meccanismo molto più complesso. Insomma, sceglietevi una religione e poi chiedete a loro!

VeAAMR: il fatto che un evento casuale sia molto improbabile non significa che questo non sia possibile, e il tutto si risolve col non-paradosso (non so come altro dirlo) che - se l'evento vita non si fosse verificato - noi come esseri umani non potremmo essere qui a verificarne l'effettiva improbabilità.

E qui nessuno si sta arrampicando sugli specchi: tra l'altro non ve l'avevamo detto, ma esistono infiniti universi tra cui - ovviamente - anche quello in cui esistiamo noi. E il problema è risolto.

Il resto delle domande esistenziali ce l'avrete la prossima volta, che se no il post non finisce più!

Simone

24/03/09

Lo scrittore che si segnala (quasi) da solo.

Mini aggiornamento per avvisare i miei ben 53 lettori (di cui 50 saranno bot e spider di google) che da oggi fino a quando non mi cacciano scriverò anche su Cabaret Bisanzio, un blog collettivo pieno di persone interessanti in cui mi hanno invitato perché ho un omonimo figo su Facebook, e la gente pensa che sono io.

Su Cabaret Bisanzio scriverò giusto uno o due interventi al mese. Non so ancora di cosa parlare di preciso, per cui per il momento tratterò temi analoghi a quelli di questo blog (anche se non ho capito bene neanche io quali siano) oppure riciclerò i post avanzati dal blog vecchio, ma con l'idea di spostarmi un po' su qualcosa di diverso.

Vi elenco anche quali sono gli altri autori, così magari qualcuno che cercava loro trova me e mi sono fregato un lettore:

LA REDAZIONE:

Edo Grandinetti, Antonio Pagliaro, Sauro Sandroni

Gli autori:
Ludovica Anselmo, Bruno Ballardini, Leonardo Bianchi, Elisa Bolchi
Benny Calasanzio, Nicolò La Rocca, Francesca Mazzucato
Elisabetta Rubicone, Cav. Marcello Stacchia, Filippo Staderini

Le "new entry"
(tra cui appunto ci sto io):
Enzo Baranelli
Luigi Bernardi
Antonio Bonventre
Diderot
Micol
Simone Maria Navarra <<<---- ^^
Rael
Alice Scolamacchia

Il sito ovviamente lo trovate qui!

Simone

P.S.

Come avrete notato (be', qualcuno lo avrà notato ^^) ho fatto un casino e sono partiti tutti i commenti. Scusate ^^.

23/03/09

Azmera, Babatunde, Dio, il preservativo e - soprattutto - l'AIDS.

Babatunde vive in un ridente paesino dell'Africa.

È un posto un po' fuori mano, appena circondato dalla Savana e con un ospedale a soli centottanta Km di distanza, una missione di frati da qualche parte difficile da raggiungere e ben tre o quattro pozzi d'acqua a non più di sette o otto Km da casa sua.

In realtà Babatunde ha un gran culo, perché pur vivendo in Africa il suo paese è bene o male un posto accogliente: c'è un massacro solo una o due volte l'anno, gli integralisti religiosi mettono giusto una bomba ogni tanto e l'attuale dittatore è buono e non tortura i suoi nemici troppo a lungo prima di ucciderli.

Fortuna delle fortune, vicino casa di Babatunde ha aperto la sede di una grande ONG famosa e nel suo quartiere sono state avviate una serie di campagne volte a salvare il futuro dell'intero continente africano nel giro di soli sei-sette, al massimo nove secoli.

Quella sera, Babatunde stacca presto da lavoro (fa il consulente immobiliare in un punto della savana particolarmente desolato, e non è che abbia molti clienti) fa un salto a conoscere quelli della ONG e poi torna di corsa a casa con in testa delle idee molto particolari...

«Da adesso in poi dobbiamo trombare solo col preservativo» dice alla moglie «Così poi non ci prendiamo più l'AIDS... e soprattutto non tiri fuori il dodicesimo ragazzino, che già non c'abbiamo i soldi per sfamarne nemmeno uno».

Ma Azmera, come tutte le mogli del mondo, trova subito qualcosa da ridire:
«Il Papa ha detto che non devi usare anticoncezionali, se no vai all'inferno. Insomma da oggi in poi non si tromba più e basta, fine della storia».

«Ma senti, io l'ho capito che Dio è buono e misericordioso... però già c'abbiamo le malattie, il deserto, la guerra, l'inquinamento, il regime, la disoccupazione, la fame, la siccità, la morte, i cellulari che non prendono mai e un satellite con dei canali bruttissimi. Pure Lui, almeno una cosa poteva lasciarcela!»

