26/01/15

La vita ben vissuta (TM).

In effetti a leggere 'sta roba un po' cxxxne ero...
Quando andavo al liceo, ero abbastanza fissato con fumetti, animazione e cose del genere.

Era un periodo un po' precedente al momento in cui queste cose iniziarono ad andare veramente di moda, per cui tutti quanti tra amici, parenti, insegnanti e compagnia bella mi prendevano pesantemente per il culo:

«A 16 anni ancora ti piacciono i supereroi?!» mi chiedevano. «Certo che sei proprio un cojone!»

E io a 'sta cosa un po' ci credevo pure. Cioè continuavo a leggere i miei giornaletti da coglione lo stesso, però magari non è che ne andassi troppo fiero o che sbandierassi troppo la cosa. Me li leggevo e basta, e dell'opinione della maggioranza mi importava tutto sommato poco.

Passiamo a una ventina d'anni dopo, e la stessa gente che mi pigliava per il culo al liceo apre Facebook e scrive:

«Il nuovo film basato sulla nota serie a fumetti che Simone leggeva al liceo è un'opera d'arte. Un vero capolavoro».

Cioè, non ho capito?! A 16 anni io tutto sommato per lo meno ci arrivavo a capire che quello che leggevo non era 'sta gran letteratura. Mi piaceva perché mi piaceva. Perché ci stavano le esplosioni, i disegni splatter e le robe mezze porno. Ma non è che mi aspettavo che i fumetti mi cambiassero la vita... anche se - a ben vedere - l'hanno fatto.

Ora a questi l'opera d'arte gli pare il film di Batman, o il seguito del remake della storia degli X-Men e vengono a parlarne su Facebook come se fossero i cultori delle pellicole impegnate?!? Ma il tasto "vaffanculo" dove sta?! Dovrebbero assolutamente metterlo...

Sempre attorno ai 16 anni - ma potrebbe valere anche per i 36, o per questa mattina - ero assolutamente fissato con i videogiochi.

Ce li avevo tutti. Li conoscevo tutti e li giocavo - quasi - tutti.

E pure lì, tutti i miei amici e conoscenti tanto maturi, impegnati e acculturati a rompere.

«A 16 anni, giochi ancora coi videogiochi?»

Come se ci fosse un'età migliore, dico io.

E adesso, le stesse persone magari stanno a ruota con Candy Crush, Criminal Saga e non so quali altre cagate di giochetti per cellulari. Che io almeno dopo un po' un gioco o mi stufava o lo completavo e cercavo qualcosa di nuovo. Invece i giochetti che piacciono a praticamente tutto il mondo sono sempre gli stessi, e solo a pensare di farci un'altra partita (perché ovviamente ci ho giocato anche io) mi viene la morte per noia.

E insomma: il senso di tutto questo discorso? Che io mi sono rincoglionito già 20 anni prima di quando si sono iniziati a rincoglionire i miei coetanei? Sì, anche questo.

Ma anche c'è questo libro che si ispira molto al mio blog, di un certo Huxley, che diceva più o meno una cosa simile: se sei omologato, sei contento. E se non sei omologato, invece, ti fanno tutti sentire un coglione e ti perculano fino - letteralmente, a leggere il libro - alla morte.

Che magari Huxley non calcolava il fatto che puoi cercare persone simili a te. Mandare affancuore tutti gli altri, e vivere felice insieme a chi non ti scassa le palle. Cioè quando ha copiato il mio blog forse ha visto un po' tutto in chiave troppo pessimista, ammettiamolo.

Resta comunque questa situazione abbastanza comune che può provare magari credo chi trova il mio blog sulla laurea in medicina. Che cioè tu ti senti che vorresti tanto fare una cosa... però poi nessuno che conosci ha fatto lo stesso e ti pare in chissà quali casini ti stai mettendo. I tuoi parenti non sono d'accordo, tutti gli amici si stanno occupando d'altro, ti senti solo triste insicuro e sfigato e ti pigliano pure un po' tutti per i fondelli.


