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15/10/09

Tutti i nuovi CD che mi piacciono a me: e adesso, quale mi compro?

L'altro giorno, al solito super-mega-media-store, mi sono fermato di fronte alle ultime uscite musicali. Per la prima volta, credo, negli ultimi 10 anni, c'era talmente tanta roba interessante che non sapevo cosa comprare... e di cui ovviamente non posso fare a meno di parlarvi sul blog.

Backspace, il nuovo album dei Pearl Jam: questi non li ascolto da tipo 10 anni. Tanto per chiarire, è una band che ha realizzato uno dei miei dischi preferiti di sempre (TEN) e alcuni tra gli album di cui non potrebbe fregarmene di meno in assoluto (ehm, tutti gli altri).

Insomma, sul momento non mi fido troppo. Vediamo

Sulla mia pelle, di Noemi: sì, lo so lo so. Voi siete troppo musicalmente eruditi per ascoltare certe cose, ma a me il singolo (Briciole) mi piaceva, per cui vorrei almeno sentire com'è il disco vero e proprio.

Nightbook, il nuovo disco di Ludovico Einaudi: adesso qui le cose si fanno complicate, perché se questo dovesse piacermi potrei finire per non ascoltare altro per mesi. Almeno con quello di Allevi è stato così, ma di sentire una cosa sola ora che è uscita un sacco di roba... insomma, magari questo me lo compro dopo.

Sonic Boom dei Kiss: ricordo ancora quando ho comprato Revenge, qualcosa come 20 anni fa. Me lo sarò sentito 100 mila volte, anche se col senno di poi magari non era nemmeno 'sto gran che. Chi lo sa, sarebbe il caso di riascoltarlo adesso.

Insomma l'ultimo dei Kiss potrebbe essere il super-discone che riascolto per sempre (cioè, ragazzi: i Kiss!!!) ma poi magari invece è carino solo il singolo che passano alla radio, mentre tutto il resto dell'album è una merda. Chi può dirlo? Chi può rischiare?

Di sicuro non mi attira molto il fatto che il CD costi di più perché dentro c'è pure la compilation dei successi dei Kiss (come se non ce l'avessi già tutti!) e un cavolo di DVD inutile che non vedrò mai. Un po' come il disco orchestrale di Ligabue, che non ho mai comprato perché la versione solo CD non si trova (o forse semplicemente non esiste proprio) e io il video del concerto non lo voglio che non ci faccio niente.

E infine, tanto per farvi disprezzare ancora di più i miei gusti musicali.

The boy who knew too much, di Mika: ora mi ucciderete, ma per me questo qui potrebbe essere il nuovo Freddy Mercury. Anche se purtroppo, ascoltando di fretta qualche traccia nel mediastore, temo che il nuovo Brian May non si sia nemmeno avvicinato alla sala di registrazione.

Insomma forse mi piace ma probabilmente invece no, col solito rischio che valeva anche per i Kiss del singolo piacevole ma tutto il resto del CD che fa schifo.

E vabbe'. Alla fine ho fatto il musicofilo intellettuale con la puzza sotto al naso, e mi sono preso i Pearl Jam. Vi avrei scritto una recensione ma non mi andava, per cui accontentatevi di quanto segue:

Dopo 4-5 ascolti, questo Backspace (o Backspacer?) mi pare che sia bello, con qualche pezzo davvero buono... anche se l'album tutto intero dura più o meno mezzora, per cui non mi pare che si siano sprecati troppo. La scatola del CD con tutti i disegni assurdi è bellissima (tra le tante cose, c'è un astronauta che suona la batteria nello spazio), mentre dentro al disco dovrebbero esserci anche gli MP3 di un paio di concerti, che ovviamente non ascolterò mai...

Ma ringrazio comunque i Pearl Jam per il gentile pensiero.

Simone

21/09/09

Le cose che mi piacciono a me: sei più bravo di un ragazzino di quinta?

