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28/11/16

Cosa fa uno specializzando in reparto.

Mi sa che hanno saputo che arrivavo...
Me l'avranno chiesto in 100 mila persone, e ogni volta ho promesso che "sì, presto scriverò qualcosa a riguardo" rimandando poi continuamente il tutto a data indefinita... ma insomma, adesso eccoci qua.

Il mio lavoro come specializzando in medicina d'urgenza è iniziato con una rotazione in reparto.

Per chi mi conosce, saprete già che i reparti non mi piacciono gran che. Ho scelto la medicina d'urgenza anche - o soprattutto - perché si lavora in Pronto Soccorso, dove non c'è troppa routine, dove si fanno i turni, dove si vedono tanti pazienti, dove si fanno cose che in reparto non si fanno eccetera eccetera.

Per cui, a dire la verità, non ero troppo contento di questa storia dei primi mesi in reparto. Però era una cosa che almeno per un po' mi "toccava", e alla fine insomma di necessità virtù, e ho iniziato.

Il lavoro di reparto consiste in questo: quando arriva un paziente lo si visita, si raccoglie la storia clinica e si riportano in cartella (che poi è tutto lavoro che si fa al computer) esami e consulenze varie che sono state fatte in pronto soccorso.

Chiarisco anche che, essendo un reparto di medicina d'urgenza, la totalità dei pazienti arriva dal pronto soccorso e non ci sono ricoveri organizzati o attività fatte - come si suol dire - "in elezione". Si tratta per lo più di pazienti cardiologici (dolore toracico, scompenso cardiaco eccetera), alterazioni metaboliche, qualcosa di neurologico o di infettivo... ma se qualcuno ha bisogno di una clinica specifica o di un intervento chirurgico, generalmente non viene ricoverato da noi.

Ogni mattina si fa il giro visita con gli strutturati e con il primario. Si guardano gli esami chiesti il giorno prima, si aggiornano le cartelle, e si programmano eventuali esami e procedure ulteriori da richiedere per i pazienti.

Alla dimissione, si scrive una lettera (sempre al computer) con tutti gli esami svolti, diagnosi, terapia da fare a casa ed eventualità varie, e la si consegna ovviamente al paziente che sta per andare via.

In questo modo si libera un letto. Arriva il ricovero di un paziente nuovo, e così via. Per sempre.

Orari molto tranquilli: 8-14 (che spesso sforano un po'), oppure 14-20. Niente notti. Un sabato su 3 lo facevo dentro a turno con gli altri specializzandi, e le Domeniche sempre libere. Ogni tanto qualche riunione o lezione che prende qualche ora in più, ma insomma siamo molto lontani dai racconti di persone che parlano di 80 ore a settimana, giorni e notti e di nuovo giorni consecutivi attaccati e altre storie terribili che avrete sentito anche voi.

Dopo un po' di sconcerto iniziale dovuto al fatto che - come già detto - lì non ci volevo propio stare per niente, alle novità e a tutto il resto, devo ammettere di essermi abbastanza ambientato. Con gli strutturati andavo d'accordissimo, con gli altri specializzandi ancora meglio. Alla fine bisogna dire che se anche il lavoro in reparto è un po' più noiosetto rispetto al lavoro in pronto soccorso, è anche un ambiente dove si lavora meglio, dove si fanno le cose con calma, dove non c'è il rischio di ritrovarsi in mezzo a un casino dove non sai più dove mettere le mani e che pesci prendere.

Quello in reparto è un lavoro tranquillo... e lavorare con tranquillità, a questo mondo, è un vantaggio da non sottovalutare.

Per chi poi chiedeva proprio di sapere: "che cosa fai di preciso nel dettaglio specifico?", forse anche per capire - credo - cosa toccherà più avanti fare a lui, butto giù nella rigorosa sintesi che mi contraddistingue (cioè a caso) le cose che - in 6 mesi - ho più o meno fatto. Anticipo che si svolge sempre tutto insieme o con la supervisione degli strutturati del reparto, che in linea di massima sono tutti specialisti in qualche settore della medicina interna.

Premetto inoltre che ormai negli ospedali grandi c'è uno specialista che si occupa di ogni cosa, per cui non capita mai o quasi mai che il medico di reparto o di pronto soccorso effettui procedure particolari da solo. Se devi fare qualcosa che entra in un ambito specialistico, quasi certamente se ne occuperà (anche) lo specialista, e il tuo ruolo finisce per diventare secondario.

Comunque sia, vediamo:

- Stesura dei ricoveri e delle lettere di dimissione. Che poi già ve l'avevo detto.

-  Visitare i pazienti e scrivere anamnesi ed esame obiettivo.

- Fare (mettere gli elettrodi e premere il pulsante) e leggere un elettrocardiogramma. Poi in ogni caso gli ECG sono refertati da un cardiologo, ma insomma è il caso che il tracciato sai anche interpretarlo da te.

-  Cardioversioni farmacologiche o elettriche (con presenza dell'anestesista). Se ci sono problematiche cardiologiche meno urgenti o più complesse il paziente va in cardiologia, per cui devo dire che è capitato veramente di rado.

- Scrivere e aggiornare le terapie insieme agli strutturati.

- Montare e smontare Holter cardiaci.

- Fare emogas, svilupparli e - ovviamente - interpretarli.

- Discutere con pazienti e relativi parenti delle condizioni cliniche dei pazienti suddetti.

- Chiedere TAC, RX, risonanze, consulenze specialistiche eccetera eccetera.

- Leggere i referti di TC, RX, risonanze, consulenze eccetera... ed eventualmente chiederne delle altre.

- Fare qualche prelievo venoso.

- Ecografie dei vasi epiaortici (che non avevo mai fatto, e uno degli strutturati mi ha un po' insegnato). Le ecografie del cuore e di altri distretti le fanno i cardiologi o l'ambulatorio di ecografia.

- Controllare i monitor/telemetrie dei pazienti quando suona qualche allarme, e saper capire se c'è davvero un problema o se è solo il paziente che si è mosso (generalmente, è la seconda).

- Controllare la ventilazione non invasiva se qualcuno la sta facendo. Non capita di montarla direttamente in reparto, e comunque io non sarei stato in grado di farlo. Ora sto imparicchiando.

- Intervenire in "emergenza" se un paziente sta male: aiutarlo se desatura, fare ECG e troponina se ha dolore toracico eccetera. In realtà i pazienti in reparto sono piuttosto stabili ed è raro che questo sia necessario... concludendo con i dovuti scongiuri.

Mi sembra bene o male di aver detto un po' tutto. Magari qualcosa me la sarò scordata, ma è più o meno così.

A rileggere tutto insieme devo dire che non ho mai avuto l'impressione di fare grosse cose... ma se pensiamo che ero al primo anno si può dire che - tutto sommato - me la sono cavicchiata. C'è un po' sempre la voglia di voler fare di più e di non dover ricorrere di continuo a specialisti o ambulatori o ad altre cose "esterne", ma gli ospedali moderni funzionano così e se per un medico "in formazione" può non essere il massimo per i pazienti direi che è sicuramente meglio.

Mi sento di concludere che, nonostante le mie rimostranze iniziali, l'esperienza in reparto è stata assolutamente positiva. Di sicuro è un tipo di lavoro troppo lineare e "impostato" per i miei gusti, per certi versi anche simile a quello che facevo come ingegnere (e non lo intendo certo in chiave positiva). Ma il lavoro è stato piacevole sia come carico lavorativo, sia umanamente e sia come possibilità di imparare o di mettere in pratica cose che già conoscevo.

A breve qualche notizia sul Pronto Soccorso e su quello che sto facendo ora. Lascio passare i miei soliti 2-3 4 5-6 mesi tra un post e l'altro, e poi torno :)

Simone

29/10/16

Riflessioni dopo il primo anno di specializzazione.

Il secondo anno inizia così...
Qualche giorno fa, ho sostenuto l'esame del primo anno di specializzazione.

Diciamo che si è trattato più di una formalità che altro (non credo di aver mai sentito di uno specializzando bocciato e cacciato via da una qualunque scuola!) ma un minimo di tensione comunque c'era, e meno male che è andata liscia.

In questi giorni ho iniziato pure il corso SIUMB, che sarebbe un acronimo per società italiana di ultrasonologia in medicina e biologia. Un corso di ecografia, insomma.

Sono appena stato ad Ascoli per seguire il convegno teorico, e sto frequentando un ambulatorio per la parte pratica. Dovrei finire a Gennaio, sempre sperando che il test a crocette per la parte teorica sia andato bene. Vedremo.