E dunque ci sarebbe un modo standardizzato e accreditato e certificato di vivere la vita. Una "vita ben visuta" (TM), magari col bollino Apple o Samsung. E se fai così stai tranquillo e nessuno ti rompe mai il cazzo. Se invece insomma segui una strada che non è tanto battuta, rischi di passare per l'idiota di turno. Con la gente che ti predice sventura, morte e calamità più o meno naturali pronte a polverizzare la tua vita.

Eppure poi magari un giorno quello che hai fatto per conto tuo diventa improvvisamente di moda. E quella che a te pareva una strada magari semplicemente accettabile diventa all'improvviso la cosa migliore. La scelta perfetta. Un capolavoro e "un'opera d'arte" (TM) pure quella... che non sia mai qualcuno ce la copia.

Insomma, la vita è così. O almeno in parte. Non c'è altro da dire, e non c'è - credo - una soluzione a tutto questo. O segui le vie già battute, o cerchi le tue a rischio di venire continuamente criticato.

Tutto qua, era una semplice riflessione che vi volevo lasciare.

E già che ci sono, scusate che il post è pieno di parolacce: giuro che in futuro ne dirò di meno.

Simone

13/01/15

Diventare un medico, tra teoria o pratica.

Ripassiamo bene... che domani c'è sala operatoria!
Una (quasi) brevissima riflessione che trae spunto dal commento di Alex - un lettore del blog - al post dell'altro giorno:

"Ho passato l'agognato test di Medicina per poi essere la persona più felice del mondo. Mio padre poi si trasferì all'estero e - tragedia - secondo lui dovevo andare (...) in vacanza ci andavo comunque, ma lui mi voleva lì. Così, un giorno, chiese al collega chirurgo di portarmi con lui in ospedale.

Sono tornato in Italia a sistemare 2-3 cose e poi mi sono trasferito. Una follia?

Non saprei dirtelo: mentre i colleghi del sesto anno di Roma non sapevano se mettere i loro primi punti di sutura, io al secondo suturavo i politraumatizzati. E poi, dal secondo in poi, è stata tutta pratica, tutti i giorni.


Un giorno di turno (24 ore) ogni 7 giorni. La disponibilità accademico-ospedaliera va dalle 5 di mattina fino alle 12 per la materia principale (med. interna, chirurgia, gineco, pedi, etc.) e nel tempo restante hai la secondarie (emergenze, med. preventiva, etc). Non so se quello che sto vivendo è un sogno, ma se è così spero di non svegliarmi!" 

Insomma si parla di pratica nei reparti di medicina per studenti o neo-laureati, come me. Da un lato c'è l'università italiana dove - lo dicevo proprio ieri ad altre persone che chiedevano informazioni - potresti passare 6 anni senza vedere una sala operatoria o un ambulatorio e quasi nemmeno una corsia ospedaliera.

Non sto scherzando: i tirocini obbligatori sono pochi e magari i professori controllano raramente. Per cui esiste la reale e concreta possibilità - ovviamente parlando per assurdo - di diventare dottori studiando sui libri e facendo esami, ma senza aver mai visto un malato vero.

E dall'altro lato l'esperienza di Alex: tantissima pratica, e a partire praticamente da subito. Ma insomma è davvero "meglio", come sistema?

Secondo me - a parte che sono ovviamente invidiosissimo del racconto di Alex - andare in corsia fin dal secondo anno inizia a essere un po' prestino. Anche nel pronto soccorso dove frequento ho visto persone praticamente appena uscite dal Liceo che seguono gli strutturati, vedono i pazienti, magari fanno le prime medicazioni... ma a quel punto mi chiedo quale sia la differenza tra un dottore e una qualsiasi altra persona se dopo 1 anno di università sei già lì a fare un po' di tutto.

Da noi la quantità di teoria oltre che spesso inutile è comunque proibitiva, e non ci sarebbe effettivamente nemmeno il tempo materiale di andare in reparto tutte le mattine. Ma come si fa a conoscere la cardiologia, leggere un ECG, sapere le basi della fisiologia, ricordare i principi attivi dei farmaci, conoscere le linee guida principali e le varie patologie già dopo 1 anno di università?

Cioè se basta davvero solo la pratica, a questo punto l'università a che serve?