Mi sono reso conto solo di recente che, nel mare di recensioni che circolano nella rete, praticamente nessuno si prende la briga di lasciare le proprie opinioni sui programmi televisivi.

Io invece penso che si dovrebbe parlare di più di quello che va in televisione. Un po' perché a criticare siamo capaci tutti (io stesso parlo regolarmente molto male della TV, su questo blog) e un po' perché, magari in una visione molto ottimistica della realtà, sarebbe bello premiare e rendere più visibili le trasmissioni di un certo livello e lasciare invece in secondo piano la roba di infima qualità che alle volte va in onda sui nostri canali.

Sei più bravo di un ragazzino di quinta? in onda su SkyUno e presentato da Massimiliano Ossini, è un quiz televisivo che segue molto da vicino le meccaniche del genere: una serie di domande a cui rispondere, dei premi che diventano a mano a mano più alti (fino a un montepremi finale di 50 mila euro) e la possibilità di perdere (quasi) tutto quello che si è vinto nel caso si dia una risposta errata.

La particolarità di questo quiz, e che lo rende diverso da altri format altrimenti identici, è che il concorrente può farsi aiutare da un gruppo di ragazzini di 10 anni che possono dargli un semplice suggerimento, rispondere a una domanda al suo posto o addirittura correggere l'errore nel caso di una risposta errata.

Ovviamente, o per lo meno questa è la sensazione che ho io, i ragazzini sanno già le risposte e non sbagliano praticamente mai. Adesso potrebbero anche essere tutti dei geni, o è vero che noi adulti siamo dei rincoglioniti (che è un po' il messaggio della trasmissione ^^) ma trovo comunque molto più interessante guardare un ragazzino che scrive una risposta (col rischio di sbagliare un acca o le doppie) rispetto a tanti altri meccanismi analoghi che si trovano in altri quiz.

Mi piace molto poi il fatto che le domande siano quasi sempre di tipo aperto (non ci sono cioè le canoniche quattro risposte tra cui scegliere) ma sufficientemente semplici da poter essere abbordabili anche dai chi guarda il programma. Mi capita spesso insomma di sapere la risposta (a parte in storia e geografia, nelle quali non per niente andavo malissimo, e non solo alle elementari), quando spesso altri quiz televisivi si basano su un nozionismo assurdo e privo di senso. Ancora, tante domande di matematica, logica e scienze premiano il ragionamento più che una cultura fatta puramente di nomi imparati a memoria, cosa anche questa non semplice da trovare in trasmissioni analoghe.

Se vogliamo trovare un difetto, gli atteggiamenti televisivi che alle volte vengono imposti ai ragazzi (per dire, i saluti che fanno quando si presentano) possono essere fastidiosi e rovinare la sensazione di spontaneità che - per assurdo - vorrebbero trasmettere. In ogni caso, la scelta di presentare degli studenti delle elementari in un ambiente che ricorda quello scolastico, piuttosto che il solito mix di ballerine in perizoma e personaggi inquietanti, ha portato a un programma decisamente gradevole e in grado di dimostrare che può esistere una TV più intelligente e - soprattutto - meno volgare.

Simone

10/09/09

Gli ebook degli altri scrittori: Uomini e lupi, di Alessandro Girola.

Torno a parlare di ebook scritti da altri, e torno allo stesso tempo a recensire il romanzo di un amico/collega/scrittore/blogger che ormai conosco - e conoscerete anche voi - da anni.

Uomini e lupi è un romanzo di genere horror (anche se nemmeno troppo) in cui un gruppo di personaggi più o meno sfigati si trova a dover lottare contro una malvagissima organizzazione di lupi mannari. Se dovessi inquadrare il tutto in una tipologia ben precisa, come i precedenti lavori dell'autore vedrei benissimo questo romanzo in edicola, accanto ai vari Segretissimo e - adesso - Epix e roba varia.