Se ricordate dai vecchi post sul vecchio blog, di quando invece insomma ero giovane, io la specializzazione ero partito con l'idea di non volerla proprio fare per niente. Poi complice il fatto che tutti mi consigliavano di tentarci, nonché il peso non indifferenta della miracolosa vittoria al concorso, ho deciso di provare e vedere - almeno per i primi tempi - come sarebbe andata andata, per decidere poi se restare o andarmene.

I primi mesi sono andati bene, e allora ho spostato l'asticella fino a un anno. Ho detto "gli do un anno di tempo. Vediamo come va, e poi decidiamo".

E ora anche questo primo anno si è concluso. E insomma: è forse il momento di tirare un po' di somme? Direi proprio di sì.

A questo punto, nella prima stesura del post, ero partito descrivendo ogni singolo aspetto della specializzazione come ore, modalità di lavoro, il confronto della vita odierna da "dipendente" con quella passata da libero professionista e così via... ma era una roba di una noia mortale. Per cui tagliamo tutto, e passiamo subito alle conclusioni:

Il primo anno è andato - complessivamente - bene. Poteva andare meglio, ma comunque poteva andare davvero estremamente molto peggio.

Ci sono stati un sacco di casini di cui non parlerò, oltra a cose che - forse anche a causa della vecchiaia incipiente - trovo davvero difficile mandare giù, ma rispetto alle mie aspettative direi che il tutto è andato complessivamente molto ma molto meglio del previsto... per cui, ok: promosso. Andiamo avanti, e iniziamo il secondo anno.

Qualche riflessione sulla vita del medico specializzando, ma che vale - credo - anche per qualsiasi medico semplicemente tale. Forse sarebbe stato meglio rimandare questo discorso agli aggiornamenti futuri, che non è che abbia proprio abbondato con notizie e racconti ultimamente, ma questo non è un serial TV e non è che vi devo lasciare col cliffhanger, che se no non tornate (sempre che qualcuno ancora sia rimasto dopo una pausa tanto lunga).

Insomma, fare il medico di pronto soccorso in un ospedale grande (io sono stato sempre in questi, per cui non so tanto dirvi riguardo a quelli più piccoli) è un continuo scontro con criticità da dover risolvere. E se alcune di queste criticità sono quelle che uno semplicemente si aspetta e sulle quali è normale intervenire (tipo - banalmente - avere a che fare con qualcuno che si sente male), altre lo sono un po' meno.

Può capitare il super-accesso di persone in PS con un affollamento molto più elevato del normale, quando il personale sanitario però rimane sempre lo stesso. Può capitare che, mentre lavori, ogni minuto arriva qualcuno o qualcosa a interromperti... e comunque se non sei in ogni caso perfetto e velocissimo se la prenderanno tutti lo stesso con te.

Può capitarti di avere a che fare con persone che ti mettono in difficoltà, maleducate, invadenti o aggressive: come quei parenti che non vogliono assolutamente lasciarti lavorare in pace e stanno lì tutto il tempo a interromperti e a criticare quello che fai, o colleghi che invece di alleggerirti il lavoro te lo rendono 100 volte più pesante.

Ti ritrovi ogni tanto a guardare gli specialisti di altre scuole, "proiettati" verso una professione che porterà un lavoro più semplice e forse più remunerativo, e a chiederti perché hai fatto questa scelta del cavolo invece di cercare una strada più facile.

La medicina d'urgenza in Italia, come il lavoro di pronto soccorso, sono stati spesso relegati a "rito di iniziazione" per i nuovi medici in attesa di contratti migliori. Oppure il turno in PS era quello che "ti toccava" a giro, una volta per uno, e quando toccava a te dovevi solo fartela passare ed evitare di rompere le palle ai colleghi.

Il medico di Pronto Soccorso era quello su cui scaricare tutte le rotture di palle dell'ospedale. E in quanto ultimo arrivato, ultima ruota del carro e - semplicemente - speranzoso di poter ambire anche a posizioni più elevate, era pure il caso che si stesse buono senza stare lì a lamentarsi e a borbottare.

Ora il medico d'urgenza è uno che ha scelto quello, vuole fare quello e studia per saper fare quello. Ma è una mentalità che è difficile far entrare nei nostri ospedali.

Il rischio è che anche con la specializzazione e il contratto (insperato) da medico urgentista, si rimanga relegati in un cantuccio, a fare quello che si faceva quando la medicina d'urgenza nemmeno esisteva e il pronto soccorso era il posto da cui quasi tutti volevano scappare.

Insomma - in sintesi - fare il medico d'urgenza è difficile. E non solo per il lavoro in sé, ma anche per la situazione in cui ci si trova a iniziare questa professione e al modo in cui ci si deve rapportare con le altre specialità che ancora non ci conoscono.

Ma fare il medico di pronto soccorso ha anche un aspetto positivo. Una cosa che lo fa brillare, almeno ai miei occhi, e che poche altre specializzazioni hanno: qualcuno viene da te perché sta male. Tu lo visiti, chiedi esami, valuti i risultati, capisci qual è il suo problema e lo indirizzi alle cure più adeguate.

Il medico di pronto soccorso è il primo ad avere un contatto con il paziente, a fare diagnosi e a impostare una terapia. Che a voi sembrerà strano, e di sicuro sembrava strano a me quando muovevi i primi passi nei vari reparti e ambulatori, ma quasi nessun medico fa più questo.

Gli ospedali sono impostati in maniera tale che, quando un paziente si ricovera in un reparto o entra in sala operatoria, sulla cartella c'è quasi sempre già scritto tutto, visto tutto e deciso tutto. Senza togliere niente ai colleghi, che fanno ben altre cose e di ben altro livello, l'aspeto di valutare e decidere sul percorso da prendere per un malato spetta in primo luogo al medico di pronto soccorso e forse - ma in maniera diversa - al medico di base.

Il medico d'urgenza fa - nel più completo significato del termine - il dottore. E per questo mi piace questa specializzazione, mi piace questo lavoro e credo che andrò avanti nonostante tutti gli infiniti problemi, motivi di stress e casini vari che ci spingono quotidianamente sempre di più verso la via del burnout.

Perché non credo semplicemente che potrei fare nient'altro.

Simone

10/04/16

Fuori dal seminato.

Persone chiaramente DENTRO al seminato.

L'altro giorno, dopo aver fatto la notte, mi è venuto un mal di testa clamoroso e sono stato davvero una mezza schifezza per tutta la giornata.

Credo che ci sia qualcosa di "migliorabile" nel mio modo di approcciare i turni notturni: di solito mangio qualcosa alle 2 (mi porto un panino), non prendo caffé, e una volta finito il turno torno a casa e dormo - in media - dalle 9 e 30 alle 14.

Probabilmente restando a letto dormirei di più, ma vorrei evitare di svegliarmi alle 8 di sera avendo invertito completamente il giorno con la notte. E comunque ho notato che mi sveglio da solo anche prima, e non penso che restare a letto mi farebbe sentire meglio.

Io poi tendo a non fare colazione, mentre tanti appena smontato vanno a farsi cappuccino e cornetto. La mia preoccupazione è che andando a letto subito dopo mangiato non riuscirei a prendere sonno, o mi verrebbero reflusso, gastrite e quant'altro... non so, è da sperimentare.

Ancora, ho sentito di qualcuno che fa tutta una tirata: smonti alle 8-9, e vai a dormire la sera dopo. Solo che magari sono persone che durante il turno riescono a dormire qualche ora, per cui rispetto al mio caso è un po' diverso.

Insomma, fatto sta che sono andato in giro per internet, e ho trovato tante discussioni e consigli ed esperienze personali da parte di chi fa turni notturni. Però non c'è una soluzione "migliore" o "giusta", sono tanti piccoli consigli.

Anche quella storia che alle 2 di notte non c'è una mensa ma devo portarmi un panino... ma in ospedale è pieno di lavoratori notturni, possibile che nessuno pensi a loro?

Eppure nessuno si sognerebbe di dirti di andare a letto - parlo di chi vive secondo orari normali - dopo aver mangiato pesante, dormendo 3-4 ore, svegliandoti in orari strani eccetera eccetera. Come si mangia e si dorme normalmente sono dati assodati e universalmente riconosciuti, e se non stai bene perché dormi male o mangi in orari sbagliati è una cosa che è subito evidente a chiunque.

Invece per chi fa i turni di notte è tutto un "per sentito dire", un "io mi trovo bene così" o un qualcosa comunque di precario e personalizzabile.

