06/06/09

I predatori del posto all'università perduta: la vera storia di quando facevamo le corse per prendere i posti a sedere all'università.

Ok, lo ammetto: che schifo di titolo. Però almeno così si capisce di cosa parla il post, e magari lo legge più gente.

Detto questo, la dura lotta per la conquista del posto a sedere all'interno di un'aula universitaria non appartiene al mio attuale presente di sfigato aspirante futuro medico, ma al mio presente passato di ancor più sfigato studente d'Ingegneria.

A Medicina, infatti, non c'è bisogno di prendere i posti: grazie al numero chiuso le aule sono quasi vuote, e se anche arrivi con mezz'ora di ritardo trovi ancora tutte le sedie libere che ti pare. Ci si potrebbe quasi chiedere perché questo benedetto numero chiuso non l'allarghino, visto che lo spazio in effetti ci sarebbe... ma per l'appunto ho detto quasi, per cui lasciamo stare.

A dirla tutta, dal secondo anno in poi anche a Ingegneria potevi sederti dove capitava, visto che eravamo una frazione del numero iniziale. Ma durante il primo anno no. Al primo anno d'Ingegneria, se non prendevi i posti dovevi sederti per terra, tra lo sporco, la polvere, i bacarozzi, i topi, i ragni e - cosa più orribile ancora - in mezzo agli altri studenti sfigati che magari si facevano la doccia una volta a settimana perché tanto sai chissene frega di apparire curati. In fin dei conti, a Ingegneria nemmeno ci sono le donne.

Ed eccovi il breve resonconto di una tipica giornata di quelle in cui prendere i posti toccava a me:

Tra le quattro e mezza e le 5 suona la sveglia, in tempo in tempo per prendere il primissimo autobus della mattina (o l'ultimo della notte precedente, visto l'orario). Verso le 5 e mezza di mattina, di fronte al cancello della facoltà c'è già un bel po' di gente. Alle 6 c'è una folla. Alle 6 e mezza, un tremito attraversa le giovani promesse dell'italico ingegno (per non ripetere sempre sfigati): la guardia giurata ha lasciato la sua guardiola all'interno dell'edificio, e viene ad aprire.

Aprire, però, non rende l'idea: immaginatevi questo poveretto bianco come uno straccio che si avvicina al cancello, mentre 100 studenti brutti e sudati iniziano a spingere tutti insieme come gli zombie di Resident Evil. La gente spinge così forte che mi sento sollevare, i miei piedi non toccano più terra.

La guardia giurata infila la chiave, fa scattare la serratura e poi salta dietro al muretto della recinzione come un marine in mezzo a una sparatoria, per evitare di essere travolto. Una volta il cancello ha ceduto un attimo prima che girasse la chiave, e nessuno sa bene che cosa sia successo. In ogni caso, il giorno dopo c'era una guardia nuova.

A quel punto, si parte: subito dopo il cancello c'è una curva a destra di 90° che porta a delle scalette in marmo pericolosissime, mentre l'ingresso dell'edificio è una porta a vetri rinforzata con barre d'acciaio. Inutili: una volta uno c'è andato a sbattere contro, e c'è passato attraverso lo stesso. Adesso credo che ci sia una targa col suo nome.

Un attimo prima di entrare nell'edificio, sento qualcuno che mi pesta un piede da dietro e mi aggancia la scarpa, sfilandomela. Ora mi fermo a raccoglierla - mi dico - non posso mica andarmene in giro scalzo! Ma c'è troppa gente che mi spinge da dietro, e fermarsi è veramente impossibile oltre che praticamente un mezzo suicidio. Insomma continuo a correre con una scarpa sola, conscio che tutti quanti mi avrebbero preso per il culo a vita, ma che almeno una vita per farmi prendere per il culo mi sarebbe rimasta.

Subito dopo l'ingresso c'è un corridoio bello lungo in cui si prende velocità, poi una curva a 180° attraverso le porte antincendio. Qualcuno fa scattare l'autochiusura, così chi stava indietro è fottuto. Ci precipitiamo giù per le scale che danno verso le nostre aule con la gente che si spintona, inciampa e cade di sotto. Per tutto il palazzo si sentono grida, urla, pianti e invocazioni.