Ancora, se invece delle parole ci fossero dei disegni, Uomini e lupi sarebbe un fumettone della Marvel di quelli magari del genere il Punitore contro Dracula.

Per dirvi adesso cosa penso di questo lavoro, visto che Alex è soprattutto un amico e rischio di sembrare un po' di parte, vi darò due tipi di valutazioni: una molto distaccata, da professionista del settore che decide se una cosa è vendibile oppure no, e una più personale da scrittore che si confronta con qualcuno che conosce e poi - generalmente - rosica ^^.

Valutazione sintetica:


Uomini e lupi è un testo decisamente più maturo rispetto ai primi dello stesso autore. Si nota la voglia di approfondire i personaggi, le ambientazioni sono curate e la trama è solida e ben strutturata fino alla conclusione.

Lo stile presenta momenti (molto) alti e altri (piuttosto) bassi. Globalmente il testo è ben scritto e ben presentato.

Insomma Uomini e lupi è un ottimo lavoro, e - secondo me e come ho già detto ottocentomila volte - è evidente che Alex è l'unico (quasi) scrittore che conosco che potrebbe effettivamente finire pubblicato da qualche grosso editore. Se lui solo almeno ci provasse, ovviamente. ^^

Valutazione più personale:

Confesso che non avrei mai letto un libro del genere se non fosse stato scritto da un amico. Gli Zombie a Milano (argomento del precedente Nevicata, sempre di Alex) mi attiravano molto di più, mentre i lupi mannari non mi dicono moltissimo. Sarà che i licantropi non mi fanno paura, o sarà che non toccano alcuna corda del mio immaginario personale... comunque insomma se a voi invece i lupi mannari piacciono non vedo cosa dovrebbe fregarvi di questo commento.

In ogni caso ho iniziato a leggere il libro con una forte curiosità, perché appunto i primi lavori di Alex mi erano piaciuti molto, e alla fine devo dire che ho apprezzato anche questo: la storia c'è, i personaggi pure, e insomma è un bel libro di genere inquadrabile nella tipologia che (credo) maggiormente piace all'autore.

E adesso andiamo più sul personale, letterario o semplicemente critico rompipalle, come del resto avevo preannunciato. Alex si è già detto, sul suo blog, molto irritato dall'atteggiamento dei lettori saccenti che vogliono dirgli di scrivere così o di scrivere cosà. Anche io odio i critici letterari (o almeno gli idioti che si atteggiano a tali) e non posso che dargli ragione.

Però, ci sono DUE però: Alex ha detto, sue testuali parole, che lui quando scrive vuole divertire il lettore. E Alex ha detto anche, sempre sue testuali parole, che ormai pensa di essere almeno bravo come gli scrittori che pubblicano, se non di più.

E insomma allora forse qualche minima critica se l'è anche andata a cercare, no? ^^ Principalmente, la cosa che ho notato di più in Uomini e lupi è il frequente ricorso alla storia "riferita" piuttosto che "descritta in tempo reale". Per dire: "Pippo è stato in Africa" è un'informazione riferita. "Pippo comprò il biglietto, prese l'aereo e altre 50 pagine di racconto ambientato in Africa" è un'informazione invece descritta più dettagliatamente.

E qui non c'è niente di male (non come dice qualche scemo, secondo cui sarebbe un errore). Un romanzo tutto descritto nei minimi particolari viene lungo 1200 pagine (il motivo per cui i libri di King sono così lunghi, insomma) e magari vi rompete le palle molto prima della fine.

Solo che poi, volendo divertire meglio degli altri, bisogna fare delle scelte: perché vengono approfondite conversazioni noiose, e saltate a pié pari parti della storia a dir poco cariche di potenzialità? Una tra tutte (scusate lo spoilerone) tutta la storia raccontata a Marsiglia sarebbe potuta essere la parte migliore di un romanzo impossibile da mettere giù (la rappresaglia dei lupi-mannari-nazisti a spese deglli immigrati) mentre Alex se la brucia completamente descrivendo il tutto in modo superficiale, come se non vedesse l'ora di parlare d'altro. Questo non succede invece nel capitolo dedicato al paese disabitato (Consogno, mi pare) che invece è una parte a dir poco perfetta, stupendamente documentata e carica di tensione.

