13/01/15

Diventare un medico, tra teoria o pratica.

Ripassiamo bene... che domani c'è sala operatoria!
Una (quasi) brevissima riflessione che trae spunto dal commento di Alex - un lettore del blog - al post dell'altro giorno:

"Ho passato l'agognato test di Medicina per poi essere la persona più felice del mondo. Mio padre poi si trasferì all'estero e - tragedia - secondo lui dovevo andare (...) in vacanza ci andavo comunque, ma lui mi voleva lì. Così, un giorno, chiese al collega chirurgo di portarmi con lui in ospedale.

Sono tornato in Italia a sistemare 2-3 cose e poi mi sono trasferito. Una follia?

Non saprei dirtelo: mentre i colleghi del sesto anno di Roma non sapevano se mettere i loro primi punti di sutura, io al secondo suturavo i politraumatizzati. E poi, dal secondo in poi, è stata tutta pratica, tutti i giorni.


Un giorno di turno (24 ore) ogni 7 giorni. La disponibilità accademico-ospedaliera va dalle 5 di mattina fino alle 12 per la materia principale (med. interna, chirurgia, gineco, pedi, etc.) e nel tempo restante hai la secondarie (emergenze, med. preventiva, etc). Non so se quello che sto vivendo è un sogno, ma se è così spero di non svegliarmi!" 

Insomma si parla di pratica nei reparti di medicina per studenti o neo-laureati, come me. Da un lato c'è l'università italiana dove - lo dicevo proprio ieri ad altre persone che chiedevano informazioni - potresti passare 6 anni senza vedere una sala operatoria o un ambulatorio e quasi nemmeno una corsia ospedaliera.

Non sto scherzando: i tirocini obbligatori sono pochi e magari i professori controllano raramente. Per cui esiste la reale e concreta possibilità - ovviamente parlando per assurdo - di diventare dottori studiando sui libri e facendo esami, ma senza aver mai visto un malato vero.

E dall'altro lato l'esperienza di Alex: tantissima pratica, e a partire praticamente da subito. Ma insomma è davvero "meglio", come sistema?

Secondo me - a parte che sono ovviamente invidiosissimo del racconto di Alex - andare in corsia fin dal secondo anno inizia a essere un po' prestino. Anche nel pronto soccorso dove frequento ho visto persone praticamente appena uscite dal Liceo che seguono gli strutturati, vedono i pazienti, magari fanno le prime medicazioni... ma a quel punto mi chiedo quale sia la differenza tra un dottore e una qualsiasi altra persona se dopo 1 anno di università sei già lì a fare un po' di tutto.

Da noi la quantità di teoria oltre che spesso inutile è comunque proibitiva, e non ci sarebbe effettivamente nemmeno il tempo materiale di andare in reparto tutte le mattine. Ma come si fa a conoscere la cardiologia, leggere un ECG, sapere le basi della fisiologia, ricordare i principi attivi dei farmaci, conoscere le linee guida principali e le varie patologie già dopo 1 anno di università?

Cioè se basta davvero solo la pratica, a questo punto l'università a che serve?

Per me sarebbe giusta una via di mezzo: una facoltà di medicina dove per 3-4 anni fai teoria, e l'ultimo anno fai solo tirocinio pratico. Insomma 1-2 anni di meno rispetto a come funziona ora, con un anno dedicato all'aspetto pratico che in altri paesi magari inizia molto prima.

L'approccio chiamiamolo "estero", dove appena entrato hai già una sorta di ruolo sanitario, mi pare un eccesso opposto perché - immagino - servono magari in fretta nuovi dottori da inserire nei reparti... ma saranno dottori con qualche grossa lacuna o limitati al loro campo specifico di specializzazione.

Voi, insomma, che ne pensate?

Simone

14 commenti:

Alex ha detto...

Ciao Simone,

Grazie per aver publicato il mio commento.