Ecco. La mia riflessione è che finché fai tutto quello che è esattamente "normale", comune, di moda o "mainstream" (qualsiasi cosa significhi), allora puoi seguire un certo binario e avere tutti i consigli e le indicazioni del caso. Come esci dal seminato, invece, stai per conto tuo e - insomma - devi arrangiarti.

Questo già mi pare di averlo detto anni fa riguardo alla seconda laurea, allo studiare a 30 anni e al fare insomma qualsiasi cosa non fosse quello che più o meno fanno un po' tutti quanti gli altri. Il turno notturno non fa che confermare il discorso, anche se non è nemmeno così strano fare turni di notte, specie in un ospedale dove le notti toccano - più o meno - praticamente a tutti.

Vabbe'. Devo trovare il modo per organizzarmi meglio con gli orari, e magari chiedere consiglio a qualcuno che ha più esperienza di me con questi turni.

Per il resto, niente novità particolari. A Maggio dovrei alternare i miei turni tra pronto soccorso e reparto. Ma ora è un po' presto per parlarne, e comunque non è che abbia avuto ancora indicazioni precise.

Tanto ci sentiamo sempre qui... per cui, vi terrò aggiornati.

Simone

25/03/16

Turni e rotazioni.

La prima gif animata in 10 anni di blog! Funzionerà?!
Ho quasi finito i primi 2 dei 3 mesi della rotazione in pronto soccorso.

Devo dire che mi trovo bene. Anche troppo bene. Cioè, per chiarire: io metterei subito la firma per fare solo ed esclusivamente questo per i 4 anni e mezzo di specializzazione che rimangono.

Mi piace fare i turni e non dover andare in ospedale sempre di mattina. Mi piace il pronto soccorso. Mi piace essere il primo a vedere un paziente acuto.

Mi piace aver studiato l'elettrocardiogramma, la radiologia, l'emogas, la semeiotica, l'ecografia e tante e altre cose, e applicarle su qualcuno che non sta bene per riuscire a capire che cos'ha.

E - anche se sembrerà un'affermazione un po' "pesante" - mi piace fare le notti. Non tanto per le notti in sé, che come tutti detesto, quanto per i 2 giorni di riposo una volta che ho smontato.

Certo è che è un tipo di lavoro e di impostazione - questa del pronto soccorso dico - che penso non sia la più adeguata per imparare. Che poi io ho già "imparato" abbastanza cose, ma c'è bisogno di crescere ulteriormente e non è detto di poterlo fare senza guardarsi anche un po' in giro.

Da studente in fin dei conti stavo un po' "da parte". Non ero richiesto né necessario. E se volevo stare dietro a cose che mi interessavano di più potevo farlo e potevo dedicarmi di volta in volta al paziente più interessante o all'esame e alla procedura che poteva insegnarmi di più.

Da specializzando devi fare - anche - il tuo lavoro. E se stai dietro al tuo lavoro non è che puoi mollare tutto per andare in radiologia a vedere l'ecografia che ti interessa, dal chirurgo per mettere i punti o insomma in generale non puoi fare quello che ti pare a te.

Per cui sarebbe bello e anche per certi versi giustissimo fare 5 anni di pronto soccorso e basta, ma ci saranno tante altre rotazioni e posti in cui frequentare (già probabilmente da Maggio).

E se da un punto di vista non avrei voglia di cambiare e fare altro, da un altro punto di vista mi rendo conto che serve anche quello, e che mi toccherà andare pure in posti che non mi piacciono per niente anche solo per imparare un'unica singola cosa che potrebbe servirmi un domani.

Sempre seguendo quest'idea, penso a breve di iscrivermi a un corso di ecografia da seguire al di fuori dei turni da specializzando.

C'è una società che si chiama SIUMB e che organizza corsi a livello nazionale. C'è una scuola SIUMB un po' in tutti gli ospedali grossi di Roma... e insomma: iniziamo a "spingere" un po' di più sull'ecografia della SIUMB, e più avanti vedremo di concentrarci anche sulle altre cose.

Concludo scusandomi per la lunga assenza, per aver tardato un sacco a rispondere a qualche mail (ma credo di aver risposto a tutti, se non è così scrivetemi di nuovo!) e per aver latitato pure un po' sui commenti. A questo "giro" però ho scritto un posto un attimino più lungo del solito... per cui spero di aver - almeno in parte - rimediato :)

Simone

26/02/16

Meglio.

Foto che ho usato e riusato 10 volte. Grazie, Wikipedia!
Dopo qualche turno un po' così così, ho iniziato a entrare un pochino di più negli ingranaggi del pronto soccorso, e gli ultimi giorni sono andati piuttosto bene.

Praticamente mi è capitato di chiamare pazienti in attesa, fare anamnesi (e vabbe') visite, ecografie, prelievi, chiedere esami... eccetera, eccetera ed eccetera.

Tutto ovviamente in una forma "embrionale", da migliorare o sotto la supervisione di infermieri e strutturati di turno, e con una lentezza che una volta che ho visto un paziente io ne sono arrivati altri 10. Però, insomma, l'ho fatto.

Quello che un po' mi manca è l'aspetto della terapia e del decidere cosa fare se dagli esami viene fuori qualcosa e il paziente va ricoverato. Ma appunto l'idea è che io sia li proprio per imparare anche questo.

Oltre a questo ci sono anche i codici rossi, la parte gestita dai rianimatori, i consulenti, la radiologia... questo per dire che è tutto un po' più complicato di così e non è ovviamente che ho iniziato a fare chissà cosa dall'oggi al domani o che stavo qui per vantarmi di chissà che. Volevo solo dire che ho fatto quello che mi piace fare, e sono contento.

Devo anche dire che l'esperienza passata da studente e tirocinante e poi col master (che ho dovuto abbandonare) mi ha aiutato e impostato tantissimo. Avessi dovuto iniziare da zero, penso che l'impatto sarebbe stato più difficile.

Comunque sono proprio contento: nel personale ci sono anche già alcuni specialisti in medicina d'urgenza, e quando ho seguito per intero (o quasi) dei pazienti con loro mi sentivo molto, molto, molto indirizzato su un percorso che mi piace e che vorrei continuare a percorrere.

Le notti pure sono andate benino. Lì però lo specializzando ha un ruolo diverso, e diciamo che è molto più faticoso e un po' meno gratificante. Però dopo la notte hai 2 giorni di riposo, e io la vedo un po' più così: della serie "resisti, che poi domani e dopodomani ti riposi".

Comunque sia diciamo, che io mi farei tranquillamente tutti e 5 gli anni di specializzazione così.

Questo purtroppo non sarà possibile: tra altri 2 mesi ci sarà una nuova rotazione e mi manderanno di nuovo in reparto e poi in (credo) cardiologia. Qualche turno da coprire in pronto soccorso me lo daranno sempre, ma non sarà proprio come fare l'urgentista a tempo pieno. L'idea è quella di mandarci in tanti posti a imparare tante cose che poi utilizzeremo come urgentisti. E come idea sulla carta non è niente male. Bisognerà vederne - in pratica - la realizzazione.

Comunque sia, se l'unico (quasi) aspetto negativo del pronto soccorso è che non sono sicuro di poter fare tanto pronto soccorso quanto vorrei, possiamo anche dire che è l'ennesima conferma di aver trovato la strada che mi piace e di aver fatto la scelta giusta.

In futuro o anche solo più avanti non so cosa farò e dove andrò a finire come medico. Intanto direi che possiamo essere soddisfatti.... e andiamo avanti così.

Simone

15/02/16

La questione della notte.

Mi sarei accontentato di un dolcetto...
Tutto sommato nei miei primi turni di notte mi ha detto piuttosto bene: non ci sono state le situazioni sfigatissime che sono toccate ad altri colleghi (e che perciò prima o poi toccheranno anche a me) con 50 pazienti da rivedere, 8 ricoveri da fare in reparto né altre tragedie similari.

Non ho fatto casini degni di ricevere particolari cazziatoni (o, per lo meno, non sono ancora arrivati). Non ho avuto turni con superiori che mi odiavano e nessuno degli utenti del pronto soccorso ha nemmeno provato a picchiarmi.

C'è stato invece qualche paziente messo malino da dover seguire un po' più attivamente nel corso di 12 lunghe, interminabili ore. Ma questa è normale amministrazione.

In ogni caso, dopo 6 ore di lavoro in pronto soccorso secondo me qualsiasi medico è già stanco, e il rendimento inizia a scemare. E va bene fare di più, ma 12 ore filate sono proprio una "botta" e non ci credo nemmeno se lo vedo che alle 7 e 30 di mattina qualcuno lavora bene come avrebbe lavorato il giorno prima.