Ancora, alle volte ci viene detto che delle persone "sono state mangiate". Ecco, io in un libro horror le persone mangiate dai lupi mannari le vorrei vedere. Poi voi non lo so ^^.

Altra piccola critica, segnalata anche nella recensione scritta da Glauco, sono i termini utilizzati alle volte e la scelta di alcune descrizioni: come dicevo prima, se un lupo mannaro strappa un braccio a qualcuno, vorrei leggere "i denti affondarono nei tendini che scricchiolarono lacerando la carne e mostrando il midollo osseo che colava misto a sangue tra laceranti urla di disperazione" (be', magari scritto meglio), non un semplice "il lupo mannaro gli strappò un braccio".

In fin dei conti, insomma, questo Uomini e lupi è un ottimo lavoro, ma che a tratti avrebbe potuto essere più incisivo. Si notano la grande documentazione, la ricerca di personaggi non banali, una trama originale e un livello tecnico che - tolti gli esempi citati - si assesta su livelli decisamente buoni.

Visto poi che si tratta anche di un ebook gratuito, non trovo un singolo motivo per cui dovreste fare a meno di scaricarlo e leggerlo.

Simone

Link: Uomini e lupi, di Alessandro Girola

01/06/09

Le cose che mi piacciono a me: Socrate e compagnia bella, di Luciano De Crescenzo.

Un ingegnere si mette in testa di fare lo scrittore, poi si appassiona a una materia che col suo vecchio lavoro non c'entra nulla, e un bel giorno pubblica un libretto di una centocinquantina di pagine dove parla un po' dei cavoli suoi.

Trovate anche voi qualche similitudine? Io per puro spirito di auto-contraddizione vi dico assolutamente di no... ma veniamo al libro:

Questo Socrate e compagnia bella è scritto come una lettera, attraverso la quale l'autore racconta al nipote quattordicenne la vita e le idee dei filosofi che hanno maggiormente influenzato il suo modo di vedere il mondo. Una sorta di eredità letteraria, insomma, che De Crescenzo lascia a questo ragazzo e - assieme a lui - un po' a tutti i giovani che cominciano a porsi di fronte ai grandi interrogativi della vita.

A pensarci bene, credo che sia stato proprio intorno ai quattordici anni che ho letto i primi libri sulla filosofia greca di questo scrittore (non che ci capissi davvero qualcosa, eh!) mentre ben vent'anni dopo ho letto questo. Se non altro, adesso Socrate e compagnia bella l'ho capito (quasi) tutto... ma forse l'ideale sarebbe stato fare il contrario: iniziare cioè da giovanissimi con un testo semplice come questo, andando poi avanti con qualcosa di più complicato.

Ma vabbe': vent'anni fa questo libro non c'era, e io ho letto di volta in volta quello che m'è capitato tra le mani. In ogni caso, il fatto che sia un testo per ragazzi non deve far pensare che ci troviamo di fronte a un libro superficiale: De Crescenzo affronta infatti di temi difficili e importanti come l'amore, il sesso, la religione e la morale con una semplicità e una chiarezza che rendono il libro davvero perfetto per un ragazzo, ma godibile anche da un adulto (che magari certi filosofi studiati a scuola non se li ricorda più di tanto). In particolare, nell'ultima parte del libro c'è una descrizione di quello che l'autore prova nel sentirsi avanti negli anni, talmente lucida e toccante da valere - da sé - la lettura dell'intero trattato.