Naturalmente i primi anni sei solo uno spettatore ma sempre più prendi piede ed è questo che marca la differenza. Il sistema è molto diverso da come siamo propensi ad immaginarlo.

Al 4 semestre si studia semiologia (dopo 3 semestri DURISSIMI) in cui vedi le materie base e da la si parte con le prime esperienze nei punti di soccorso (una sorta di ambulatori di attenzione primaria).

Dal 5 semestre vedi med. Interna ed ecco che hai un ruolo fisso in ospedale.

Giustamente parli di tempo ma.. le lezjoni non le facciamo in universita ma proprio in ospedale, studiamo parte dei temi e le cartelle cliniche, tutti i giorni.

Tutti sappiamo le procedure per entrare in sala operatoria e tutti entriamo sin da subito in piccole chirurgie come secondi o terzi chirurghi.

Fattore fondamentale: nonostante gli iscrtti sono gli stessi che abbiamo in Italia, nelle cliniche ed in ospedale abbiamo 5 rotazoni diverse a materia con 5 professori. Ogni professore può avere massimo DIECI STUDENTI.

Capirai da solo che l'ascite non va studiata quando la tocchi, la senti, la vedi e la tratti. Va letta. Ecco he il tempo si recupera alla grande. Ed ecco che, disponendo ogni studente del whatsapp del professore dubbi o aiuti li risolviamo in un attimo: basta scrivergli.

Quindi non siamo proprio passanti appena entriamo, ma studenti alle prime armi he imparano sul campo :-)

D'altronde si può scrivere un libro di 2000 pagine su come andare in bici... e pure possiamo impararlo in dieci minuti :-)

Il sistema italiano non mi manca, ma non voglio buttarlo giù... dico solo che qua, la medicina per come la sto vivendo è un sogno...

Un abbraccio
Alex

Anonimo ha detto...

Nella mia professione (infermiere) si crede che la pratica sia la cosa principale e che (esempio) comprendere il reale motivo per il quale un farmaco venga somministrato, per il quale viene richiesta una consulenza o un esame strumentale, leggere i risultati delle analisi ematiche etc etc etc... Non siano mio compito. Il punto è che ovviamente non è così. Nessuno deve essere un mero esecutore così come nessuno deve essere solo preparato dal punto di vista teorico e un totale incapace nella pratica.
Secondo me portare gli studenti a frequentare da subito non può che avere un riscontro positivo.
1 permette a chi vuole dedicarsi a questa professione di comprendere effettivamente se ciò che farà gli piace e, eventualmente, facilitare la scelta dei successivi campi di specializzazione;
2 consente di capire a quali sacrifici si va incontro nel momento in cui si sceglie di diventare medico (il tempo dedicato al paziente, alla sua sofferenza... etc etc...);
3 la pratica non è mai troppa, a parer mio. Ti permette di imparare bene, di vedere più metodi lavorativi, di arrivare ad essere un professionista con delle competenze, di aiutare realmente qualcuno e di metterti in gioco. Mai troppa, ovviamente, finché non ti toglie troppe ore di studio.

Purtroppo anche io ho iniziato il tirocinio senza sapere nulla. Ho fatto ecg senza sapere a cosa servano, ho sentito nomi di patologie o di interventi chirurgici senza conoscerli... Poi con il tempo son cose che ho imparato.

Nicolò

Simone ha detto...

Alex: grazie per il chiarimento aggiuntivo!

Alla fine non so se un sistema sia effettivamente migliore dell'altro, ma sicuramente qualsiasi studente di medicina vorrebbe trovarsi al posto tuo o in una situazione simile. Grazie ancora! :)

Nicolò: anche secondo me può essere positivo andare in reparto fin da subito. Quello che penso è che con la mole di studi dei primi anni di medicina forse non sarebbe semplicemente possibile.

Poi dici bene che bisogna anche cercare di capire quello che si sta facendo... insomma comunque la guardi è un percorso difficile, e forse davvero l'unica cosa che serve è dedicarci tanto tempo.

Simone

Anonimo ha detto...