«No» Azmera è inflessibile. «Se vuoi trombiamo senza preservativo, ma se poi ti prendi l'AIDS sono affari tuoi».

«Ma se nessuno di noi è malato che pericolo c'è? Tu non avrai mica degli amanti, vero?»

La donna si stringe nelle spalle.
«In questo momento solo sette o otto, ma dipende da quanto lavoro ho. E tu?»

«Io ti sono sempre stato fedelissimo! Faccio giusto qualche stupro durante i saccheggi e le guerre civili, ma uso sempre il preservativo anche lì: sono una persona pulita, io!»

«Tra l'altro» aggiunge Azmera. «A sposarci è stato quel tizio che va in giro con la maschera e il gonnellino di paglia, e il prete mi ha detto che non vale: non siamo davvero marito e moglie, per cui alla fine non possiamo trombare mai in nessun caso. Anticoncenzionali o no».

Babatunde sta davvero per uscire dai gangheri.
«Senti: adesso vado in farmacia, prendo il preservativo e lo usiamo lo stesso. Sono solo centottanta km a piedi, che vuoi che ci metta ad andare e tornare?»

«E dove li prendi i soldi? Una scatola costa tipo 12 euro, e te 12 euro li guadagni in sei mesi!»

«Ah no! I preservativi te li regalano: hanno detto che solo adesso ne hanno portati un milione dall'Europa. Qui siamo solo 33 milioni di malati, per cui un preservativo su 33 fa...
L'uomo ci pensa un po', poi si ricorda che non è mai andato a scuola, e non sa fare le divisioni.
«Non me ne frega niente» conclude. «L'importante è che trombo almeno io!»

«Ma che gentili questi europei!» commenta la donna. «Pensa che hanno anche delle medicine che ritardano la malattia: muori dopo 30 anni, e se pensi che qui da noi la vita media è di 20...»

«Ma quali medicine! Lo sai quanto costerebbe curare tutti? Almeno quanto un paio di quegli aerei che ogni tanto vengono giù e distruggono tutto. E poi non vorrai mica che taglino la ricerca per i gas letali e le mine antiuomo solo per curare l'AIDS!»

«Ho capito» sospira Azmera. «Però uno della ONG che ci capiva un po' di più mi ha detto che, se la gente smettesse di aspettare che lo risolva qualcun altro, forse il problema si risolverebbe davvero. Secondo un prete simpatico, poi, sarebbe meglio fare sesso sempre con la stessa persona per tutta la vita. Però il preservativo possiamo comunque usarlo, perché Dio non vuole che muoriamo d'AIDS».

Babatunde ci pensa un po', e poi scuote la testa.
«Non lo so. Comunque per oggi lasciamo stare, che ormai s'è fatto tardi: domani viene il controllo per la 626, e se trovano qualcosa fuori posto ci uccidono tutti...
«Meglio che andiamo a dormire».

Simone

20/03/09

La vita e il casino.

Il mio nipotino di un po' meno di due anni, ha scoperto un nuovo gioco.

Si tratta di un affare chiamato mischia carte automatico: metti le carte in due scompartimenti laterali, premi un tasto che sta in basso e due rotelline di plastica raccolgono le carte e le lasciano in un'apertura che si apre sul davanti.

È forse uno degli oggetti più inutili che abbia mai posseduto (ma non è detto: ricordate il post sulle cose inutili che mi riempiono la casa?) ma come giocattolo è perfetto. Puoi mettere le carte ai lati e riprenderle dal cassettino (cosa che in effetti rispecchia l'uso per cui l'oggetto è stato ideato) puoi mettere le carte nel cassettino e spingerle e piegarle fino a farle riuscire sui lati, e ancora puoi inventarti un sacco di altri giochi che il progettista iniziale non avrebbe nemmeno potuto immaginare.

Il fatto è che nel cassettino dove finiscono le carte c'è anche una specie di contenitore trasparente: l'idea è che il mazzo si riassembli lì dentro, così da poterlo estrarre tutto bello ordinato e senza smontarlo. La prima cosa che ha fatto mio nipote, però, è stata di prendere il contenitore e di buttarlo da una parte, lasciando che le carte si sparpagliassero ovunque.

Chissà perché, invece, qualcosa dentro la mia testa vorrebbe che le carte restassero sempre impilate... e ovviamente tutte dallo stesso verso: guai se ci fosse una regina dal dorso sopra a un fante messo dall'altro lato! Sarebbe uno scandalo per tutti i fiori picche quadri e cuori quanti sono, e la reputazione dell'intero mazzo ne verrebbe rovinata.

«Zio te l'ha rimesso a posto» dico, porgendo le carte ben ordinate a mio nipote.