Degno di nota è anche il modo in cui De Crescenzo riesce a raccontare e mescolare tra loro idee spesso contrastanti di filosofi provenienti dalle epoche e dalle condizioni più varie, prendendo di volta in volta il meglio o comunque l'aspetto più costruttivo del loro pensiero: quello che resta della lettura, alla fine, è la sensazione che si possa dare ascolto a due persone di vedute diametralmente opposte, per cavarne fuori un'idea numero tre che - magari - appartenga un pochino anche a noi.

A dire il vero, più che un concetto espresso nel libro, questo è uno dei tanti insegnamenti che i miei filosofi preferiti hanno lasciato a me.

Ma tra di loro, come del resto era ovvio, c'è anche il carissimo Ing. De Crescenzo.

Simone

30/01/09

Le cose che mi piacciono a me: Joy, di Giovanni Allevi.

Non è che mi sia mai piaciuta troppo la musica classica. Cioè, chiariamo le cose: credo che nella musica classica si trovino dei capolavori immortali, degni di essere ricordati e (soprattutto) riascoltati per sempre.

Solo che poi vedo delle persone che studiano una vita per suonare composizioni di autori vissuti non so quanti anni fa, gente che fa la fila per ascoltare un'opera che conosce a memoria, prime affollate di giornalisti e di persone che magari stanno lì solo per farsi vedere, oppure appassionati serissimi che fischiano un cantante perché - in quattro ore di lavoro - ha toppato anche una sola nota.

Dai, diciamo la verità: se parliamo di cultura, di studio, di valore sociale e tante altre belle cose, allora la musica classica è forse il massimo che si possa raggiungere. Se però parliamo di arte, creatività e innovazione, se nel mondo e nella vita cerchiamo qualcosa che ci prenda e che ci trascini verso mete ancora da esplorare be'... ok, tagliamo corto: per me, la musica classica classica (scusate il gioco di parole) non ha il benché minimo interesse.

Poi mi è capitato di leggere di questo Giovanni Allevi: è un musicista per così dire nuovo, recentemente protagonista tra le altre cose del concerto di Natale in Senato. Il signor Allevi ha avuto parole di fuoco per il mondo della musica, che considera praticamente barricato ai nuovi talenti e alle nuove sperimentazioni. Parlando di lui, invece, qualche tizio importante di cui non ricordo il nome ha detto che uno che suona così non potrebbe nemmeno ambire a iscriversi al conservatorio, figurarsi poi tenere dei concerti.

Un artista in contrasto col proprio mondo, che lotta per farsi conoscere... ma non è fantastico? Se non fosse che poi lui suona ovunque e vende un sacco di CD mentre io non conterò mai un cappero, sarebbe proprio uguale a me! Come potevo allora non correre a comprarmi tutti i suoi dischi in segno di stima e amore imperituro per l'arte?

E ok, tra tante cose che ho trovato di Allevi ho scelto di ascoltare per primo questo Joy, in cui troviamo una decina di brani in cui Giovanni suona il pianoforte. Il lavoro successivo è un disco orchestrale (credo si dica così: io non è che capisca nulla di musica) che mi interesserebbe anche di più, ma visto che lo stesso autore ne parla come di un'evoluzione del suo lavoro ho preferito lasciarmelo per dopo.

Che dire? Il primo ascolto è piuttosto traumatico: la cosa più classica che mi sia capitato di ascoltare in vita mia è Simphony of the enchanted lands dei Rhapsody (of fire, credo sia il nuovo nome). Tra i Rhapsody e Allevi dovete togliere la batteria, le chitarre elettriche, i violini (questo come ho detto è solo pianoforte) e qualcuno che strilla come un'aquila, poi per il resto un po' si assomigliano anche.

Insomma all'inizio i brani mi paiono un po' vuoti, perché non sono tanto abituato a uno strumento solo e basta. Il secondo ascolto va meglio, visto che le melodie diventano più orecchiabili, e alla fine devo dire che dopo ripetute ore di coda in macchina a sentirmi questi brani io di musica continuo a non capirci un cavolo, però questo CD mi piace molto e ascolterò di certo anche gli altri.

