06/04/09

L'ufficio della burocrazia della morte, che vi fa perdere la vita e venire un'ulcera.

Io sono un criminale assetato di malvagità e raggiri. O meglio: lo sono fino a prova contraria, visto che ogni volta che mi trovo a interagire con un ufficio pubblico devo produrre ettolitri di carte e certificati in triplice firma per ottemprerare a ingiustificate magagne burocratiche.

Non ci credete? Sì che ci credete, visto che capita anche a voi... ma ecco qualche esempio che vi farà girare le palle solo a leggerlo raccontato, per cui figuratevi quanto sono girate a me che li ho vissuti per davvero.

Ufficio protocollo dell'ente X (non metto i nomi per ovvi motivi, però diciamo che in questo caso la X non si discosta molto dal nome vero): nell'ufficio dove collaboro io ci siamo persi una lettera (nel senso che non si sa nemmeno se è arrivata oppure no) per cui mi reco per l'appunto all'ufficio protocollo in cerca di qualche traccia del documento smarrito originale.

Mi trovo davanti a un'impiegata di 128 anni: andrà in pensione dopo che avrà finito di smistare 60 anni di lettere dell'ente X tutte da sola... per cui probabilmente non ci andrà mai.

«Ci siamo persi una lettera» gli dico, con tono credo gentile. «Può cercare sul protocollo se e quando è arrivata?»

Quella lì strabuzza gli occhi come se gli avessi chiesto di compiere un atto contro natura, tipo lavare la macchina quando piove.

«Ma non è possibile! Per trovarla bisognerebbe guardare tutto il protocollo

Be', in un certo senso è proprio così... ma l'arte di protocollare la posta in entrata non dovrebbe servire proprio a queste cose? Cioè, questa tizia si è mai chiesta, negli ultimi 60 anni, a cosa servisse il suo lavoro?

Però io non mi perdo d'animo. In fin dei conti, adoro fare il lavoro degli altri quando questi mi maltrattano. Per cui sorrido e mi faccio avanti.

«Non fa niente! Mi metto io a cercare sui vecchi registri. Che problema c'è?»

«Ma sta scherzando?!» altro che lavare la macchina: adesso pare che gli abbia chiesto di fare sesso con me (possibile che tutte le donne reagiscano allo stesso modo?) «Solo IO posso TOCCARE il registro del protocollo. Nessun altro è autorizzato!»

Ok: solo io posso farlo, però non lo faccio. Fine della storia.

E la lettera non fu trovata mai più.

Ufficio pubblico di quelli tipo acqua/gas/elettricità e cose del genere:

Arrivo tutto contento, come del resto sono sempre contento quando mi sveglio alle 7 di mattina per andare a fare la fila a qualche sportello.

Prendo un numeretto e inizio ad aspettare, ma visto che un amico che deve portare parte degli incartamenti sta tardando, dopo un po' torno al bancone dell'accettazione.

«Posso avere un altro numeretto?» chiedo alla ragazza che lavora lì (tra l'altro, il suo impiego consiste nello schiacciare il tasto e darti il tagliandino numerato che viene fuori).

Ovviamente, lei pensa subito che sia pazzo.

«Che deve farsene di due numeretti? Uno già ce l'ha!»

«Il fatto è che la persona che aspetto è in ritardo, e stanno per chiamare il mio numero. Se ne prendo subito un secondo, poi devo aspettare di meno nel caso che finisca con il perdere il turno».

Ok, ammetto che la mia spiegazione non è stata forse così chiara, però giuro di essere stato gentile e tranquillo. Almeno credo.

La simpatica signorina, però, è esasperata.

«Poi li spreca tutti e due! (Come darle torto? Lei poverina dà i numeretti, e la gente li butta via). Ma se proprio ne vuole un altro a tutti i costi, allora se lo prenda!»

Ovviamente queste cose le dice come se stesse parlando con un pazzo esaurito fuori di testa che vive in un tombino e si nutre mangiando tagliandini numerati. Che poi in effetti non hanno un cattivo sapore... ma andiamo avanti: finalmente sono arrivate le carte che mancavano, ed è giunto anche il mio turno.

«Ci arriva una bolletta con un'intestazione errata» spiego, poggiando sul banco un plico di fogli firmati e controfirmati e timbrati e inceralaccati col sangue di 3 umani diversi e due gatti. «Vorrei darvi l'intestazione corretta, per cui come mi è stato richiesto ho portato, nell'ordine: domanda in carta bollata, documento mio, documento del proprietario, delega, stralcio catastale, dichiarazione di nulla mutato, certificato di prevenzione incendi, legge 10/91, iscrizione alla camera di commercio della ditta dell'ascensore, analisi del sangue e delle urine del proprietario e di tutti gli inquilini, dichiarazioni dei redditi degli ultimi 2 anni del tizio che abita di fronte, certificato di battesimo e - infine - prova di fertilità sotto stress (quest'ultima non è tanto spiacevole, a dire il vero)».

Il tizio annuisce. Guarda tutti i fogli, e dalla sua espressione delusa pare che sia davvero tutto a posto. Poi, finalmente, s'illumina.

«L'edificio si trova in una strada che ha cambiato nome dopo la Seconda Guerra Mondiale (ci credo, è stata rasa al suolo dai bombardamenti!). Per questo motivo deve portarci una dichiarazione giurata del proprietario con conseguente nuova delega, copia del documento suo e di lui, firma in triplice copia e pagina di letterine con tante A, che da come scrive vedo che non le sa fare bene».

A quel punto non so cosa mi sia preso. Cioè, pare strano, inumano o anche assurdo, ma ero effettivamente un tantinello contrariato.

«Guardi che sono io che devo pagare voi» dico, col tono amabile di uno che sta per sgozzare degli innocenti. «Ma credete che m'inventi un casino del genere per pagare la bolletta di un altro? Se ogni volta che uno deve dare dei soldi a me gli rompessi il cazzo a questo modo, a quest'ora sarei morto di fame!»

E ok: ammetto di avere esagerato, turbando il gentile animo del poveruomo che si trovava davanti a me, sgomento e basito dalla mia reazione d'inumana ferocia.

Ha fatto benissimo a mandarmi a quel paese, chiudendomi lo sportello in faccia.

Simone

1 commento:

L ha detto...

Posso raccontare una storia sui numeretti in più.

Noi sardi siamo tecnologicamente progrediti e la segreteria della mia università ha una macchinetta apposita che sputa numeretti.
Un giorno non molto lontano, un simpatico studente prese quattro numeri. Strano, disse lo studente dietro a lui. Quando, dopo più di un' ora di fila, stava per arrivare il turno del primo studente, tre ragazzi entrarono nella segreteria per parlare con lui.
-Ciao, siete arrivati! Tenete i biglietti.- disse il primo studente, porgendo i numeretti agli amici, che in questo modo non fecero alcuna fila.
-Brutti bastardi! Fate la fila come tutti, siete i soliti italiani furbi di merda!- rispose
il secondo studente, inferocito come un biscia che continuò ad urlare insulti fino a quando i tre ragazzi furono costretti a prendersi altri numeri e a mettersi in coda.
Dal giorno è severamente vietato prendere più di un numero, pena l' umiliazione pubblica.

Morale della favola: le regole così severe da sembrare stupide sono fatte per difenderci dall'enorme marea di astuti che reputano insensata una vita vissuta senza avere tra le mani sempre la fetta più grossa della torta.