Porta dell'aula, è l'ultimo sforzo: salto sulla prima fila libera che trovo e mi ci sdraio sopra, allungandomi più che posso così da conquistare fino all'ultimo centimetro utile di banco. Sono sei posti, proprio quelli che dovevo prendere. Ce l'ho fatta! Adesso potrò seguire la lezione di Analisi I, e potendo udire la voce del professore - forse - ci capirò anche qualcosa.

Piano piano arrivano anche gli ultimi. Qualcuno piagnucola, qualcun altro barcolla, e in mezzo ai banchi rimane qualche inquietante posto vuoto. Ma alla fine l'aula si riempie, e torna la calma. Lascio quaderni, fogli e oggetti vari a tenere i posti duramente conquistati, poi torno fuori a cercare la scarpa famosa che m'ero perso correndo.

Per fortuna è ancora lì per terra, per cui me l'infilo e inizio a riallacciarmela. Accanto a me, un ragazzo a cui hanno calpestato gli occhiali raccoglie le lenti ridotte in frantumi, mentre dal marciapiede, al di là del cancello, una persona che ha assistito a tutto mi guarda con aria sconvolta.

Ma voi siete matti - commenta, dal suo meraviglioso mondo reale in cui l'Analisi Matematica non esiste - voi siete completamente matti.

Simone

15 commenti:

Anonimo ha detto...

Ah ah, io ho rinunciato a seguire un corso intero di chimica analitica per questo motivo..

Comunque complimenti per il blog, sei molto simpatico, lo leggo spesso e riesci sempre a strappare un sorriso

Friedrich

L ha detto...

Simò, guardando i commenti, mi sa che quel post sul viaggio nel paese dei gay l'avresti dovuto evitare!

Scherzo, eh!

Simone ha detto...

Chimica analitica?! Davvero questo mi manca, per fortuna.

Comunque grazie! ^^

L: ma i commeni a quel post o a questo? Il sabato è sempre un deserto, se è quello che intendi... comunque secondo me è uno dei post più divertenti (quello sui gay, questo ancora è fresco e non ti so dire).

Simone

Velocifero ha detto...

Il problema di quando stai a medicina infatti non è prendere un posto, il problema è prendere un posto davanti. E vorrei dire, che in classe mia ci stanno 82 persone contate, la classe è piccola e le lezioni iniziano alle 9 eppure già alle 8 bisogna essere lì dentro per prendersi il posto che più piace. Beh, si, rispetto ad Ingegneria siamo molto viziati ma come dire... si potrebbe fare di meglio è_é

Vefo

Mr. Lunastorta ha detto...

Ah ah divertentissimo! ^_^

A me al Politecnico non sono mai capitate cose simili, un po' perchè al primo anno bigiavo le lezioni, un po' perchè eravamo in soprannumero, ma di poco (l'apparato logistico del Poli funziona benino)! Dal secondo anno in avanti invece avrei potuto occupare una fila intera...

Angelo Frascella ha detto...

Tutto vero anche a Bari!

Noi però ci eravamo organizzati in un gruppo di dieci e quindi questo massacro mi toccava ogni due settimane... in cambio però c'era la lotta per conservare i dieci posti occupati, riempiti di quaderni per marcare il territorio, e i litigi con quelli che attaccavano un foglio di carta, con lo scotch, il giorno prima e pretendevano di trovare quel posto libero quando arrivavano con calma alle 8.00 ...

ciao
Angelo

Dama Arwen ha detto...

Sono SCONVOLTA dall'orario della sveglia, e dalla disumanità della cosa...

PERÒ mi sono nuovamente AMMAZZATA dalle risate! :-D

Io non ho fatto l'università E NE SONO FELICE visti tutti vari racconti delle persone relativi non solo all'accaparrarsi dei posti.