La cosa che mi piace di più di questa musica, rispetto alla classica classica di cui parlavo nell'introduzione, è che posso ascoltarla visualizzando chi l'ha scritta e cercando di capire cosa sta cercando di comunicarmi. È una persona reale, concreta, che vive nel mio stesso mondo e con cui posso interagire. Sarà anche tanto bella la musica del passato, saranno sicuramente mille volte più bravi i vari Mozart, Chopin o quell'altro coi capelli lunghi, ma con loro tre questo rapporto non lo posso avere e ascoltare quello che ci hanno lasciato suonato da altri non è proprio la stessa cosa.

Concludo con le parole con cui Allevi presenta il suo lavoro più recente:

“EVOLUTION” è un gesto di coraggio, da parte di chi, con forza, decide di scegliere per il presente ed il futuro, piuttosto che tenersi al riparo dell'immobile compiacimento di un passato glorioso. Sono consapevole e convinto che la contemporaneità - l'"adesso" - possiede elementi musicali inediti, inimmaginabili fino al secolo scorso, e che ancora non ha mai vissuto nessuno, prima di noi. Spetta quindi ai compositori contemporanei fare in modo che il loro tempo possa essere letto attraverso la propria Arte, così come hanno fatto tutti "i grandi" nel passato, nel "proprio tempo".

E direi proprio che siamo completamente daccordo.

Simone

17/12/08

Le cose che mi piacciono a me: Chinese Democracy, dei Guns... vabbe', di Axl Rose.

E vabbe', è uscito. C'hanno messo 17 anni a tirarlo fuori, ed è uscito. Nel frattempo si è smontata la band, si sono scannati per i diritti delle canzoni, quasi tutti i membri originali si sono fatti un gruppo per conto loro ed è rimasto solo Axl Rose (veramente c'è anche il vecchio tastierista, ma nemmeno so come si chiama) a prenderci per il culo tutti cercando di convincerci che lui da solo basta e avanza per chiamarsi Guns 'n Roses.

Insomma, come dicevo, alla fine è uscito. Sono alla Feltrinelli in cerca di qualcosa da leggere (alla fine comprerò Terry Pratchett) e me lo ritrovo davanti al naso: Chinese Democracy, dello stesso gruppo (ok, cantante) che ha fatto Sweet child of mine, Paradise City e altre centomila canzoni con cui mi sono rincoglionito da ragazzino.

Tanto fa sicuramente schifo, mi dico. Axl si crede stocappero, ha fatto un casino e alla fine dopo tutto questo tempo avrà messo insieme qualcosa tanto per tirare fuori un CD e togliersi dalle costole un po' di creditori. Questo disco è una sicura vaccata, mi ripeto, non c'è neanché la benché minima speranza che sia solo lontanamente non orrendo.

E poi me lo compro lo stesso.

La cosa brutta, ma brutta davvero della musica non in MP3, è che non te la puoi sentire quando sei in giro. Sei a piedi alla Feltrinelli, hai appena comprato un CD e non hai niente con cui ascoltarlo (ma qualcuno lo possiede ancora, un CD portatile?) Io non ho nemmeno uno stereo decente a casa, e la musica l'ascolto praticamente solo in auto o quando vado a correre. Insomma passa il pomeriggio, e gli Axl 'n Roses stanno lì sul tavolo dell'ingresso che tanto di sicuro fanno schifo, per cui chissene frega.

Finalmente devo uscire, e prendo la macchina. Apro il mio bel CD nuovo nuovo, lo infilo nello stereo senza la minima speranza, e parte l'intro: un minuto di suoni strani, un riff di chitarra che dice aspetta ora parto, aspetta ora parto... e poi finalmente Axl inizia a strillare e la canzone prende il via una volta per tutte.