Personalmente, ho notato che fino a 8 ore (cioè le 4 del mattino) reggo alla grande. Davvero tutto sommato andare a letto alle 4 è una cosa che da "giovane" facevo regolarmente, e non mi pesa più di tanto. Io sono anzi uno che - tante volte - prima delle 2, 3 e (appunto) 4 di mattina si rigira nel letto senza prendere sonno, per cui una scusa "istituzionale" per restare alzato mi può anche andare bene.

Il brutto arriva alle 6: lì i bioritmi iniziano a saltare. L'organismo si rende conto che la notte è "persa" e che ormai è mattina, mentre il PS inizia nuovamente a riempirsi di gente. Parenti che vogliono informazini, infermieri che si danno il cambio, consulenti e gente non meglio definita che gira, chiede cose, fa domande.

E insomma lì è il momento brutto che pretendono tutti uno che faccia le cose come se fosse fresco e riposato, invece nel cervello hai il classico criceto sulla ruota che gira e non vedi semplicemente l'ora che arrivi il cambio.

La cosa peggiore di tutte, però, cioè sul serio la cosa peggiore del peggio del peggio, è che se durante il turno di notte ti viene fame (o meglio: QUANDO ti viene fame) non hai altro che le macchinette con qualche schifezza confezionata.

Io capisco tutto, e adesso di sicuro mi direte qualcosa tipo: "eh ma tu devi salvare la vita alla ggente©! Che cazzo pensi a mangiare?!"

E sì. Tutto vero, e tutto giusto.

Però, cioè: facciamo una professione e un mondo basata sull'essere attivo 24 ore su 24, ma nessuno pensa che dopo 6 ore di lavoro un essere umano ha bisogno di fermarsi mezz'ora per mangiare qualcosa. Nessuno pensa che a mangiare patatine confezionate alle 3 di mattina rischi che ti venga un infarto a 30 anni (che per lo meno ho scampato) o che volersi sdraiare un'oretta - cosa che finora è stata semplicemente impossibile - sia una necessità fisiologica.

Se il pronto soccorso lavora 24 ore su 24, allora le 4 di mattina devono essere come le 4 di pomeriggio. No che muori di fame, non hai avuto manco una pausa, il personale è ridotto, fai il doppio del lavoro e chi più ne ha più ne metta.

E questa purtroppo non è una realtà di Roma, e non è nemmeno la situazione italiana, perché - da quanto mi dicono altri colleghi che sono espatriati - è una cosa che viene accettata tranquillamente anche in tutto il resto del mondo.

Ecco. E non sono quelle 2 ore finali particolarmente stressanti il problema, e il problema non è nemmeno il dovermi portare un panino da casa. È solo questo fatto che proprio le persone dedicate alla salute e al benessere degli altri non siano state in grado di garantire condizioni di salute e benessere anche per loro stessi che mi lascia perplesso. Tutto qua.

Ma poi, dall'Inghilterra, mi hanno detto: "il sistema sanitario nazionale ha tagliato i fondi, e su qualcosa bisogna risparmiare". Per cui non è una questione di lavoro, etica professionale, orari, turni o solo io che ho fame agli orari sbagliati. È una questione di soldi. E a questo punto mi pare che ci sia ben poco da aggiungere, da commentare o da fare polemica. C'est la vie, come dicono a Barcellona.

Per il resto concludo dicendo che io mi sono - sinceramente - divertito. E lo so che non suona bene come espressione parlando di un pronto soccorso, e ovviamente con divertimento intendo un sano e giusto interesse e piacere nel fare il mio lavoro nel migliore dei modi... o almeno provandoci.

Cioè, davvero: il turno più brutto, pesante, e che non vuole fare nessuno alla fine mi è piaciuto. A parte quando ti svegli il giorno dopo alle 2 di pomeriggio col mal di testa, il sonno, la fame che non capisci se è di cornetti o di carbonara e una vocina dentro che ti dice "se lo faccio di nuovo, muoio". Ecco, quello un po' meno.

Però giuro che sono quasi contento di avere di nuovo un'altra notte a breve. Che il quasi lo scriverei a caratteri cubitali e in neretto e sottolineato... ma c'è pure il "contento" che viene dopo. Davvero.

E non ero mai stato contento del lavoro che facevo prima. Nemmeno quasi o quasissimo. Per cui, insomma, uno si accontenta... e continuiamo così.

Simone

15/01/16

Arrivano i turni di notte... e uno strumento interessante.

Un pronto soccorso di notte nel gelo: entrambi i problemi risolti.
A breve farò il primo turno di notte.

Non che sia il primo in assoluto: mi è capitato tante volte di andare in pronto soccorso la sera.

Solo che l'ho sempre fatto da studente o medico frequentatore, per cui non dovendo per forza coprire tutto il turno non sono mai rimasto fino alla mattina seguente.

Ora invece insomma mi tocca il "canonico" 20-8: 12 ore di fila dal tramonto all'alba come il titolo del film... anche se il tramonto non lo vedrò, che a quell'ora è già buio.

Comunque sia, nel PS del mio ospedale - durante la notte - lo specializzando non visita i pazienti "nuovi" ma si occupa di rivalutare quelli che sono già ricoverati. Considerando i numeri delle persone che si recano in un qualsiasi pronto soccorso italiano ogni giorno, potete anche immaginare che razza di casino mi aspetta.

Per cui insomma mi aspetto una bella "mazzata", anche se poi non è che dovrò tornare di corsa in reparto e avrò un minimo di tempo per recuperare. Tra l'altro questo è solo un turno - diciamo - di "prova", ma da Febbraio me ne toccheranno 3-4 al mese (sperando non più di quelli) e allora sì che la cosa potrebbe diventare impegnativa.

Per adesso la prendo come una nottata "alternativa", e vi farò sapere come è andata.

Altra cosa di cui vi volevo parlare, è questo coso qui: Neuronguard.

Si tratta di uno strumento italiano, inventato con l'idea di "raffreddare" il cervello.

Questo perché da un lato ci sono varie evidenze scientifiche che provano che - in caso di danno cerebrale (parliamo principalmente di ictus e arresto cardiaco) - raffreddare la temperatura corporea può potenzialmente portare a un notevole giovamento per il paziente... ovviamente in alcuni casi e in determinate situazioni.

Dall'altro lato, raffreddare anche di pochi gradi una persona è davvero difficile. Non si riesce a fare tanto bene nelle sale rosse dei pronto soccorso (diciamo che in genere non si fa proprio) e figuriamoci poi iniziare a farlo in ambulanza.

Insomma questo è uno strumento interessantissimo, e - come già nel caso del materiale anisotropo per l'ecografia di cui ho parlato qui - vorrei provare a contattare chi lo sta sviluppando per vedere se potrebbe essere possibile partecipare a qualche ricerca a riguardo o saperne semplicemente di più.

Così come per la storia del materiale anisotropo non mi aspetto che nessuno faccia i salti di gioia nel trovare un mio contatto... ma tentar non nuoce, e pure qui vi farò sapere se ci saranno novità.

Buona notte a tutti!


Simone

25/11/15

Pro e contro della specializzazione, finora.

La media dei pro e dei contri dà un risultato... medio.
Penso sinceramente - e questa cosa l'avevo già prevista - che dopo l'ingresso in specializzazione il blog abbia un po' rallentato.

Forse manca un po' quell'idea di base di voler raggiungere qualcosa, e che ora - dopo che il "qualcosa" è stato raggiunto - ovviamente non si può più sfruttare.

Arrivare alla fine della specializzazione non è certo un obiettivo valido come arrivare alla laurea e cambiare vita... o almeno a me pare che non sia così, per cui dovrei trovare dell'altro.

O forse anch'io non mi sono tanto immedesimato in questo nuovo ruolo da medico alle prime armi, e non riesco tanto a tirare fuori post (quasi) interessanti con una certa frequenza come - spero - facevo prima.

E va bene, che tanto non è che nessuno viene qui a darmi un voto o a giudicare quello che dico. Speriamo piano piano di ritrovare un po' una specie di filo del discorso che ora latita, ecco.

Intanto vi lascio con qualche impressione così "leggera" su questo primo mese di specializzazione. Un po' di pro e contro:

CONTRO

- Alzarsi la mattina prestissimo, perché se esci di casa un po' in ritardo becchi il traffico della morte e non arrivi più.

- Il traffico della morte all'andata.

- Il traffico della morte al ritorno.

- Insomma il traffico.

- Pazienti dottori parenti infermieri barellieri elettricisti muratori e chiunque altro che ti chiedono cose di cui non sai nulla. E tu non puoi rispondergli "deve domandare al dottore", perché il dottore sei (pure) tu.