Lui però prende il mazzo con poca grazia, lo sbatte per terra e poi con quella manina che pare un francobollo spalma le carte su tutto il pavimento.

E vabbe': ripetiamo tutto da capo. Le carte vengono mischiate e riunite nel cassettino, io le sistemo e le passo al nipotino, e lui di nuovo le sparpaglia da tutte le parti, come se l'ordine fosse un errore. La cosa succede... non so, altre sette o otto volte (sono un po' lento, mi sa) ma alla fine ci arrivo: a lui l'ordine piace poco, e preferisce di gran lunga il casino.

Mi chiedo come faccia un bimbo così piccolo ad avere dei gusti tanto definiti, al punto di riconoscere e modificare una cosa che gli sembra fuori posto, e la risposta - stranamente - arriva subito: è nato da talmente poco che non siamo ancora riusciti a fregarlo, a farlo pensare come un adulto. Il casino gli sembra semplicemente la condizione più naturale in cui devono trovarsi le cose.

In fondo, è lo stesso concetto che usa la natura quando mischia, rimischia e alla fine sparpaglia le varie caratteristiche genetiche di ogni essere che deve nascere, sperando che ne venga fuori qualcosa di buono. Forse è anche lo stesso motivo per cui ogni assolutismo, ogni legge ingiusta, ogni obbligo e ogni omologazione finiscono sempre per sparire.

La vita si auto-genera mettendo ordine in sistemi termodinamici che altrimenti si estinguerebbero (l'ho veramente tagliata con l'accetta, questa). Però nel suo ordine cerca comunque la varietà, un elemento di indeterminatezza su cui far leva per fregare tutti ancora una volta, e continuare a esistere.

Mi scuoto dalle mie elucubrazioni assurde: mio nipote ha scoperto che sparpagliare le carte non è più tanto divertente, e adesso è concentratissimo nel posizionarle una sopra all'altra nel cassetto del mischia carte automatico. L'esatto contrario di quello che stava facendo prima.

Che fregatura: per un attimo credevo di aver capito qualcosa della vita o - per lo meno - di mio nipote...

E invece entrambi mi hanno fregato di nuovo.

Simone

18/03/09

Il professore più cattivo del mondo.

Quando studiavo Ingegneria, 15 anni e rotti fa, il professore più cattivo del mondo ha insistito affinché il suo esame rimanesse annuale anche dopo l'inserimento dei corsi semestrali: se no poi gli studenti lo passavano troppo presto.

La prima volta che, durante una lezione, qualcuno gli ha fatto una domanda, l'ha umiliato pubblicamente davanti ad altri 300 studenti. Nessuno ha più chiesto nulla per i restanti sei mesi.

A Geometria facevano tutti casino, ad Analisi facevano tutti casino e via così per tutti gli altri corsi. Durante le sue lezioni, stranamente, non volava una mosca.

Secondo il mio professore, della gente rastrellata a caso per strada avrebbe avuto una media più alta della nostra. Cosa che del resto era vera.

Secondo lui, se una volta iscritto al primo anno di Ingegneria ancora non sapevi risolvere gli integrali, eri meritevole di essere preso a parolacce.

Ci raccontava spesso aneddoti sulla sua materia: tutte storie in cui
qualcuno moriva, o provava almeno a suicidarsi.

Si auto-attribuiva la paternità di innumerevoli leggende metropolitane sui professori, tra cui:

- Il giovane assistente che, al telefono col maggiordomo del più potente barone mai esistito (e con il quale evidentemente aveva avuto qualche screzio) si presenta con tanto di nome e cognome e poi aggiunge: il professore non c'è, dice? E allora gli lasci detto di andare affanculo.

- Il professore che, durante la lezione, annuncia: fuori c'è un nero con un pisello gigante. Le studentesse escono in blocco sdegnate, e lui: eh no, ragazze! Una alla volta.

- Libretti dalla finestra non ne tirava, ma solo perché l'aula era al seminterrato e le finestre non ci stavano.

Se ti beccava a copiare non è che ti bocciava: ti metteva direttamente le mani addosso.

«Embè?» mi disse, quando gli feci notare che due corsi dello stesso anno si tenevano negli stessi orari per evidenti errori organizzativi. «Segui 'na volta uno, e 'na volta l'altro».

Agli scritti dava le misure in once, nano-pollici, nodi astrali e dobloni Aztechi, così poi stavi un'ora solo a trasformarle in metri, chilogrammi e secondi. Tra l'altro metteva delle informazioni in eccesso, solo per farti sbagliare.