Be', tagliamo alla fine così vi tolgo la curiosità di sapere che cosa ne penso: questo album è bello al quadrato.

Il primo ordine di bellevolezza è dato dal semplice fatto che questo album è semplicemente non brutto, quando nessuno al mondo ci avrebbe mai scommesso una lira. Il secondo ordine di bellevolezza è che, semplicemente, non solo questo Chinese Democracy è non brutto, ma è per l'appunto effettivamente bello davvero. Le prime sette tracce di fila sono una meglio dell'altra. Poi c'è qualche canzone che mi piace e non mi piace (ma neanche i vecchi dischi dei Guns mi piacciono al 100%) e si conclude con altre 4 tracce che risollevano il livello generale che rischiava di calare.

L'unico difetto di questo disco è che c'è scritto Guns 'n Roses sopra, così uno parte con l'idea che debba fare schifo e rischia di convincersi anche che sia così, come nel caso di tante opinioni che ho letto online. Ma tanto queste sono le recensioni delle cose che piacciono a me, per cui poco importa il giudizio degli altri: Chinese Democracy di Axl Rose è il mio disco preferito da troppi anni a questa parte.

Non dico che sia il mio preferito dai tempi di Use your illusion II... ma di sicuro ci manca davvero poco.

Simone

25/11/08

Le recensioni delle cose che mi piacciono a me: Black Ice degli AC/DC

Non è affascinante come il tempo cambi la realtà che ci circonda o, per dirla più chiaramente, come con il passare degli anni tante cose che sono rimaste del tutto identiche ci appaiano però differenti?

Black Ice è la riprova di questa considerazione: quando avevo attorno ai 16 anni, me ne andavo in giro coi capelli lunghi fino alle spalle, i Jeans strappati e qualche assurda maglietta da rincoglionito che si crede un metallaro. Con qualche compilation degli AC/DC fatta in casa sparata nelle cuffiette del walkman mi sentivo un anticonformista ribelle in lotta contro il resto del mondo. Questa è una musica per violenti tossici drogati teppisti alcolizzati! Mi dicevo, sentendomi quasi in colpa, durante il ritornello di Highway to Hell o nell'intro di Thunderstruck (a-aaa-aaa-a THUNDER, quella lì insomma).

Passano troppi anni, ed ecco che arriva questo Black Ice. Il disco precedente degli ACDC era uscito 8 anni prima di questo, e a dire il vero non m'era nemmeno tanto piaciuto. Insomma ormai gli AC/DC me li ero quasi scordati, e questo nuovo CD me lo sono comprato senza aspettarmi niente di particolare e forse più con l'idea che, potendo anche essere l'ultimo che fanno, magari valeva la pena averlo comunque.

Ed ecco, come dicevo prima, che il tempo cambia davvero le cose. La musica di Angus Young e compari è sempre la stessa. Si potrebbe dire che si fanno le cover da soli, per quanto certe sonorità siano rimaste invariate col passare degli anni, e lì per lì viene quasi da pensare che il disco sia un insuccesso. Cioè, otto anni e non è cambiato quasi niente. Non hanno cercato niente di nuovo, direbbe qualcuno di quelli che recensiscono le cose che non gli piacciono, non si sono evoluti.

Poi guardo meglio il libretto allegato al CD (il primo CD originale che compro da anni, tra l'altro!) e noto che Brian Johnson, il tizio che con quella voce da pazzo strilla come un assatanato per 45 minuti di canzoni rock incazzate, ha 61 anni. Penso al cantante degli AC/DC è vedo mio padre che, dopo aver cenato con mamma, figli e nipotino bello prende la giacca e saluta tutti dicendo: ok, io vado al concerto che devo urlare di sesso e trasgressione davanti a 10 mila persone che pogano e si ubriacano facendosi le canne.