- Io ho fatto tutta 'sta storia per fare il medico di pronto soccorso... ma per ora pare che in pronto soccorso andremo più avanti. E vabbe', aspettiamo...

- Lo spaesamento totale di fronte a cose che nel posto dove stavi prima non si facevano, si facevano in maniera diversa o che comunque non sai e non sai fare.

- La burocrazia medica che rivaleggia con la burocrazia ingegneristica.

- La sensazione a volte di aver lavorato davvero tanto, per combinare davvero poco.

- Il fatto che - se tutto va bene - pranzi tra le 14:30 e le 15:15 e poi ti prende l'abbiocco.

- Il sabato che è come tutti gli altri giorni della settimana, e devi alzarti prestissimo uguale. 

PRO

- Mi stai dicendo che gli specializzandi li pagano?! Non mi pare una cosa tanto credibile, verificherò.

- Il fatto che - qualche volta - pare addirittura di imparare qualcosa.

- Quando parli con pazienti, parenti, infermieri e insomma tutta la gente che dicevo sopra, e ti pare quasi di aver fatto una figura decente.

- Tornare a casa dopo il lavoro e notare che hai ancora del tempo libero per fare altre cose... anche se poi lo passeresti a dormire.

- Il fatto che se per caso il traffico della morte ha la meglio e tardi un po' - almeno per ora - non ti fucila nessuno.

- Il sabato mattina, che non c'è traffico.

- L'idea che ora fai una cosa e più avanti ne farai altre e poi altre ancora. Così - male che vada - ti annoi di meno.

- Un sacco di gente con cui si lavora benissimo.

- Ricordarmi - di tanto in tanto - che fare il dottore, mi piace.

In sintesi, tante cose e tanti sentimenti contrastanti, con tanti lati negativi legati più ad aspetti "esterni" al lavoro vero e proprio, e che col tempo per forza di cose mi peseranno di meno.

Così aspettiamo futuri sviluppi, anche per le idee e per la scrittura (o soprattutto per quella) e - comunque - andiamo avanti.


Simone

15/11/15

Il lavoro da specializzando.


Altre due lettere di dimissione da scrivere...
Per il momento, gli aspetti più impegnativi di questo lavoro da specializzando sono stati:

1) Alzarsi presto 6 mattine su 7 per 2 settimane consecutive.

2) Il traffico assurdo per andare e tornare dall'ospedale.

Tolti questi due punti, che tra l'altro non hanno nulla a che vedere col lavoro vero e proprio, la specializzazione è partita in maniera totalmente indolore:

Sono in reparto la mattina presto. Mi guardo le consegne del turno prima e gli ultimi esami dei pazienti. Faccio un po' da "spalla" allo strutturato di turno. Litigo con lettere di dimissione e burocrazia varia e alla fine sono a casa per un orario più che accettabile.

Certo, ripeto, stare in ospedale 6 giorni su 7 è in ogni caso un bell'impegno, e alla fine pure la Domenica la passo più a dormire che a fare altro. Però in queste due settimane ho continuato a uscire la sera (magari rientrando un po' prima) a vedere i miei e insomma a vivere la mia vita "normale" senza pensare solo e soltanto al lavoro.

Ora mi aspetta una settimana con turni di pomeriggio, e poi si ricomincia da capo con questi "cicli" trisettimanali che dovrebbero durare circa 6 mesi. In ogni caso insomma devo ancora prendere meglio il ritmo, per cui le cose non potranno che migliorare ancora.

Riguardo al lavoro in sé, credo che mi piacerà di più quando inizierò ad andare in pronto soccorso, ma c'è da dire però che anche il reparto non è poi così male. Se fatto bene gestire un reparto di medicina è difficilissimo, e ci sono tante di quelle cose da capire e da imparare che è comunque una sfida enorme.

Certo, mi manca un po' la concitazione del pronto soccorso e la "velocità" delle emergenze. Mentre in questo primo anno la maggior parte del tempo la passerò a imparare un po' di più su terapie, su come è organizzato l'ospedale e su cosa devi cliccare sullo schermo per chiedere un esame e a che numero devi telefonare quando il suddetto esame si perde e non arriva più.

Ma insomma, ammetto che mi sarà utile conoscere un po' meglio tante cose che prima - andando solo in pronto soccorso - semplicemente non vedevo. E c'è anche da dire che tutto questo "da fuori" pareva molto peggio, e che - tutto sommato - a tratti il lavoro è stato anche divertente.

Qualche dettaglio in più, e qualche "storia" nello specifico con pazienti e colleghi del reparto magari ve la racconterò con i prossimi aggiornamenti. Intanto ora stacco e vado a dormire, che domani si riparte.

Simone

08/11/15

La prima settimana di specializzazione.

La mattina entri qui... poi vai dritto, sali su ed entri in reparto.
Buona parte del primo anno di specializzazione la passerò nel reparto di Medicina d'Urgenza.


Alla fine c'è chi dice che all'inizio in reparto impari più cose eccetera eccetera. E sarà anche come dicono loro, ma io avrei preferito stare in pronto soccorso fin da subito per cui, insomma: arrivo il primo giorno alle 8 di mattina che non sono proprio convintissimo di essere finito nel posto dove volevo stare, e non so cosa aspettarmi.

Piano piano arrivano i dottori strutturati, e iniziano a vedere i pazienti ricoverati. C'è stato un gran movimento nel fine settimana, sono un po' tutti pazienti nuovi, e - insomma - c'è molto da fare.

Ci sono le consegne della notte prima da verificare. Poi bisogna sapere chi deve andare a fare degli esami, e dove. Si fa il giro visita, e dopo bisogna scrivere al computer per ogni paziente che cosa è successo, che novità ci sono e cos'altro si deve fare.

Se dimetti uno c'è da scrivere la lettera (appunto) di dimissioni, e se non sai come si fa è un po' un casino. Poi c'è chi arriva, chi telefona, i parenti che chiedono notizie, la terapia da scrivere... insomma, un botto di cose.

Il gruppo che seguo io ha quattordici pazienti, e io non mi ricordo chi sia nemmeno mezzo. Tanta medicina interna che io non conosco. Un modo di lavorare per forza di cose un po' diverso a quello a cui ero abituato e pure tanta, ma tanta burocrazia da tenere a bada.

Finisce il turno che sono un po' stanco. Non mi pare di averci capito molto, ma vedremo meglio domani.

Martedì sono di nuovo in reparto dalle 8... e va tutto molto peggio: gli altri dottori sono informati del risultato degli esami del giorno prima, ma io non ho capito come hanno fatto a vederli. Per scrivere una lettera di dimissione ci metto 1 ora. Qualcuno va a fare TAC e coronarografie, ma non so chi, come, dove e perché.

In pronto soccorso bene o male c'erano delle cose che facevo io, e avevo trovato un certo equilibrio, ma qui mi sento completamente un pesce fuor d'acqua. Mi domando se ce la farò a resistere un anno intero in questo modo, e la risposta è che non lo so.

Mercoledì arrivo un po' più determinato. Al computer riesco a capire dove sono le consegne aggiornate. Me le stampo, leggo gli ultimi esami fatti dai pazienti e cerco di ricordare chi ha fatto cosa e - più o meno - qual è il risultato.

Qualcosa ancora me la sono persa, però al giro visite sono un minimo più orientato e riesco a capirci un pochinino di più. Alla fine, insomma, andiamo meglio.

Giovedì finalmente scopro che, se chiedo alla capo-sala, c'è un elenco con tutti gli esami che devono essere eseguiti in giornata. Cioè se Mercoledì sapevo che il signor Piripacchi avrebbe dovuto fare - prima o poi - l'ecografia dell'orecchio, adesso potevo sapere anche nello specifico se la faceva questa mattina o questo pomeriggio. Un trionfo.


Venerdì arrivo che sono contento. Riconosco addirittura alcuni dei nostri 14 pazienti, mi riguardo gli esami e - con un minimo di apprensione - di tanto in tanto butto pure uno sguardo alla terapia. Sulla lettera di dimissioni scrivo anche qualcosa di vagamente più specifico di un: è venuto in ospedale, perché stava male.

Sabato mattina alzarsi dal letto è un mezzo dramma. Ma devo ammettere che - dopo di quello - la giornata è tutta in discesa. Tra l'altro essendo Sabato per strada non c'è nemmeno traffico, e andare in ospedale l'avrei quasi potuto definire "piacevole".

Quello che ho capito in questi primi giorni, è che in reparto il mio limite principale è che sto appresso a fogli, fotocopie, cartelle, esami, stampe, tracciati e tutto il resto... ma poi mi scordo completamente chi cazzo siano i pazienti, e che cosa stiano lì a fare.