Se provavi a consegnare più di un foglio, quello in più lo buttava per terra e ci camminava sopra dandoti dello stupido idiota prolisso.

Agli orali, se una ragazza piangeva, si divertiva a farla piangere ancora di più.

Quando bocciava qualcuno per la seconda o terza volta puntava le braccia sui fianchi, rideva di gusto e sentenziava: ah ah ah, non diventerai mai ingegnere!

Aveva una maglietta con sopra il numero di Avogadro, con tutti e 23 gli zeri (o quanti erano) scritti sulla pancia e fino a dietro la schiena... e tutti noi sfigatissimi studenti di ingegneria ne avremmo voluta una uguale.

Il suo corso era suddiviso in 4 esoneri, e i miei voti sono stati: 31 (giuro!) 27, 20 e un onestissimo 18 finale.

Alla fine, gli è toccato bocciarmi all'orale.

Simone

16/03/09

Il malessere dei (quasi) giovani d'oggi.

Secondo me la mia generazione, quella dei più o meno 30enni di oggi, non vive troppo bene.

Non è una situazione di povertà, o un malessere fisico, e anzi rispetto a tutti quelli che sono vissuti prima di noi nella storia dell'umanità ce la passiamo alla grande. Però se vedo i miei amici, o anche a guardare me stesso, ho come la sensazione che ci sia qualcosa di profondamente sbagliato.

Saranno le immagini con cui ci hanno bombardato fin da ragazzini. I troppi fumetti e il cinema. Forse i computer, la pubblicità, i cartoni animati... o anche qualcosa che è troppo più difficile da individuare. Magari qualche notizia passata al TG e che ci ha sconvolti tutti, creando una sorta di trauma generazionale senza che i nostri genitori, gli adulti di allora, se ne accorgessero.

Un ragazzino della tua età è caduto in un pozzo, nessuno poteva salvarlo ed è morto. Un ragazzino della tua età non aveva da mangiare, nessuno lo ha aiutato ed è morto. Un ragazzino della tua età è finito sopra una mina ed è morto. Aveva la tua età, non c'era niente da fare ed è morto. Morto morto morto.

E io ricordo che davvero ci stavo male: m'immaginavo incastrato dentro a un pozzo buio e umido. Minacciato dai bombardamenti, sgozzato dai terroristi, malato, rapito, morto di fame, orfano e abbandonato e non so in che altra situazione disperata. Di me non sarebbe fregato niente a nessuno, e sarei morto solo e disperato.

Oppure sarà colpa di qualcosa legata al sesso, o magari ancora questo assurdo bisogno che ci hanno inculcato di apparire a tutti i costi senza però, allo stesso tempo, fare qualcosa che ci distingua realmente dagli altri.

Adesso non so se tutte queste cose hanno davvero avuto una qualche influenza su di noi, ma io avverto nella mia generazione un qualcosa di diverso che prima non c'era. Voglio dire: alla nostra età, i nostri genitori avevano già fatto famiglia. Avevano un lavoro che sarebbe rimasto quello, avevano una casa, avevano una routine e avevano anche un casino di problemi da risolvere ma che comunque - giorno per giorno - affrontavano.

Oggi invece è già tanto se uno ha capito il lavoro che vorrebbe fare, figuriamoci arrivare a farlo. Passiamo da una relazione all'altra (amorosa o di amicizia) come se le persone attorno a noi fossero dei vestiti alla moda da sfoggiare un po' prima di gettare in qualche armadio. I nostri sogni non si realizzano mai, e spesso preferiamo mollare tutto e ricominciare da capo con qualcos'altro, perché tanto non era destino.

Cioè, signori miei (e smettiamola di farci chiamare ragazzi!): io ho solo amici che vorrebbero farsi casa, vorrebbero trovare un lavoro figo, vorrebbero trovare la donna (o l'uomo) dei loro sogni, vorrebbero scrivere, vorrebbero fare questa cosa qui, andare in quel posto là, e i più furbi sono quelli che vorrebbero semplicemente scappare. Però poi mi ritrovo a feste con gente che parla solo di film e videogiochi, che s'ubriaca e basta, persone che ripetono solo le parole figa e scopare, gente che si fidanza e sfidanza come se fosse un hobby o certi tizi che passano la vita a lamentarsi che il mondo fa schifo, e che l'unica retta via sarebbe fare quello che fanno loro: e cioè un cazzo di niente.

Insomma, vorremmo e vorremmo ma poi non combiniamo mai un accidenti. Se poco poco iniziamo qualcosa, alla minima difficoltà molliamo tutto, diamo la colpa agli altri e corriamo a piangere dai nostri genitori.