Alex per curiositá dove ti sei trasferito?

Alex ha detto...

Sono d'accordissimo con te Simone, non credo che un sistema sia migliore di un altro, credo solo che la differenza la possa fare lo studente.

A malincuore mi tocca dire che allo studente italiano tocca fare tutto da solo (l'università è come se non ci fosse) e questo si traduce in farsi un mazzo tanto ben superiore ad altri studenti di medicina, proprio perché metà delle cose - una volta che le hai viste e trattate - ti basta dare una breve lettura che, almeno nel caso mio, diventa parte di te.

Ovviamente non basterebbe cambiare il sistema universitario, ma proprio tutto il sistema sanitario!

Stavo vedendo come in italia gli ospedali siano saturi: c'è mancanza di personale... qui lo studente lo usano e lo fanno lavorare!

L'opportunità di entrare in reparto è unica ed ogni esperienza ospedaliera è fantastica, anche quando non è il campo che vuoi studiare e, alla fine, ti passa la voglia di dover passare ore a fare cose che potrebbero non serivrti mai, perché quando viene lo specialista se ti chiede la cartella clinica e non la sai a memoria sono cavoli. La verità però è che, quando ti fanno quella domanda davanti al paziente, quando ti mandano a spiegargli cos'ha e cosa gli faranno, quando riempi quella cartella clinica diventando cieco e dimenticandoti se il dolore era epigastrico o ipocondrico alla fine è tempo prezioso che stai investendo nella tua formazione futura: stai facendo il medico.

Ovviamente in Italia non è un modello impossibile, ma qualcosa a cui dovremmo ambire. Oltre questo lo studente non sta solo nell'ospedale multispecialistico con i reparti di terapia intensiva. Ci si arriva per gradi, per esempio i punti di Attenzione Primaria sono il primo scalino: ti arrivano persone con l'influenza, emicrania, mal di stomaco, eventualmente con la feritina da 3 punti in croce ma è comunque un esperienza, no?

A Nicolò rispondo che mi trovo in totale simbiosi col suo pensiero, condivido e sottoscrivo. Anzi mi farebbe piacere aggiungerti su facebook!

Ad anonimo delle 22:35 rispondo: sono in piena zona caraibica (non in mezzo alle capanne, circondato da grattacieli).

Ciò che più apprezzo di questo blog è che, secondo me, stimola la capacità critica ed analitica di chi lo legge. E' importante avere diverse visioni da più punti di vista sopratutto quando si parla di argomenti tanto delicati. Non è immediato uscire dagli schemi e vedere realità diverse senza dare un parere (non ponderato) che non sia aggressivo ma qui spesso e volentieri ci si riesce benissimo. Allora direi complimenti al Dr. Navarra! (Così è più bello, no?) Con cui, tra l'altro, sento di condividere una serie di pensieri che, almeno secondo i post, corrispondono a buona parte delle mie idee. (Dai voti, alle valutazioni, ai test d'ingresso, etc.)

Buona serata (parlo troppo, lo so!)

Anonimo ha detto...

L'altro giorno parlando con dei colleghi degli altri anni si narrava di una scuola privata in Brasile dove all'esame di anatomia la materia viene spiegata da un punto di vista prettamente chirurgico e poi in sede d'esame ogni studente ha il suo cadavere e i prof gli chiedono di incidere e trovare cose etc. Non so il nome però, me l'hanno solo raccontato..forse è una leggenda metropolitana!
Comunque all'estero (non parlo dell'Europa ma per esempio USA e Australia) molte delle materie dei primi anni di medicina italiana sono considerate prerequisiti e si studiano prima di entrare in una med-school. Un classico è laurearsi in biologia e poi fare domanda per una med school dove ci si occupa veramente di medicina.
Quindi noi i primi anni semplicemente non facciamo grande pratica perchè studiamo le basi. Poi nulla toglie che il nostro studio rimanga comunque troppo teorico e anche negli anni in cui c'è da fare pratica alla fine non se ne faccia abbastanza!