Ogni tanto però di qualcuno mi ricordo. Vado a salutarlo e a vedere come sta, e magicamente mi tornano un po' alla mente anche i suoi esami e quello che gli è successo. E mentre lo faccio mi rendo conto che mi piace pure, e che mi sto - quasi - divertendo.

Bisogna lavorare su questo: curare le persone, e non le loro carte. Che in un certo senso è un po' come quando in sala rossa mi dicevano che dovevo preoccuparmi del paziente, e non dei parametri che leggevo sul monitor.

Alla fine, insomma, un punto in comune tra pronto soccorso e reparto l'abbiamo pure trovato. E a questa prima settimana - nonostante le premesse tragiche - siamo pure sopravvissuti.

Speriamo di andare avanti così.

Simone

12/10/15

Un ingegnere in pronto soccorso?

Quello in piedi al centro - secondo me - è un ingegnere.
Iniziamo col dire che ho praticamente concluso la frequenza del vecchio ospedale/pronto soccorso.

Ultimamente sono andato ancora di tanto in tanto e più che altro per salutare il dottore con cui ho fatto la tesi e gli altri medici con cui ho frequentato questi anni. La volta scorsa però ho svuotato l'armadietto, e tolto tutte le mie cose.

E alla fine uno si sta sempre a lamentare durante l'università di quanto si stanca, di quanto è faticoso e di quanto non vede l'ora che siano finiti i tirocini. Ma poi ti ritrovi a raccattare la tua roba con la malinconia e il nodo alla gola, e vorresti quasi essere rimasto in quel limbo di studente non studente, dottore non dottore che pareva tanto scomodo ma che adesso un po' già mi manca.

Oltre a questo ho parlato col primario del nuovo ospedale, e ho chiesto di poter andare in pronto soccorso (il loro) qualche volta prima dell'inizio della specializzazione.

Questo un po' per iniziare ad ambientarmi. Un po' perché non mi andava di partire da zero il primo giorno ritrovandomi subito catapultato in un impegno a tempo stra-pieno. Un po' perché troppo tempo libero può anche ucciderti e un po' anche perché - se devo frequentare da qualche parte così a tempo perso - magari ha senso anche farlo nell'ospedale dove faccio (farò, diciamo, a breve) la specializzazione.

Sono abbastanza in ansia. Ho preparato casacca, camice e tutto il necessario. Ma la casacca buona è a lavare e ce ne ho una che pare un pigiama, i camici sono tutti mezzi distrutti... e insomma speriamo di non partire subito facendo la figura del barbone. Almeno quello.

Riguardo al blog, volevo anche dirvi che - una volta iniziata la specializzazione - vorrei continuare ad aggiornarlo magari tornando un pochino ai "vecchi tempi", con racconti di vicende da ospedale e tutto il resto.

Certo, credo che nei racconti passati ci fosse diciamo un aspetto di "interesse" dato dalla novità (per me) nei confronti dell'ambiente ospedaliero. Il primo incontro con i malati, con la sala operatoria, con le emergenze... e poi anche e ovviamente tutta la storia che Medicina è la mia seconda laurea di cui penso avrete sentito parlare qui o da qualche parte.

Insomma i fattori di interesse principali dei vecchi racconti si sono un po' esauriti. C'è la cosa che arrivo da un'altra professione, e allora "un ingegnere in pronto soccorso" potrebbe essere per lo meno un minimo l'idea iniziale, lo spunto (nel gergo editoriale lo chiamerebbero "dinosauro") per impostare la cosa.

Ma a parte che un titolo così non chiarisce tanto se uno in pronto soccorso ci lavora o c'è finito, il rischio è che senza quei punti di interesse di cui parlavo poco fa (la seconda laurea e i primi tirocini) i racconti si rivelino di una noia letale.

Vedremo. Intanto l'idea c'è, poi se ci sarà una realizzazione di qualche tipo magari sarà anche meglio.

E nel caso, quando e se e come vorrete leggerli, magari mi darete la vostra opinione.

Simone

26/09/15

La quiete prima della tempesta.

E dopo la prima settimana: "non vedo l'ora di andare in ferie!"
Era un po' che non aggiornavo il blog.

Il fatto è che, terminato il concorso e finiti gli scorrimenti, non è che ci sia stato più molto da dire.

Ho fatto tutte le procedure di immatricolazione alla specializzazione, ho fatto le visite di controllo per la sorveglianza sanitaria, sono andato a incontrare il direttore della mia scuola e alcuni degli altri specializzandi e - ovviamente - ho visto l'ospedale nuovo.

La struttura è enorme, bellissima, di quelle dove ti perdi dentro. Un po' come tutti i grandi ospedali, del resto.

Per trovare i vari ambulatori dove ho fatto le visite mi sono perso 3-4 volte. E se dove mi sono laureato e ho frequentato per anni c'era ormai una sensazione di familiarità e di "routine", ammetto invece adesso di essermi sentito un po' un pesce fuori dall'acqua.

Ci vorrà un po' insomma, una volta iniziata la specializzazione, per ambientarmi, ma penso che questo sia fisiologico e - insomma - ci passerò tanto di quel tempo che alla fine inizierà per forza di corse a sembrarmi una seconda casa.

A parte questo, tutto sommato c'è poco da dire: tra un po' mi daranno il tesserino e dovrò tornare per scegliere la taglia della divisa. Ma per il momento sto in tutta tranquillità ad aspettare il primo novembre, data dell'inizio della specializzazione.

Credo che una volta iniziato avrò decisamente poco tempo libero, per cui prenderò l'occasione di questi giorni per starmene il più possibile tranquillo e per sistemare un po' di cose ora che ho l'opportunità di farlo.

Per il resto sono abbastanza eccitato da questa nuova opportunità, e se come ho già detto nel prossimo futuro non mi capiteranno più tanto facilmente dei periodi di pausa, è pure vero che spero quasi che questi giorni passino in fretta e che non vedo l'ora di cominciare.

Continuo a chiedermi tante cose: come sarà il lavoro? Che orari farò? Che reparti mi faranno frequentare? Sarà pesante fare avanti e indietro da casa, visto che l'ospedale è piuttosto lontano? Mi ambienterò facilmente? Come saranno i miei nuovi colleghi?

Più di tutto: in questi 5 anni diventerò davvero un medico esperto, e sarò capace di fare bene il mio lavoro e di "investire" - diciamo - come si deve le mie capacità una volta che sarò "fuori" dagli ospedali universitari?

Tante domande. Forse troppe, direi.

Ma è anche vero che la parte difficile, in tutto questo percorso, è stata la laurea. Poi preparare il concorso, tutti questi mesi del master col dubbio se sarebbe servito a qualcosa e se avrei mai trovato davvero un lavoro come dottore.

Ormai invece sono qui, e il più e veramente fatto. Posso anche semplicemente godermi il momento, e aspettare con calma che le cose facciano il loro corso.

Simone

04/09/15

Ho ri-vinto il concorso di specializzazione.

Il miglior posto dove specializzarsi: a casa.
Alla fine le nuove graduatorie sono uscite.

C'è stato un solo scorrimento di un unico posto, con l'incredibile risultato che risulto assegnato a Roma.

Effettivamente, fare la specializzazione in Medicina d'Urgenza nella mia città mi pareva un risultato irrealizzabile, ed era uno dei principali motivi (se non proprio l'unico) per cui non avrei voluto nemmeno tentare il concorso di specializzazione.

Cioè - mi dicevo - ma come è possibile che io riesca a superare centinaia di 20enni super-preparati? Era impossibile.

Certo la fortuna ci ha messo molto del suo: alla fine anche una sola crocetta messa in maniera diversa poteva cambiare totalmente le cose, e lo stesso gli scorrimenti non erano scontati ma anzi - in un concorso del genere - ci si aspettave che non ce ne fossero proprio.

E così in questi giorni ho anche realizzato che, forse, sono (quasi) bravo a dare consigli, ma che sono sicuramente meno bravo a consigliarmi da solo. Cioè, a chi mi dice di volersi iscrivere a questa o quell'altra facoltà, o che ha dei dubbi o insomma non sa se provare o no, io dico sempre: intanto provaci, poi vedi come va e alle brutte - per lo meno - avrai fatto un tentativo.

Eppure se fosse dipeso da me avrei lasciato perdere e basta. Fortuna che mi sono lasciato convincere da un (bel) po' di persone che la pensavano diversamente. E così pure io alla fine mi sono detto: vediamo come va... e - contro qualsiasi mia aspettativa - è andata.