Ma che razza di falliti sfigati siamo diventati e (sempre per quella storia di dare la colpa agli altri) cosa accidenti ci hanno fatto?

Io non lo so.

Io - davvero - non lo so.

Simone

13/03/09

Le cose che mi piacciono a me: l'Approdo, di Shaun Tan

Questo libro è stato un po' una sorpresa: non ne avevo mai sentito parlare, e me lo sono trovato tra le mani durante uno dei soliti giri di perlustrazione in libreria.

L'ho aperto, ho sfogliato alcune pagine e subito dopo me lo sono comprato. Due copie: una per me, e una da regalare.

Questo Approdo di Shaun Tan è una graphic novel disegnata a matita (niente colore, insomma) e completamente priva di testi. Tutto ciò che succede viene spiegato tramite i disegni, e sia i dialoghi che le varie situazioni sono narrate esclusivamente dai gesti e dalle espressioni dei personaggi.

La storia, poi, è abbastanza semplice: un uomo lascia la propria casa e la propria famiglia per andare in un paese lontano, in cerca di un lavoro e di maggiore fortuna.

Una storia di emigrazione, insomma, ma tutto letto in chiave fantastica con posti, persone, oggetti e animali talmente diversi dalla realtà comune, da far entrare perfettamente il lettore nell'ottica di cosa significa trovarsi soli in una terra diversa dalla nostra.

Ecco allora che l'assenza di linguaggio trasmette l'idea di una lingua parlata sconosciuta e incomprensibile. Anche le cose di tutti i giorni sembrano misteriose, e i lavori più semplici diventano impossibili per uno che non sa leggere o non è in grado di riconoscere segnali che per tutti gli altri appaiono evidenti.

Nel corso della sua storia, il protagonista incontrerà altri emigranti giunti da altri paesi lontani, e ognuno di loro a suo modo gli racconterà una storia fatta di violenza, ingiustizie e soprusi da cui fuggire.

Una graphic novel decisamente fuori dal comune, insomma: niente combattimenti tra ninja, nessun supereroe e nessun robot gigante. Questa storia, disegnata con una perizia e un'amore che si trovano raramente in lavori del genere, ci racconta un'umanità in fuga, confusa e spaventata, e del valore che può assumere anche un singolo gesto di tolleranza e comprensione.

Simone

11/03/09

Chi è causa del suo male... toglie il medico di torno.

Geniale il proverbio mixato con il riferimento a Medicina, vero? ^^

Detto questo, oggi mi sono arrivate le bozze del libro che sta per uscire con la Delos. Questo fatto porta ad alcune considerazioni, tra cui:

- Effettivamente, se si sono messi lì a fare l'impaginazione e tutto il resto, forse non è uno scherzo. O - per lo meno - si tratta di una cosa così elaborata e ben fatta che, se anche così fosse, non potrei certamente prendermela ^^.

- La copertina è rimasta più o meno identica, a parte il font del mio nome che da cubitale gigante è diventato un corsivo grandino. Io avrei optato per delle letterone enormi tipo Hollywood con sopra stampato il testo del libro, ma visto che secondo alcuni il vecchio carattere era un po' troppo grosso credo che - alla fine - si tratti di un miglioramento.

- Se contiamo che questa mattina ho avuto lezione, poi ho dovuto fare dei giri per l'ufficio, poi sto scrivendo queste boiate sul blog e poi ora dovrei anche studiare e correggere le bozze non so davvero dove cavolo lo andrò a trovare il tempo per fare tutto.

E qui veniamo al sodo del post, che poi dà un senso anche al titolo: questo semestre le lezioni sono pesanti. Devo andare all'università tutti i giorni, e anche se ho il "buco" di Fisica che non devo più sostenere c'è Istologia che è davvero un mattone micidiale. Una lezione dura 2 ore piene che non finiscono mai, e - da quanto ho capito - sul libro c'è molto di più da studiare di quello che viene detto in aula.

Aggiungiamo Genetica e Biochimica (vi ho già detto quanto adoro la Chimica? Scommetto di no ^^) e per questi 3 mesi sono un po' sotto torchio. In ogni caso, anche se sono stanco, mi sento contento e eccitato per quello che potrebbe arrivare nei prossimi anni (a parte l'esaurimento nervoso che invece vorrei evitare ^^) E poi, da quanto ho visto, il prossimo semestre dovrebbe essere più tranquillo (il primo del secondo anno) per cui è solo un momento passeggero...

O, per lo meno, spero ^^.

Simone

09/03/09

Fondamenti di Biologia Sociale: la biodiversità del pensiero.