Ho comunque fatto una scuola dìArte post diploma di Grafica e illustrazione al Castello Sforzesco di Milano.
Eravamo divisi in classi di 25alunni, come al liceo, per fortuna. Eravamo divisi tra sede (Castello Sforzesco) e succursale. Il primo anno (primini sfigati) eravano in succursale, una vecchai scuola classica, corridoi con aule classiche.
Avevamo l'OBBLIGO di partecipare a corsi pomeridiani, che ci facevano accumulare PUNTI. DOVEVAMO raggiungere almeno 25 punti per essere promossi. Le materie erano le più disparate: cartotecnica, legatoria, packaging, illustrazione editoriale, Marketing ecc.
I posti però erano limitati. Ed era quindi un casino scegliere i corsi che si preferivano (altrimenti te ne toccavano per forza altri di cui non te ne poteva fregà de meno). Inoltr alcuni si SOVRAPPONEVANO di orario (che belle cose).
Il giorno dell'iscrizione fu peggio del tuo ingresso all'università, ma almeno lo dovemmo fare una volta sola.
In un corridorio della scuola vennero allestiti dei banchi su cui erano messi i fogli coi nomi dei corsi a cui iscriversi.
I professori ci misero in fila nel corriodio accanto, bisognava fare una curva di 90° per raggiungere quello coi fogli) e poi fecero il conto alla rovescia e un branco di 75 ragazzi partì di corsa, manco fosse il primato mondiale dei 100 metri.
Rischiando al vita tra ingorghi, gomitate e spintoni. (Io poi sono uno scricciolo di 45 kg x 1,60 mt.)
Fu un incubo. Non so come siamo sopravvissuti.
Almeno ci eravamo organizzati: con le mie compagne ci eravamo "divise" il corso da cercare, e i nomi da compilarci in modo che ognuna non dovesse cercare + di un corso, ma garantirsi l'iscrizione a tutti quelli desiderati.

-.-

Simone ha detto...

Velocifero: be', a me del posto "vicino" non importa molto, anzi se sto davanti poi non posso distrarmi o muovermi tanto per cui meglio stare dietro.

Lunastorta: vabbe' se a lezione non ci vai certo che è meglio! ^^

Angelo: c'era un numero massimo di posti che potevi prendere... io per davvero mi sdraiavo sul banco ed erano quelli ^^.

Dama: credo che quel sistema si usi in America per i corsi del college... c'è una puntata dei Simpson con Bart che è costretto a fare danza classica, se non ricordo male. ^^

Simone

Unknown ha detto...

Ricordo bene le corse per i posti, sopratutto quando ci si spostava tra aule situate in zone diverse, all'univ. di Trieste.

Le corse, le preghiere all'amico perché ti "tenga un posto", magari sperando di finire accanto all'unica femmina degna di tale nome presente nelle mascoline aule di ingegneria.
E il fatto che si doveva dormire nel piazzale per poter prendere il pre-numero per poter poi all'alba prendere il numero per poter fare la coda per potersi iscrivere ai corsi sportivi del CUS?

Che tempi...

Simone ha detto...

Shaman: oddio che brutti ricordi che hai tirato fuori! Però io per fortuna dopo 2 volte non ho preso più posti e non ho fatto più file... a parte quelle in segreteria, ovviamente.

Simone

CyberLuke ha detto...

Architettura a Valle Giulia. Roma.
Bellissima location (da fuori), all'interno è una roba da Hostel.
Gente che disegna per cazzi suoi.
Gente che fuma tranquillamente spinelli lunghi quanto il mio braccio.
Una volta ho visto, giuro, due dormire appoggiati l'uno all'altro come due innamorati in una foto melensa.
Chilometri più in basso, un professore parla con l'aria di essere solo in aula. Ignora le mani alzate di chi vuole fare una domanda e quando ha finito raccoglie le sue robe e se ne va.
Io mi guardo attorno cercando di capire se sono l'unico a credere che è una specie di puntatona di Scherzi A Parte, ma incontro solo sguardi rassegnati ed abulici.
Non rimpiango i miei giorni universitari.

Simone ha detto...

Cyber: io infatti non avevo proprio voglia di tornarci, nemmeno un po'. Comunque l'importante credo sia cercare di rimanere "distaccati", dando importanza ad altre cose che si fanno... se no uno ci diventa pazzo.

Simone

Erika ha detto...

Mi sbaglierò, ma ho sempre di più l'impressione che l'università sia il nuovo Vietnam!!!

keypaxx ha detto...

Mai stato all'università. Ma, in certi casi, benedico la mia ignoranza.
;-P
Un caro saluto.
:)

Simone ha detto...

Erika: eh ^^

Keypaxx: in effetti certe cose non si augurano a nessuno! Però alla fine se uno vuole la laurea quello tocca fare... :(

Simone