Simone ha detto...

Alex: grazie dei complimenti, sei davvero troppo gentile... e mo' basta che mi monto la testa! :)

Unabottadivita: in effetti credo che anche in America si facciano prima diversi anni di college e poi si entri a medicina. Per cui forse tutta la parte teorica in realtà viene in un certo senso anticipata... anche se credo che comunque in totale loro studino diversi anni meno di noi.

Simone

Alex ha detto...

Negli USA (che di solito per ovviare a questo mandano alcuni gruppi fuori gli USA) la pratica è limitata per le varie leggi a tutela dei pazienti (l'eccesso di burocrazia e leggi lede allo studente). Si una volta studiato l'indirizzo scientifico fanno 4 anni di medicina. Qui da me, invece, facciamo 6 anni, proprio come in Italia.

PS1: Viva la pratica!!!
PS2: Simone che complimenti, sono pareri. E poi che vuoi sei medico... non hai bisogno di complimenti, sei già perfetto ...hahaha :)

Nimbus ha detto...

probabilmente non esiste un metodo perfetto e ci sono soltanto tanti differenti metodi buoni. nell'università di alex sono orientati alla pratica (che facciano subito le suture mi sembra un fatto positivo) e già solo il fatto di vedere i pazienti mi sembra utile.
di contro non sminuirei l'università italiana. è vero, c'è troppa teoria ma i laureati italiani sono apprezzati anche per questo e la pratica si può fare, se se ne ha voglia.
insomma, è tutta una questione di equilibrio (devo studiare come e perché si faccia un esame obiettivo ma devo anche saperlo effettuare su un paziente, giusto per fare un esempio, oppure devo conoscere un minimo di anatomia per fare un emogas - Simone, questo lo cito solo perché non ne parli da troppo tempo) e di personale soddisfazione (sono più un empirista o un teorico?)

Anonimo ha detto...

Alex, purtroppo non ci sono più su FB... =( Non hai un blog? Come vedi mi appassiona tutto ciò che riguarda la medicina e soprattutto il work in progress, gli studi, la formazione... Figuriamoci la formazione all'estero=)

Nicolò

Simone ha detto...

Nimbus: evidentemente entrambe le cose sono importanti... e a te ti vedo come un empirista che non vuole abbandonare il vecchio amore per la teoria :)

Sull'emogas ho un blog a parte, non lo conosci? :)

Simone

Alex ha detto...

Purtroppo non ho mai avuto la costanza e la pazienza per portare avanti un blog, gestisco una rivista (e un associazione) dove però - in genere - non scrivo. Non è un modo per seguirmi ma la passa parte del mio lavoro hehe... (Cercando "OISN" si trova tutto)

PS: Comincio ad avere paura... dopodomani inizio Pediatria (il terrore di tutto il corso di laurea) e Psichiatria!!

Speriamo bene:)

Anonimo ha detto...

se posso dare un parere da specializzando in una branca internistica...

per la "praticaccia" c'è tutta la vita, per studiare a fondo il mare magnum della medicina ci sono i sei anni di università...ed è una occasione che poi non torna più...

ad imparare un buon numero di manovre ci si mette un attimo, quello che differenzia il medico dall'infermiere è la consapevolezza di quello che si sta facendo

un saluto
lorenzo

pepepatchwork ha detto...

Che hai ragione...

Mi è venuta in mente anche un'altra cosa... hai letto della storia dei sopravvissuti delle Ande? Tabù è un libro, 72 giorni l'altro (il secondo scritto da uno dei sopravvissuti). Non ti so dire in quale dei due, forse il primo, si racconta degli studenti di medicina del primo o secondo anno che si trovano imporvvisamente ad essere i medici dell'aereo (e dei loro compagni) e dibattuti fra la necessità di aiutare e la paura di sentirsi proiettati in così tante responsabilità quando non si sentono ancora pronti! E toccante!!! E fa riflettere...