Lasciate stare il titolo, che veramente è un po' troppo criptico (non riesco proprio a trovare di meglio) e state a sentire questa cosa, che invece è abbastanza semplice: tutte le cellule del corpo umano hanno, al loro interno, lo stesso DNA. Lo sapevate?

A parte casi particolari che è inutile affrontare, i singoli costituenti cellulari di uno stesso organismo contengono la medesima informazione genetica: potenzialmente, le cellule del fegato sono uguali ai muscoli e sono uguali anche alla pelle o alle cellule delle ossa. Quello che cambia, è il modo in cui esprimono le informazioni contenute al loro interno, adattandosi ora a un organo, ora alla pelle e ora ancora (lo so, suona bruttissimo) al sangue.

Le cellule sono tutte diverse, insomma, ma allo stesso tempo sono anche tutte uguali: non suona un po' come qualche assioma strano che mi pare di aver già sentito?

E di certo non credo che le cellule dei mie capelli o degli occhi possano pensare per conto loro, però posso comunque immaginarlo:

«Ma guarda questi!» direbbero i costituenti di un pelo del naso, riferendosi alle cellule della mucosa che gli stanno intorno. «Stanno tutto il giorno lì a non fare niente, razza di mangiapane a tradimento».

E poi si rischierebbero situazioni veramente sgradevoli, del tipo:

«Maledette cellule del fegato» si lamenterebbero le fibre di qualche muscolo sfigato, tipo il Gracile che non serve a niente. «Si fregano tutto il glicogeno, e a noi tocca arrangiarci con l'acido lattico!»

Insomma, magari le cellule del nostro corpo sarebbero tutte un po' razziste, convinte di esprimere al meglio quel DNA comune che - in qualche modo - le rende tutte parti di un medesimo organismo. Eppure nessuna avrebbe davvero ragione: i muscoli senza le ossa non si muovono (o meglio, vice-versa). Le cellule della retina stanno tutto il giorno a prendere il sole per una ragione precisa, anche se magari a quelle del sedere faranno un po' invidia, mentre i reni in fin dei conti fanno un lavoro che non vuole nessuno ma che - decisamente - è indispensabile.

La diversità, o anche la totale e completa disuguaglianza, è fondamentale per la sopravvivenza. La vita, il pensiero, il nocciolo centrale dell'esistenza stessa nasce dal contrasto. L'appiattimento e l'omologazione non fanno bene alla vita, questo mi pare evidente.

E forse è un discorso assurdo, ma mi piace pensare - sognare forse - che lo stesso valga anche per le persone che vivono in una società:

Ci sono i preti e ci sono gli atei. Ci sono i comunisti, la gente di destra, le persone socievoli e quelli a cui invece gli stanno sulle palle tutti quanti. Ci sono gli artisti e i secchioni, gli sportivi e i pigri, chi guarda i reality e chi invece è convinto che la televisione sia la causa di tutti i mali.

Eppure, in maniera goffa, faticosa e spesso drammatica, l'umanità esiste. La società degli uomini nasce da opposti insanabili che, a loro modo, contengono una verità universale che è inscindibile da noi stessi. Come nelle cellule, c'è qualche individuo che alle volte dà di matto e bisogna rimetterlo al posto suo, ma per la maggior parte dei casi la nostra diversità è buona, salutare e viva.

Non so, forse quello che ho fatto è un paragone un po' azzardato, ma un pochino ci credo davvero: nessun uomo è del tutto cattivo (be', abbiammo detto quasi) e non c'è alcuna verità da imporre. Non esistono ideali fasulli, e nessuno prega il Dio sbagliato.

E l'unico accordo possibile, è la tolleranza.

Simone

06/03/09

La scienza (quasi) facile: la Chimica e la nascita della vita.

La Chimica, per me, è sempre stata una specie di nemesi.

Prima l'ho studiata al Liceo: andavo a ripetizioni 2 o 3 volte alla settimana, facevo gli esercizi, studiavo, ripetevo, mi esercitavo sui vecchi compiti e sulle domande delle varie interrogazioni... e avevo la media del TRE.

Poi l'ho studiata a Ingegneria: solite ripetizioni, solito studio continuativo, soliti esercizi fatti, rivisti e ripetuti, e misero 21 dopo un anno di studio e varie bocciature.

Fosse finita così! Per il test di ammissione a Medicina mi è toccato ri-prepararmi in Chimica, per dimostrare allo Stato Italiano che ero effettivamente in grado di affrontare lo studio di una facoltà scientifica (cosa che - a leggere quello che scrivo - in effetti non si direbbe) e una volta entrato ho dovuto sostenere un esame integrativo sugli argomenti che a Ingegneria non erano stati trattati.