Mi torna in mente una frase che ho scritto - se non ricordo male - all'inizio di questo percorso. 6 o 7 anni fa: c'è qualcosa dentro di noi che ci fa credere che tante cose siano impossibili. Quando, invece, non è vero.

Se devo proprio essere sincero non ricordo benissimo come era la frase, e in che post e in che contesto l'ho scritta. In ogni caso, in questo momento della mia vita credo fortemente che viviamo in un mondo carico di cambiamenti inespressi, successi abbandonati e invenzioni mai portate a termine.

Abbiamo così paura che i nostri sforzi non vengano ripagati, che preferiamo la sicurezza di ciò di cui siamo scontenti. 

Ma insomma, senza farla troppo retorica o melodrammatica: con questa storia della specializzazione ho realizzato una cosa che non pensavo - assolutamente - di poter fare. Ancora non l'ho completamente realizzato, ma è così.

Alla luce di questo se avete un progetto, un'idea, un qualcosa che vorreste costruire... il mio consiglio è che per sentirvi depressi e sconfitti avrete comunque tempo tutta la vita. Intanto magari provateci: non si sa mai che - alla fine - non rimaniate sorpresi anche voi.

Simone

23/06/15

Il concorso per la specializzazione.

Basterà questo pezzetto di matita per altre 10 mila crocette?
Oggi si sono chiuse le domande per iscriversi al concorso, e insomma: siamo (?) iscritti, è andata, ed eccoci in ballo.

La cosa positiva del concorso è che ci sarà a fine Luglio. Una data abbastanza ravvicinata che non ci costringerà a studiare per mesi e mesi ma bensì soltanto per un tempo relativamente limitato.

La cosa negativa è che tra libri di test, vecchi testi, manuali e quant'altro mi sono sepolto vivo di libri che probabilmente non riuscirò manco a leggere fino alla fine.

Quello che sto facendo è:

1) Test di prova su libri di test di prova con le crocette.

Questo è un buon esercizio e un buon ripasso. Fermo restando che - probabilmente - le crocette che faccio per prova con quelle che saranno al concorso non c'entrano niente.

2) Ripasso rapido di un po' di tutto.

In maniera molto soft mi sto risfogliando i vari libri (specie quelli delle patologie integrate) per rivedere gli argomenti che ricordo peggio. Ovviamente ristudiare (o studiare) tutto è utopico.

Il problema è che - per esempio - sono assolutamente una pippa su antibiotici e reumatologia. Per cui mi vado a rileggere quello che non ricordavo (tutte cose che in questi anni avrò già studiato 6, 7 e anche 10 volte) ma poi quando capitano altre domande a riguardo finisce che le toppo lo stesso.

Certe cose della medicina sono semplicemente poco intuitive, meno interessanti e - per quanto mi riguarsa - impossibili da imparare sui libri. È un fatto che io ho personalmente deciso di accettare. Gli scrutinatori dei concorsi, purtroppo, no.

Da quello che scrivo sembrerà chissà quanto stia studiando, ma la verità è che sono un po' "moscio" e non riesco a fare più di tanto. Anche in ospedale sto andando sempre meno: un po' perché devo studiare e non perdere tempo con altre cose. Un po' perché alla fine penso pure che - comunque vada il concorso - non potrò in ogni caso continuare a frequentare quel pronto soccorso in particolare... ed è un'altra cosa che un po' mi dispiace.


L'idea di non calcolare nemmeno l'ipotesi della specializzazione era anche perché mi aspettavo che sarebbe stato un periodo un po' di merda come questo: studio "a perdere" senza un obiettivo preciso, dover dire addio a posti e persone ai quali mi sono affezionato, l'idea che non vorrei sinceramente fare altro nella vita a parte il dottore... anche se per fare il dottore ci sono tanti modi, e come finisci a farlo non è necessariamente scontato.

Eh vabbe': torno un po' a studiare, che poi se no mi vengono i sensi di colpa. Prometto altre notizie a breve e aggiornamenti meno "rarefatti". O, almeno, ci proverò :)

Simone

04/06/15

Il concorso, e i progetti per il futuro.

Si prevede un'estate meravigliosa: quella del 2016.
Qualche giorno fa, è stato - finalmente - pubblicato il bando del concorso per l'accesso alle scuole di specializzazione (di Medicina, ovviamente).

Come dico da tempo immemore (si parla del vecchio blog!) io la specializzazione non la vorrei proprio fare. Cioè non la volevo o non l'avrei voluta, fare. O meglio ancora: non avrei voluto provare il concorso... che tra provarci ed entrare sul serio - effettivamente - c'è una bella differenza.

Insomma io speravo di arrangiarmi col master che sto facendo, ambulanza, corsi da ecografista eccetera. Il problema però è che a parte non aver trovato ancora altro (ma mi sono abilitato da pochissimo) il mio "desiderio" diciamo maggiore sarebbe quello di lavorare in pronto soccorso. E in pronto soccorso ormai prendono soltanto medici specialisti... e pure gli stessi specialisti non è che li assumano e li tengano con chissà quanta facilità. Ecco.

D'altro canto, la vita dello specializzando non mi attira proprio per niente:

Intanto col concorso nazionale finirò comunque lontano da casa. Che le città grandi sono più richieste e io posso ambire a qualcosa di più basso in classifica. Ma basso basso per non dire che se già in classifica ci entro sarà un mezzo miracolo.

Poi vedo specializzandi - non quelli di medicina d'urgenza, sottolineo - che stanno in ospedale dalla mattina alla sera. Più le notti. Più diversi fine settimana al mese. Parliamo di orari di 70-80 ore settimanali, magari in posti dove non ti insegnano nemmeno così tanto e stai solo lì a coprire le carenze di personale.

Insomma 5 anni lontano da casa in una sorta di galera, per avere un titolo in più da sfruttare - forse - per un lavoro futuro un po' più appetibile. E ripetiamo il "forse".

Una volta a 2-3 anni dalla laurea tutti i medici erano già specialisti in qualcosa. Bastavano anche 6 mesi di tirocinio per partecipare a certi concorsi, e poi andavi avanti. Adesso invece a 1 anno pieno dalla laurea si tiene il concorso per finire chissà dove a fare chissà cosa, e mi pare sinceramente una gran fregatura.

Per cui, va bene, il progetto è il sottostante:

Provo il concorso a fine luglio. Vedo se entro, dove mi mandano e dove vado a finire e se mi piace resto e mi specializzo. E punto.

Se invece non entro da nessuna parte o non mi piace dove finisco, mi iscrivo a un secondo master e inizio a lavorare in ambulanza. Poi dopo un po' mi apro qualcosa privatamente, e alla sanità pubblica e al pronto soccorso non ci penso più. Che mi pare non ci sia proprio tutta ques'taria. La fregatura è che per "provare" una specializzazione rischio di perdere il master in medicina d'urgenza (non si può essere iscritti a 2 cose contemporaneamente) ma speriamo di no e a questo ci pensiamo dopo.

A parte le magagne burocratiche, io sinceramente vorrei tantissimo lavorare nell'emergenza, e non ho mai avuto questa stima così inamovibile per la sanità privata. Però qua davvero non vedo altri percorsi, e specializzarmi in un posto che non mi piace inizia a essere un sacrificio davvero troppo grande anche per uno che - per fare il dottore - ha buttato al secchio un'altra laurea e ha ricominciato completamente da zero.

Un po' più di ottimismo la porta la possibilità della nascita del doppio canale. Praticamente lavori presso una ASL o non so in che struttura territoriale. Nel frattempo segui i corsi di specializzazione, e ti specializzi in non so quali scuole (non credo che sia inclusa medicina d'urgenza, ma potrei scegliere una specializzazione equipollente).

Insomma sarebbe un modo per restare nella sanità pubblica, specializzarsi, fare esperienza, magari avendo un ruolo di secondo piano per qualche annetto ma a condizioni tutto sommato migliori. Purtroppo non se ne sa ancora niente: è un'idea osteggiata e rifiutata un po' da tutte le associazioni studentesche, università, primari e medici ospedalieri - che forse non si rendono conto della situazione che stiamo vivendo io e tanti altri medici appena laureati - e le discussioni a riguardo non vengono rese pubbliche.

Io un po' invece ci spero. Come un po' spero che il concorso vada meglio del preventivato, e come spero che pure per conto mio una volta "mollata" l'idea irrealizzabile del lavoro nel pubblico troverò comunque qualcosa di gratificante e utile da fare.

Tante speranze e tanti progetti, insomma. E intanto, come da un po' di tempo a questa parte, aspettiamo.

Simone

30/03/15

Tra lavoro e volontariato.