Per me sarebbe giusta una via di mezzo: una facoltà di medicina dove per 3-4 anni fai teoria, e l'ultimo anno fai solo tirocinio pratico. Insomma 1-2 anni di meno rispetto a come funziona ora, con un anno dedicato all'aspetto pratico che in altri paesi magari inizia molto prima.

L'approccio chiamiamolo "estero", dove appena entrato hai già una sorta di ruolo sanitario, mi pare un eccesso opposto perché - immagino - servono magari in fretta nuovi dottori da inserire nei reparti... ma saranno dottori con qualche grossa lacuna o limitati al loro campo specifico di specializzazione.

Voi, insomma, che ne pensate?

Simone

08/01/15

È appena iniziato il 2015, e io ho già sonno.

Buoni propositi per l'anno appena iniziato.
Uno direbbe "e certo, dopo giorni e giorni di feste! Ci mancherebbe".

E invece io sotto le feste - almeno a Capodanno - ho avuto l'influenza e diciamo che ho per lo meno provato a riposarmi. E poi dal 2 Gennaio ho iniziato il tirocinio a chirurgia.

Sul tirocinio diciamo che tutto sommato mi aspettavo di peggio. Il reparto è tranquillo, gli specializzandi sono gentilissimi e gli orari non sono neanche così terribili mentre in altri reparti sento di persone tenute in ostaggio fino a notte inoltrata.

C'è solo questa cosa che bisogna stare lì alle 7 e 30... che per qualcuno sarà pure già mattina inoltrata, ma per quanto mi riguarda stiamo praticamente ancora di ben diritto all'interno della notte precedente. O anche della sera tardi, se mi ricordo gli orari che facevo quando ero gggiovane, due lauree fa.

Il problema dei reparti di chirurgia, è che se tanto sai già che non farai il chirurgo è un po' come andare a giocare a tennis quando a te però ti piace solo il calcetto. Che sì il tennis è pure figo e come vi pare a voi, ma se manco sai prendere la racchetta in mano e sai che non ci giocherai sicuramente mai più non è che sia facile tirarci fuori tutto questo grandissimo divertimento.

Che poi per me è un problema dei reparti in generale: ho scoperto già da un bel pezzo che una volta che ti fissi col pronto soccorso e sei abituato ai box, alla medicina d'urgenza e alla mancanza di una programmazione vera e propria, infilarti dentro un reparto e nelle briglie di tutte le regole e incombenze ospedaliere dà un po' una specie di senso di oppressione.

Certamente la chirurgia ha la sala operatoria che dovrebbe essere un po' il centro di tutto il lavoro, ma come dicevo appunto se tanto sai che non sarai mai tu quello a reggere gli strumenti è difficile metterci poi tutto questo entusiasmo.

Cosa però - a sorpresa - che arriverei a definire interessante che è successa ieri: sono stato in sala operatoria, c'era una tiroidectomia, e ho visto il nervo ricorrente. Quel cavolo di nervo ricorrente che dal primo anno di medicina ti dicono tutti i professori a tutti i corsi che se togli la tiroide devi stare attento perché se tagli il ricorrente poi il paziente dopo parla male... o non parla più proprio per nulla.

36 esami, 50 materie, e 50 professori che a un certo punto del corso per un motivo o per un altro ti devono dire "e poi il nervo ricorrente che se si lesiona mentre togli la tiroide e bla bla bla bla. Mi raccomando prendete bene appunti, eh: che poi queste cose non ve le dice più nessuno".

E insomma, finalmente l'ho visto dal vivo, sto maledetto nervo bastardissimo.

Stava lì appiccicato alla tiroide, sottile sottile che come lo tocchi si rompe. E il chirurgo è stato lì mezz'ora per separarlo con tutto l'amore e l'attenzione del mondo che se no - insomma - ve l'hanno mai detto che muove le corde vocali? Qualcosa mi suggerisce di sì.

Che lo sapevate o non lo sapevate, comunque, fa lo stesso, che mi sa che ci sono buone possibilità che non farete i chirurghi nemmeno voi. L'unica cosa importante, comunque, è che dopo l'intervento il paziente parlava benissimo.

Simone