Il fatto che - dopo anni di studio e milioni di euro spesi in ripetizioni - io non ricordi già più una singola nozione di Chimica, vi darà l'idea di quanto sia effettivamente difficile tenere a mente e avere presente i fondamenti di questa materia... o forse sono solo io che sono impedito su certe cose, cosa che del resto mi pare altrettanto verosimile.

Cos'è questa materia:

La Chimica è - più o meno - quella scienza che studia le propietà della materia, e le relazioni che intercorrono all'interno di essa.

Per rendere le cose più semplici: se prendete delle provette colorate, le mischiate tra loro e aspettate di vedere quello che succede, avete fatto una roba di Chimica, anche comunemente detta reazione.

Che ci crediate o no, anche quando schiacciate il tasto del telecomando succede qualcosa nelle batterie che si trovano al suo interno, per cui è una roba chimica anche quella. Anche se in effetti non si direbbe.

Difficoltà della materia:

La Chimica non è difficile. O meglio, non presenta particolari difficoltà intrinseche. Quello che voglio dire è che per capirla veramente a fondo dovete conoscere un po' di Analisi e magari anche un po' di Fisica, però non si arriva alla complessità che presentano invece altre materie.

Il problema è che, a differenza della Matematica, ci sono molte cose che vanno ricordate a memoria come le proprietà della tavola periodica o le formule dei vari composti, e visto che poi agli esami vi chiedono praticamente solo quelle ecco che potreste trovarvi in difficoltà... specie se - come me - dopo un'ora che avete finito di ripetete le cose vi siete già scordati tutto.

A cosa serve la Chimica?

La Chimica serve un po' a tutto: con la Chimica potete creare dei profumi (mischiando tra loro sostanze che puzzano tantissimo!). Potete creare dei sapori, potete fare degli esplosivi e delle armi, potete avvelenarvi da soli o morire soffocati, potete ubriacarvi a piacimento e potete anche drogarvi con sostanze sempre nuove e dagli effetti mai sperimentati.

Per dirne una, la leggenda vuole che Albert Hofmann scoprì per caso l'LSD trafficando con no so quali composti chimici con cui lavorava: dopo essersi impiastrato le mani uscì sul balcone a fumarsi una sigaretta, e per poco non si buttò di sotto. Secondo alcuni, piuttosto che di una sigaretta imbevuta di acido si sarebbe trattato solo di una canna un po' troppo forte... ma in ogni caso è roba chimica pure quella.

Concetti (quasi) avanzati per sentirsi (quasi) esperti:

La cosa più interessante della Chimica (o forse è l'unica che ancora mi ricordo) sono i fosfolipidi.

Detto in maniera molto, molto, molto semplice prendete un po' di acidi, li mischiate con altri acidi e una robaccia chiamata glicerolo, ed ecco che l'intruglio risultante tenderà a formare spontaneamente delle bolle chiuse e impermeabili.

Qualche altro composto chimico paraculo deve aver pensato che queste bolle fossero interessanti, perché ha deciso di farcisi una casa dentro per sentirsi più tranquillo e protetto dall'ambiente esterno, generalmente ostile.

È così che sono nate le prime strutture cellulari, che poi col tempo hanno deciso di diventare più complesse e ingrandirsi, fino a formare me che scrivo questa roba nonché voi che la leggete.

Da allora, il composto chimico di cui sopra è in causa con l'Universo, il quale lo accusa di aver violato non so quante leggi della termodinamica al solo scopo di dare origine alla vita. Dalla parte degli accusatori si sono schierati l'entropia, la morte e la dichiarazione dei redditi, mentre il composto paraculo è difeso soltanto dal bucio di cuore e dalla semplice evidenza dei fatti.

Nonostante si tratti di un argomento di possibile interesse, questo difficile rapporto tra la vita e i suoi oppositori è generalmente studiato solo dalla religione o - al limite - da qualche filosofo scapestrato.

Gli scienziati veri, in genere, fanno finta di non pensarci.

Simone

04/03/09

Mal comune, quasi gaudio.

Sono ricominciati i corsi di Medicina, ed è ricominciata la mia routine: la mattina vado a seguire, il pomeriggio vado A studio e poi, eventualmente la sera ho LO studio.

In realtà, come impegno - per così dire - fisico è molto meno faticoso di quello che sembra: il lavoro è abbastanza tranquillo, e di studiare seriamente se ne riparla in prossimità degli esami.

La difficoltà vera, è più quella di stare facendo una cosa che esce un po' dagli schemi, e che non dà certo immediate garanzie per il futuro. È difficile guardarsi allo specchio e dirsi: adesso per i prossimi sei anni continua così, quando non hai un metro di giudizio o un esempio preciso da seguire.