E c'ho pure la divisa blu, che è "vintage".
C'è voluto un po' e ci ha fatto un po' penare, ma alla fine mi hanno finalmente iscritto all'albo e sono un medico-chirurgo laureato esame di stat-ato e abilitato a tutti gli effetti.

E confesso che è una bella ventata di ottimismo in un momento che iniziava a essere un po' smorto, tra ritardi attese e aspettative ancora lontane dall'essere realizzate.

Oltre a questo proseguo il master, proseguo il tirocinio, e il libro per il concorso di specializzazione l'ho anche aperto... ma poco più di quello, confesso.

Notizia di questi giorni è che 300 medici hanno vinto il ricorso, ed entreranno in specializzazione in sovrannumero. A me, oltre a far riflettere il fatto che alla fine il concorso l'ha vinto chi ha copiato o chi ha l'avvocato più bravo (anche se penso che fare ricorso fosse legittimo) pare comunque scontato che i 300 posti li toglieranno dal concorso successivo... sempre che questa situazione non lo faccia slittare di nuovo e che ce ne sia effettivamente uno.

E insomma l'idea "specializzazione" rimane sempre un po' traballante. Intanto, comunque, è un'idea che resta lì e vedremo se ci saranno gli estremi o meno per realizzarla.

Oltre a questo sono tornato - in un certo senso - in Croce Rossa, e ho rifatto il corso BLS-D, quello per usare il defibrillatore e compagnia. Che poi io ero già istruttore da prima di iscrivermi a medicina... ma aspetta oggi e aspetta domani mi è scaduto il brevetto e ho dovuto riseguire il corso base da capo.

Poco male. E anzi, il rapporto con i volontari della Croce Rossa mi ha anche fatto ricordare che nella sanità e nei suoi dintorni c'è anche gente disposta ad aiutarti e a fare qualcosa senza necessariamente aspettarsi qualcos'altro in cambio.

L'ambiente ospedaliero invece è più competitivo e legato a leggi burocratiche, e credo che anche da questi ultimi post traspaia un po' una certa insofferenza per un mondo dove è sempre più difficile trovare una collocazione e il modo di farsi valere.

Insomma ora siamo abilitati (io e più di altri 60 mila solo a Roma, a vedere il numero di iscrizione all'ordine). Piano piano mi sto riavvicinando alla CRI, e magari insomma farò gli altri corsi necessari e prima o poi qualcosa in Croce Rossa come dottore finirò pure per farla.

Magari potrei continuare parallelamente la frequenza di un pronto soccorso e farmi qualche altro anno di esperienza così, tra lavoro e volontariato. Certo è strano lavorare con i volontari e volontariare con i lavoratori... ma non è bruttissima come idea, no? Ed è solo una delle tante, visto che le opzioni sono davvero moltissime.

Speriamo di riuscire a "imbroccare" le migliori.

Simone

23/03/15

Poche notizie, buone notizie?

E intanto butto anche soldi per libri agghiaccianti.
Scusate se è un po' che non mi faccio sentire.

Volevo dedicare un post alla conferma dell'iscrizione all'albo, solo che ancora non è avvenuta. Per cui ad aspettare un altro po' il dominio scadeva, la gente iniziava a darmi per disperso e perdevo pure i pochi lettori che mi sono rimasti.

Per voler essere proprio un tantinino quasi polemici, da dopo la laurea ho pagato esame di stato, iscrizione all'ordine, dovrò pagarmi previdenza, assicurazione, master e corsi vari obbligatori... e tutt'ora dalla laurea a Luglio non posso ancora nemmeno esercitare.

E insomma, poi non è che per fare qualsiasi altro lavoro non si debba pagare o non ci siano rotture di palle. È un po' una cosa che ormai vale per tutti, e stare qui a lamentarsi dell'ovvio mi pare pure un po' inutile. Per cui, passiamo oltre.

Per il resto proseguo il tirocinio, proseguo il master, ho comprato un libro per la preparazione del concorso di specializzazione e ho iniziato a frequentare l'ambulatorio di cardiologia per cercare di imparare un po' meglio a fare le ecocardiografie.

In realtà in ambulatorio sono stato una sola volta. Che un po' non ho avuto tanto tempo, e un po' vorrei migliorare negli ecocardio ma non è che sia la cosa che mi appassiona più di tutte al mondo in assoluto.

Però, insomma: potremmo dire che almeno questa era una novità, e che valeva la pena aggiornare il blog almeno per dirvelo? Mah, non lo so. L'iscrizione all'albo sarebbe stata meglio.

Diciamo che ormai ci siamo quasi. Per cui sarà - spero - per la prossima volta.

Simone



10/03/15

Un po' (quasi) confuso.

Ecco: io la vedo - più o meno - così.
Ha detto bene uno dei commentatori allo scorso post (Raffaele): ma tu non eri per non fare la specializzazione?

In effetti il discorso dell'ultima volta sembrerebbe indicare una mia decisione di specializzarmi. O per lo meno la volontà, ecco.

Mentre tante altre volte avevo detto di voler lavorare come medico senza cercare di entrare in specializzazione prima.

Il fatto insomma è che sono abbastanza sul confuso spinto.

In pronto soccorso vado sempre, ma oltre a frequentare la parte di medicina d'urgenza frequento anche la chirurgia, un pochino anche i radiologi e - quando c'è l'occasione - il triage. Insomma mi piace molto l'ambiente del DEA, ma non riesco più di tanto a inquadrarmi dentro una branca in particolare.

Ho la sensazione di aver imparato - e di stare imparando - un'infinità di cose, ma poi mi domando: e dopo? Cioè, a cosa mi serve saper fare un po' di tutto, se poi non c'è un posto dove mettere questo un po' di tutto in pratica?

Che poi finché si tratta di dare una mano o di seguire i pazienti per conto di qualcun altro è tutto facile. Ma l'idea di ritrovarmi di punto in bianco a fare tutto da solo e ad avere tutte le responsabilità un po' mi spaventa, e un po' penso semplicemente di non esserne ancora in grado.

Ci sono persone che appena laureate prendono e fanno guardie, salgono in ambulanza, fanno sostituzioni... ma, bo'?! Saranno dei geni loro.

Io credo di aver bisogno di una "via di mezzo" tra il non aver alcun ruolo, e l'essere il primo in carica. Quello spazio che in linea di massima viene attribuito insomma agli specializzandi, e che appunto è una sorta di ponte tra l'essere studente e l'essere un professionista indipendente in tutto e per tutto.

Ma come dico sempre, l'idea della specializzazione è poco allettante.

Entrare a medicina d'urgenza è difficilissimo per via dei pochi posti. Le chirurgie sono più abbordabili, ma dovrei quasi sicuramente andare in un'altra città e di finire 5 anni - se mi dice bene - in una scuola che non mi piace, dove magari dormo 3 ore a notte e finisco col non imparare niente non è certo un progetto di vita esaltante.

Insomma, bo'?! Vorrei specializzarmi, ma non vorrei quasi nemmeno provarci. Sono un po' confuso, e non so tanto bene dove andare a parare.

Intanto aspetto l'iscrizione all'albo (dovremmo quasi esserci, si spera) e proseguo a studiare l'ecografia, a seguire il master e a fare pratica. Ma mi domando sempre di più se poi appunto tante cose le farò davvero, o se è solo un modo di fare medicina che rimpiangerò quando mi toccherà accontentarmi di quello che passa il convento.

E - per chiarire - non mi preoccupa il trovare lavoro in sé. Il lavoro come medico anche non specialista si trova, questo mi pare più che evidente.

Quella che al momento non vedo, è l'occasione di iniziare a lavoricchiare in qualche posto che davvero mi piace, senza rischiare di combinare qualche casino e avendo inoltre la possibilità di continuare a imparare. Mi manca un obiettivo a lungo termine, ecco.

Continuo a frequentare l'ospedale pensando che probabilmente nella sanità pubblica non lavorerò mai e dovrò inventarmi qualcosa da qualche altra parte. E se all'inizio ero partito con l'idea che dopo la laurea non avrei fatto chissà che cosa ma sarei stato comunque contento, arrivato a questo punto vorrei puntare al percorso migliore e più gratificante... ma che per il momento non so proprio quale sia.

Insomma sono un po' confuso. Che tutto sommato nella situazione attuale del neo-laureato medio potrebbe essere più che normale, e anzi sono sicuro che i dubbi degli altri miei colleghi appena abilitati saranno più o meno gli stessi.

E vabbe': quello che volevo dirvi l'ho detto. Andiamo avanti, e vedremo che sorprese ci porta il futuro.

Simone