Una sola cosa è chiara ed evidente, a questo punto: io non capisco una sega di musica, e il cantante degli AC/DC è un mito. Il mio vero e unico eroe. Anche Angus Young e gli altri vanno sopra i 50 e rotti, e mentre riascolto 12 volte consecutive al giorno i 15 brani di questo CD mi rendo conto che la musica di questo gruppo non mi sembra più tanto trasgressiva, violenta o da ribelli. Mi ricorda più un viaggio in un posto a cui sono affezionato, o una serata in birreria tra vecchi amici.

Gli AC/DC sono dei tizi che, da qualcosa tipo 40 anni, ogni tanto tirano fuori un po' di musica che piace a me, e questo Black Ice è un bel disco. Non è un capolavoro, non è l'album che cambierà la storia del rock, ma è uno dei migliori dischi di uno dei gruppi musicali con cui sono cresciuto. Quando la mattina monto in macchina e faccio partire questo CD, è un po' come tornare indietro nel tempo: sono di nuovo uno studente (e lo sono per davvero cacchio!) la mia musica preferita mi fa l'idromassaggio e il futuro è un mistero che mi spaventa e mi affascina allo stesso tempo.

Mi sono anche ricresciuti i capelli (e ora che me li vada a tagliare)! Se non fosse che a quell'età non avevo la macchina, sarei convinto di avere 16 anni di nuovo.

Simone

24/11/08

Le recensioni delle cose che mi piacciono a me: introduzione.

Altra sezione del blog appena inaugurata fresca fresca.

Girando nei siti di amici e scrittori vari, vedo che un comportamento abbastanza in voga è quello di recensire film, libri, CD musicali e insomma un po' tutto ciò che di creativo si può trovare in giro.

Io ho preso atto di questa diffusa abitudine fin dai primi tempi del mio primo blog, e sempre fin dai primi tempi mi sono detto subito: ma vaffanculo! Cioè, nessun editore mi si fila nemmeno di striscio, nessun lettore mi legge, nessun ascoltatore mi ascolta (ok, per fortuna non voglio fare il musicista... ancora) nessuno mi paga o mi regala niente per quello che faccio, e devo pure mettermi a fare pubblicità agli altri?

Non esiste proprio! Per me devono chiudere tutti gli editori che mi hanno rifiutato dei libri (tutti gli editori insomma) i registi mi stanno sulle palle perché hanno tradito i miei sentimenti (ah che bello adesso finalmente vado a vedere quel film che aspetto da tantissimo tempo, che bello che bello che bello che bell... ammazza che schifo di film che hanno fatto, tacciloro!) e la musica è un nemico da sconfiggere fatto di canzoni orrende passate all'infinito in tutte le stazioni radio quando sono intrappolato nel traffico.

C'è anche chi si mette a parlare male delle cose che non gli piacciono. Ma a parte il fatto che ci vorrebbero ottomila blog, vi pare che ho così tanto tempo da perdere che, dopo aver visto un filmaccio o dopo aver letto un libro noioso mi metto anche a costruirci un dibattito sopra?

Non se ne parla nemmeno! Io voglio che quello che scrivo abbia un impatto sul mio ruolo di scrittore medico ingegnere cambiatore del mondo o - in mancanza di tutto questo - che se non altro si adatti al mio inutile blog personale di cui parlo degli affari miei (della serie: ridimensioniamo le aspettative ^^). Per questo le recensioni che pubblicherò qui sopra parleranno prima di tutto solo di cose che effettivamente mi piacciono (niente valutazioni negative insomma).

Secondo di tutto, visto il mio irrefrenabile egocentrismo, non vi dirò mai che una data cosa è bella e valida: mi limiterò a spiegare il perché un disco, un cd, un film o quello che potrebbe essere è piaciuto a me, senza andare a fare il critico intellettuale come fanno certi altri, che tanto davvero non ci crede nessuno.

E visto che la presentazione è venuta troppo lunga, il disco degli AC/DC ve lo recensisco per la prossima volta.

Simone