Eppure non sono l'unico studente più grande del mio corso. Non siamo in tanti, ma qualcun altro c'è: c'è chi ha impiegato una vita per sistemare le cose, e adesso può finalmente diventare la persona che desidera essere. Chi studia e lavora e magari ha altri mille impegni. Chi ha già mollato, perché gli impegni erano troppi e chi invece decide di mollare tutto il resto per dedicarsi allo studio a tempo pieno.

Insomma i motivi sono tanti, e tante sono le possibilità, i modi e le situazioni di ognuno.

Quello che so è che certi volti che diventano sempre più familiari mi fanno pensare che - tutto sommato - questa scelta di riprendere gli studi non sia stata poi così strana, o azzardata. Non sentirsi soli rende tutto più facile, e forse non ci volevano due lauree per capire questa cosa.

Altro argomento, ma situazione per certi versi simile: sul numero 13 della Writers Magazine Italia, la rivista della Delos dedicata alla scrittura, è uscito un nuovo articolo tratto dal mio libro tratto dal mio blog, a sua volta tratto dalle mie esperienze come scrittore emergente. Accanto all'articolo, c'è anche un trafiletto con la mia foto e la copertina di Io scrivo che - se ricordate - avevo messo sul blog qualche tempo fa (e la trovate da qualche parte sulla destra).

Devo dire che vedere quelle due pagine mi ha dato una bella sensazione: non è tanto la carta stampata in sé (anche se un pochino sarà anche quello, lo ammetto) quanto l'idea che qualcuno abbia deciso di proporre in una determinata maniera le cose che ho scritto, e che si sia messo lì per realizzare il tutto, aggiungendo anche del suo.

Mi piace questa cosa. A qualche autore più navigato di me, abituato a vedersi stampato e ristampato in tutte le salse, magari sembrerò un po' ingenuo, però è la verità: qualcuno ha puntato su di me, e ha deciso di lavorare su quello che ho scritto per valorizzarlo e per dare più possibilità a entrambi. Lavoro x lavoro, insomma, che sarebbe come dire un lavoro al quadrato.

E il quadrato, tante volte (mica sempre, purtroppo ^^) fa più della somma.

Simone

02/03/09

Tutto il bello di sterminare la gente!

Post allegro e ottimista, forse ispirato dalla ripresa delle lezioni universitarie ^^.

Con tutte le guerre e gli eccidi che si ripetono in continuazione per il Mondo, mi sono chiesto il motivo per cui certi individui preferiscono andare in giro ad ammazzare la gente, piuttosto che starsene a casa.

Allora ho provato a vedere le cose dal loro punto di vista, e così facendo ho scoperto tutta una serie di motivi per cui portare morte e distruzione al nostro prossimo è in effetti un buon modo di investire il tempo... e ovviamente ho deciso di condividerli con voi.

Vediamo insomma: perchè è bello sterminare le persone.


Perché se uccidi un po' di gente, poi finisce anche che ti tocca chiedere scusa. Se stermini tutti fino all'ultimo, invece, no.

Perché appropriarsi degli averi di popolazioni che hai annientato, per buffi cavilli legali, non è furto.

Perché una giustificazione abbastanza plausibile si trova sempre.

Perché poi ti eleggono subito presidente di qualcosa.

Perché se stermini gli altri, questi altri non possono sterminare te. Altri altri purtroppo sì, perciò occhio!

Perché se spendi 100 per sterminare un popolo, poi risparmi il 10 che sarebbe costato istruirlo.

Perché così non devi più chiederti dove metterai tutti quei missili che ti avanzano.

Perché se stermini solo gente bianca non corri neanche il rischio che ti diano del razzista.

Perché poi voglio proprio vedere se la mattina c'è traffico.

Perché così i giornali avranno qualcosa di nuovo per cui parlare (almeno per un po').

Perché tanto è sempre colpa di qualcun altro.

Perché poi puoi farci il film, e la gente che andrà a vederlo penserà che è una figata.

Perché amare è più noioso che annientare, anche se fanno rima.

Perché è un ottimo sistema per risolvere anche il problema della disoccupazione.

Perché oltre al film qualcuno ci farà anche il videogioco, magari aggiungendo una terza fazione che in realtà non c'era, e la gente penserà che è una figata pure quello.

Perché guardare la televisione è molto più noioso e ancora meno edificante.

Perché dopo puoi dire che non è successo niente, e qualcuno ti darà anche retta.

Perché se il tuo paese fa schifo puoi sempre conquistarne uno nuovo... peccato solo che dopo farà schifo anche quello.

E poi, soprattutto: perché è sempre troppo meglio che lavorare.

Simone